Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.387 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19152-2007 proposto da:

A.S. (C.F. *****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TITO LABIENO 70, presso lo STUDIO NARDELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato MASTRANGELO PIETRO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M., COMUNE DI PALAGIANO, NUOVA SOCIALSERVIZI S.C.A.R.L., S.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1285/2006 del TRIBUNALE di TARANTO, depositata il 16/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/11/2009 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

lette le conclusioni scritte del Cons. Delg. RAGONESI: il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, ricorrendo i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c..

La Corte:

FATTO E DIRITTO

rilevato che sul ricorso proposto da A.S. il consigliere relatore, nominato con decreto del Presidente della 1^ sez. civ. del 13.3.09, ha depositato la relazione che segue:

il relatore Cons. Dr. Ragonesi, letti gli atti depositati.

Osserva quanto segue:

L’avv.to A.S. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico avverso la sentenza del Tribunale di Taranto 1285/06 che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dal Comune di Palagiano avverso la sentenza n. 54/02 del giudice di pace di Taranto che aveva deciso una controversia tra il predetto Comune e la Nuova Socialservizi coop a r.l. con la chiamata in causa di C.M. e S.N..

Il Tribunale di Taranto, pur dando atto che all’avv. A.S. era stato conferito il mandato per proporre l’appello, ha osservato però che la procura a margine era stata rilasciata dal funzionario dell’Ufficio legale del Comune di Palagiano anzichè dal Sindaco dello stesso, unico legittimato.

Sulla base di tale rilievo, il Giudice d’appello ha statuito che il rapporto processuale si era unicamente instaurato tra la persona fisica dell’avv. A.S. e le parti appellate.

Conseguentemente, le spese del grado di appello sono state poste a carico dell’avv A., ritenuto essere la parte soccombente.

Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente assume che il mandato in questione poteva semmai ritenersi nullo ma non inesistente onde il Tribunale non poteva far carico ad esso difensore delle spese di giudizio.

Gli intimati non si sono costituiti in giudizio.

Il ricorso è manifestamente fondato .

Le sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che in materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura “ad litem” o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio. Diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura “ad litem”, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benchè sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo. (Cass. 10706/06; Cass. 961/09).

Per quanto concerne poi la procura conferita dalle Amministrazioni comunali a difensori per la rappresentanza in giudizio, la ormai uniforme giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto del Comune – ed anche il regolamento del Comune, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare – può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico – amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, il sindaco conserva l’esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune, ai sensi dell’art. 50 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. In particolare, qualora lo statuto (o, nei limiti già indicati, il regolamento) affidi la rappresentanza a stare in giudizio in ordine all’intero contenzioso al dirigente dell’ufficio legale, questi, quando ne abbia i requisiti, può costituirsi senza bisogno dì procura, ovvero attribuire l’incarico ad un professionista legale interno o del libero foro (salve le ipotesi, legalmente tipizzate, nelle quali l’ente locale può stare in giudizio senza il ministero di un legale), e, ove abilitato alla difesa presso le magistrature superiori, può anche svolgere personalmente attività difensiva nel giudizio di cassazione. (Cass. 12868/05; Cass. 29837/08).

Da quanto sopra esposto appare in primo luogo erronea l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui il potere del sindaco di conferire la rappresentanza in giudizio del comune non sarebbe in alcun modo delegabile.

In secondo luogo, ai limitati fini del presente giudizio che concernono non già l’ammissibilità o meno dell’appello, ma solo la condanna dell’avv.to A. in proprio al pagamento delle spese di giudizio, va premesso che nessun accertamento è stato effettuato dalla sentenza impugnata circa la esistenza nello statuto e nel regolamento del comune di Palagiano della possibilità da parte del sindaco di delegare al capo dell’Ufficio legale il potere di conferire mandati a rappresentare il comune in giudizio e neppure, se in caso di accertamento positivo di quanto sopra, il sindaco abbia nel caso di specie effettivamente delegato il potere in questione.

Ciò premesso deve in ogni caso ritenersi che, anche in caso assenza di tale delega, il mandato conferito dal Capo dell’Ufficio legale del Comune in questione all’avv.to A. non possa essere inficiato da inesistenza, ma soltanto da nullità provenendo comunque da un organo dell’ente rappresentato, non potendosi escludere in radice ed in via astratta la possibilità che siffatto organo del comune possa disporre di tale potere.

In conclusione, ove si condividano i formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui all’art 375 c.p.c..

Vista la memoria;

considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra e che, pertanto, il ricorso va accolto nei termini di cui in motivazione sul punto relativo alla condanna alle spese dell’avv.to A. nel giudizio di appello, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio in ragione dei nuovi orientamenti giurisprudenziali in tema di procura alle liti dei comuni sorti a seguito delle modifiche costituzionali in tema di enti locali.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata nei termini di cui in motivazione sul punto relativo alla condanna dell’avvocato A. alle spese del giudizio di appello; compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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