Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.388 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1518/2008 proposto da:

INTESA GESTIONE CREDITI S.P.A. (c.f. ***** e P.I.

*****) – già IntesaBci Gestione Crediti spa, nella sua qualità di procuratore di Banca Intesa spa (già IntesaBci spa), in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso l’avvocato GARGANI Benedetto, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CAREDDA VINCENZO, RACHELE MARIA LAURA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONCORDATO PREVENTIVO ING. G.G. (c.f. *****), in persona del Liquidatore Giudiziale pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRATTINA 81, presso l’avvocato CARSANA MARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato MACCIOTTA Bruno, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 260/2004 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 14/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22/09/2 009 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato ROBERTO CATALANO, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso con l’assorbimento dei successivi e cassazione della sentenza impugnata senza rinvio.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con atto del *****, l’ing. G.G., titolare dell’omonima impresa individuale, conferì alla Banca Commerciale Italiana, Sede di *****, mandato irrevocabile all’incasso della somma di L. 722.619,800, dovuta dal Comune di Olbia in dipendenza di un contratto di appalto.

Il mandato fu notificato alla Banca ed al Comune e, in esecuzione di esso, in data 23 dicembre 1992, la Banca mandataria incassò dal Comune, con valuta dal 19 dicembre 1992, la somma di L. 197.734.199 che venne accreditata su un conto corrente dell’impresa G..

In data 17 dicembre 1992, il G. aveva presentato domanda di concordato preventivo al Tribunale di Cagliari che, con decreto del 30 dicembre 1992, dichiarò aperta la procedura e nominò commissario giudiziale il Dr. M.C..

2. – Con citazione del 19 marzo 1993, il predetto commissario giudiziale, dopo aver inutilmente chiesto la restituzione della predetta somma di L. 197.734.199 alla Banca Commerciale Italiana, convenne quest’ultima dinanzi al Tribunale di Cagliari, chiedendo la restituzione di detta somma, previa dichiarazione che la Banca non aveva il diritto nè di ritenere la somma incassata in forza del suddetto mandato irrevocabile nè di utilizzarla a compensazione dei suoi crediti verso l’impresa G..

La Banca, ritualmente costituitasi, eccepì il difetto di legittimazione del commissario giudiziale e chiese la reiezione della domanda. Nella seconda udienza di trattazione, tenutasi l’8 marzo 1994, intervenne in giudizio il Dr. B.G., nella sua qualità di liquidatore dei beni del concordato preventivo, depositando l’atto di autorizzazione al giudizio del giudice delegato in data 8 ottobre 1993 e la comparsa di intervento, con la quale dichiarò di condividere e di fare proprie tutte le ragioni esposte dal commissario giudiziale, assumendo le medesime conclusioni formulate da quest’ultimo.

Il Tribunale adito, con la sentenza n. 2151/2001 del 31 agosto 2001, rigettò la domanda della Banca convenuta relativa alla dichiarazione del difetto di legittimazione dell’attore e condannò la stessa Banca convenuta a pagare, in favore del Concordato preventivo dell’ing. G.G., la somma di L. 197.734.199.

3. – Avverso tale sentenza propose appello dinanzi alla Corte d’Appello di Cagliari la s.p.a. IntesaBci Gestione Crediti, nella sua qualità di procuratrice della s.p.a. IntesaBci (già Banca Intesa s.p.a., incorporante la s.p.a. Banca Commerciale Italiana).

In contraddittorio con il Concordato preventivo dell’ing. G. G., la Corte di Cagliari, con la sentenza n. 260/2004 del 14 luglio 2004, rigettò l’appello, confermando integralmente la sentenza impugnata.

