LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 21800-2006 proposto da:
S.R.P. (c.f. *****), T.A.
R. (c.f. *****), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 142, presso l’avvocato PENNISI ALBERTO, rappresentati e difesi dall’avvocato GRECO ROSAVIO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
PIERMI’ S.R.L.;
– intimata –
avverso l’ordinanza della SEDE DISTACCATA DI ACQUAVIVA DELLE FONTI –
TRIBUNALE di BARI, depositata il 06/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2009 dal Consigliere Dott. CULTRERA Maria Rosaria;
lette le conclusioni scritte della Dott.ssa Cultrera che ritiene che, ove si condividano i testè formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio.
OSSERVA 1.- Che, con ordinanza in data 6.7.2006, comunicata il 19 luglio 2006, il Tribunale di Bari – sez. staccata di Acquaviva -, innanzi al quale S.R.P. e T.R., odierni ricorrenti, hanno intimato alla società PIERMI s.r.l. convalida di per morosità ed ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti in Euro 16.009,95 oltre interessi, rilevato che detta intimata ha spiegato riconvenzionale deducendo la qualità di socio di fatto dello S. oltre interessi, rilevato che detta intimata ha spiegato riconvenzionale deducendo la qualità di socio di fatto dello S. e che la detenzione dell’immobile seguirebbe a conferimento dello stesso alla società, ha disposto il mutamento del rito ordinario al rito disciplinato dal D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 2 e segg. ordinando nel contempo la cancellazione della causa dal ruolo.
2.- Che S.R.P. e T.R. hanno impugnato il provvedimento col presente ricorso, affidato a due motivi illustrati anche con memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 3 deducendo:
2.1.- col primo mezzo violazione degli artt. 83 ter disp. att. c.p.c., degli artt. 50 bis e 50 ter c.p.c. con riferimento al D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 1, commi 3, 4 e 5 e chiedendo con conclusivo quesito di diritto di statuire se il giudice monocratico di sezione staccata di Tribunale abbia il potere autonomo di disporre il mutamento del rito e di disporre la cancellazione della causa dal ruolo, ovvero sia tenuto a trasmettere gli atti al Presidente del Tribunale per l’assegnazione della causa al giudice collegiale, quale organo munito dell’anzidetto potere. In breve la censura si sostanzia essenzialmente nella rilevata violazione della sequenza procedimentale prevista dall’art. 83 disp. att. c.p.c., comma 2 resa impossibile per il fatto che il processo trovasi incardinato presso giudice monocratico di sezione staccata del Tribunale.
2.2.- col secondo motivo, che si conclude anch’esso con quesito diritto, violazione dell’art. 36 c.p.c. e del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 1, comma 5 sull’assunto che il provvedimento impugnato sarebbe frutto dell’errata qualificazione in termini di domanda riconvenzionale della difesa di controparte, che rappresentava invece mera eccezione riconvenzionale, come tale inidonea a determinare il mutamento del rito.
3.- Che la società intimata non ha spiegato attività difensiva.
4.- Che il Consigliere rel. ha depositato proposta di definizione osservando che:
“il ricorso è indirizzato contro ordinanza priva di contenuto decisorio, in quanto rappresenta mero provvedimento ordinatorio retrattabile inidoneo a pregiudicare la decisione della causa ovvero a determinare trasferimento della causa ad altro giudice di grado diverso o speciale (v. Cass. n. 23891/2006 e n. 19345/2007), tanto meno preclusivo della prosecuzione del giudizio nel rispetto delle forme del rito applicabile, attivabile secondo ordinario strumento processuale all’uopo previsto. E per l’effetto appare inammissibile”.
5.- Che il P.G. ha concluso negli stessi sensi.
6.- Che il collegio ritiene di condividere la riferita proposta non smentita dalle argomentazioni dedotte dai ricorrenti che non inducono a rivisitazione critica.
Che per l’effetto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, omessa la pronuncia sul governo delle spese processuali stante l’assenza d’attività difensiva dell’intimata.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010