In particolare, per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte ha così motivato la decisione:

A) quanto al primo motivo di appello – con il quale la Banca appellante aveva insistito per la dichiarazione di inesistenza della comparsa di intervento del liquidatore del Concordato, Dr. B. G., depositata all’udienza dell’8 marzo 1994, in ragione di tre insanabili “anomalie” (mancanza del testo della procura ad litem, a margine della comparsa figurando soltanto la firma del B., della certificazione della autografia della sottoscrizione del B. da parte del procuratore, Avv. Bruno Macciotta, della sottoscrizione di quest’ultimo in calce alla comparsa); e, conseguentemente, per la dichiarazione di nullità del processo di primo grado, in ragione della mancata instaurazione del rapporto processuale Banca-Concordato -, i Giudici a quibus hanno osservato che: A1) quanto alla mancanza della procura, “(…) non vi è dubbio che il mandato al difensore del Concordato (…) sia una fattispecie complessa che si perfeziona con il concorso dei tre distinti atti menzionati dall’appellante procura alle liti, certificazione della autografia della sottoscrizione del rappresentato, sottoscrizione dell’atto e che richiede anche il rilascio della procura. Deve però ritenersi nel caso di specie – in tal senso integrandosi la motivazione della sentenza impugnata – che la firma apposta dal dott. B. a margine della comparsa di intervento predisposta, come si legge nell’intestazione della stessa, dall’avvocato Macciotta, non potesse avere altro significato se non quello di sicura manifestazione della sua volontà di conferire al predetto legale, già nominato dal Giudice delegato, l’incarico di depositare quella comparsa, così costituendosi nel giudizio ivi menzionato e proponendo le domande ivi esplicitate. In tal senso ha interpretato quella firma infatti anche la Banca (…) che, come si è detto, non ha mai contestato in primo grado la validità della costituzione della controparte”; A2) quanto alla mancanza della certificazione della autografia della sottoscrizione del B., l’argomentazione che precede “è tale da assorbire anche tale doglianza”, la quale è comunque superabile in base al principio giurisprudenziale, secondo cui “la mancata ratificazione da parte del difensore dell’autenticità della firma apposta per procura non è di per sè causa di nullità non essendo l’invalidità dell’atto comminata dalla legge” (viene richiamata la sentenza della Corte di cassazione n. 10494 del 1998); A3) quanto alla mancata sottoscrizione della predetta comparsa da parte del difensore, Avv. Macciotta, vale il principio giurisprudenziale, secondo cui “la comparsa di risposta non sottoscritta dal difensore, mancando la certezza della sua provenienza, è il nulla, essendo l’atto privo di un requisito indispensabile per il raggiungimento dello scopo. Tuttavia, allorquando la parte convenuta non si sia limitata a depositare in cancelleria una comparsa priva della sottoscrizione del difensore, ma abbia partecipato attivamente al giudizio – come è accaduto nella fattispecie in esame – senza che siano sorte contestazioni in ordine all’individuazione del procuratore costituito, la nullità non può essere pronunciata, ostandovi la sanatoria generale che l’art. 157 cod. proc. civ., comma 3, fa derivare dal raggiungimento dello scopo dell’atto viziato” (viene richiamata la sentenza della Corte di cassazione n. 11410 del 1998);

B) quanto al secondo motivo di appello – con il quale la Banca appellante aveva censurato, nel merito, la sentenza impugnata, nella sola parte in cui i Giudici di primo grado avevano ritenuto che il pagamento della somma di L. 197.734.199 doveva ritenersi effettuato, non già alla data della deliberazione del Comune di Olbia con ordine al tesoriere dell’Ente di eseguirlo e neppure alla data di emissione del mandato di pagamento (10 dicembre 1992), bensì alla data dell’effettiva riscossione del credito (23 dicembre 1992), sostenendo che, invece, le date di riferimento dovevano essere individuate o in quella della deliberazione comunale, oppure in quella dell’emissione del mandato – i Giudici a quibus hanno confermato, sul punto, la decisione appellata, ribadendo che la data di riferimento va individuata in quella di effettiva riscossione del credito (23 dicembre 1992, con valuta dal 19 dicembre 1992), date, queste, ambedue successive alla domanda del G. di ammissione al concordato preventivo; ciò richiamando i principi affermati dalle sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 2627 del 1989.

4. – Avverso tale sentenza la s.p.a. Intesa Gestione Crediti (già s.p.a. Intesabci Gestione Crediti) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, illustrati con memoria.

Resiste, con controricorso, il Concordato preventivo ing. G. G..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo (con cui deduce: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 156 commi 2 e 3 in relazione agli artt. 125 e 83 c.p.c.”), e con il secondo motivo (con cui deduce:

“Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione agli atti di cui al 1^ mezzo”) – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, la ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lettera A), sostenendo che i Giudici dell’appello: a) con riguardo alle tre evidenti, riscontrate “anomalie” della comparsa di intervento dell’Avv. Bruno Macciotta, depositata nell’udienza dell’8 marzo 1994 – cioè: mancanza del testo della procura ad litem, a margine della comparsa figurando soltanto la firma del liquidatore del Concordato, Dr. B.; mancanza della certificazione della autografia della sottoscrizione del B. da parte del procuratore, Avv. Bruno Macciotta; mancanza della sottoscrizione di quest’ultimo in calce alla comparsa -, non hanno considerato e valutato tali anomalie in modo complessivo ed in connessione tra loro, ma erroneamente – una per una, pervenendo così ad una interpretazione dei “fatti processuali” esorbitante rispetto ai limiti normalmente consentiti al giudice di merito quanto all’interpretazione dei fatti e ad una valutazione meramente unilaterale e “punitiva”, ai fini dell’applicazione dell’art. 156 cod. proc. civ., comma 3, della mancata, tempestiva contestazione di dette anomalie da parte del difensore della Banca; b) a fronte dell’indubbia sussistenza delle anomalie medesime, complessivamente e correttamente considerate e valutate, avrebbero invece dovuto necessariamente pervenire ad una valutazione della predetta comparsa di intervento siccome comparsa di intervento “orale”, perciò inesistente e, quindi, insuscettibile di qualsivoglia “sanatoria”.

Con il terzo motivo (con cui deduce: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, anche in relazione alla L. n. 267 del 1942, artt. 167 e 168”), la ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lettera B), sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici a quibus, il credito dell’ing. G.G., portato dal mandato di pagamento del Comune di Olbia del 10 dicembre 1992, sarebbe entrato nella giuridica disponibilità del G. fin dalla precedente data della relativa deliberazione del Comune e, comunque, non oltre la data del pagamento del mandato stesso, avvenuto il *****, come attestato nel mandato stesso dal tesoriere del Comune, Banca Popolare di Sassari, con la conseguenza che detto credito sfuggirebbe agli effetti di cui alla L. Fall., art. 169.

2. – I primi due motivi del ricorso meritano accoglimento.

Dall’esame diretto degli atti del processo di primo grado, consentito a questa Corte in ragione della natura processuale del vizio denunziato, emerge – come del resto è pacifico tra le parti – che nella “Comparsa di intervento” del Dr. B.G. (liquidatore del “Concordato preventivo Ing. G.G.” e, perciò, unico legittimato a promuovere il giudizio nei confronti della Banca Commerciale italiana: cfr., ex plurimis, la sentenza n. 4728 del 2008), depositata nell’udienza dell’8 marzo 1994 per la costituzione dinanzi al Tribunale di Cagliari, mancano: la procura ad litem – figurando soltanto, nell’epigrafe della comparsa, la dicitura “Dr. B.G., nella sua qualità di liquidatore dei beni del concordato preventivo “Ing. G.G.” (…) rapp.to e difeso, per delega a margine di questo atto, dall’Avv. Bruno Macciotta (…)” e, a margine della stessa comparsa, soltanto la sottoscrizione ” B.G.B.” la certificazione dell’autografia della sottoscrizione di quest’ultimo da parte del predetto difensore (art. 83 cod. proc. civ., comma 3, primo e secondo periodo); la sottoscrizione della comparsa da parte del difensore medesimo (art. 125 cod. proc. civ., comma 1).

Il Collegio, contrariamente a quanto opinato dai Giudici a quibus, ritiene che detta comparsa di intervento, in quanto simultaneamente mancante sia della procura ad litem, sia della certificazione dell’autografia della sottoscrizione dell’interveniente da parte del difensore, sia della sottoscrizione del difensore medesimo, deve qualificarsi atto affetto da nullità assoluta e, perciò, insanabile.

Infatti, la mancanza nella comparsa di intervento di tali elementi formali – unitariamente considerati – impediscono la stessa instaurazione del rapporto processuale dell’interveniente con le altre parti. Ciò, in particolare, perchè: la mancanza della procura ad litem priva ab origine l’indicato difensore dello jus postulandi;

inoltre, la simultanea mancanza sia della certificazione dell’autografia della sottoscrizione dell’interveniente da parte dello stesso difensore – certificazione di per se sola irrilevante, in presenza però della procura ad litem e della sottoscrizione dell’atto (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 25032 del 2005, pronunciata a s.u.) – sia della sottoscrizione della comparsa da parte del difensore medesimo sottoscrizione di per se sola implicante, secondo l’orientamento di questa Corte, l’inesistenza dell’atto, soltanto in difetto, come nella specie, di altri elementi formali idonei ad attestare il nesso tra l’atto stesso ed il suo autore, quale, ad esempio, la firma del difensore che certifica l’autografia della sottoscrizione della parte (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8042 del 2006, 6225 del 2005, 22025 del 2004) – impediscono di accertare detto nesso tra l’atto ed il suo autore e, perciò, di attribuire la comparsa di intervento al difensore indicato nell’epigrafe, Avv. Bruno Macciotta.

Tali considerazioni rendono evidente l’errore di fondo in cui è incorsa la Corte d’Appello di Cagliari la quale, esaminando e valutando dette mancanze non unitariamente – come invece avrebbe dovuto – bensì singolarmente, ha potuto erroneamente qualificare ciascuna di esse nullità sanabili, in forza sia del generale principio del raggiungimento dello scopo cui l’atto è destinato, di cui all’art. 156 cod. proc. civ., comma 3, sia del principio di non contestazione esplicita della nullità, di cui all’art. 157 cod. proc. civ., comma 3. Principi, questi, che non sono invece evocabili in presenza di un atto radicalmente nullo, quale quello di specie.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata in riferimento ai primi due motivi del ricorso, restando – ovviamente – assorbito il terzo, concernente la censura sul merito della decisione.

3. – All’annullamento della sentenza impugnata deve conseguire, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 1, secondo periodo (nel testo anteriore alla sostituzione, di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 12, applicabile ratione temporis, in forza dell’art. 27, comma 2, dello stesso D.Lgs.), la decisione della causa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Ciò, in base ai concorrenti rilievi che seguono.

A) Secondo il prevalente orientamento, condiviso dal Collegio, la Corte di cassazione può decidere la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., non soltanto nel caso di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali, ma anche nel caso in cui tale vizio attenga a norme processuali, e sempre che non siano necessari – come nella specie – ulteriori accertamenti in fatto (cosiddetti errores in judicando de procedendo; cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 5820 del 1999, 2977 del 2005, 7073 del 2006) .

B) Come risulta dalla ricostruzione del processo operata dalla sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, nn. 2 e 3), il giudizio è stato promosso dal commissario giudiziale del “Concordato preventivo ing. G.G.”. A seguito dell’eccezione del difetto di legittimati io ad causava del predetto commissario giudiziale sollevata dalla Banca convenuta, nella seconda udienza di trattazione, tenutasi l’8 marzo 1994, è intervenuto in giudizio il Dr. B.G., nella sua qualità di liquidatore dei beni del concordato preventivo, depositando la più volte menzionata comparsa di intervento, con la quale ha dichiarato di condividere e di fare proprie tutte le ragioni esposte dal commissario giudiziale ed ha assunto le medesime conclusioni formulate da quest’ultimo. Il Tribunale di Cagliari, con la sentenza n. 2151/2001 del 31 agosto 2001, tra l’altro, ha rigettato la domanda della Banca convenuta relativa alla dichiarazione del difetto di legittimazione dell’attore, osservando al riguardo che legittimato a promuovere il giudizio era non già il commissario giudiziale, bensì il liquidatore del concordato preventivo che – essendosi validamente costituito in giudizio, avendo ratificato l’operato del commissario giudiziale ed avendo fatto proprie le domande da quest’ultimo proposte – era, perciò, l’unico soggetto legittimato ad agire. Tale capo della sentenza di primo grado – appellato dalla Banca – è stato confermato dalla sentenza impugnata per cassazione, sulla base del rilievo che “Il Tribunale ha infatti ritenuto che la domanda di quest’ultima l’Amministrazione Concordataria fosse stata ritualmente proposta in base alla comparsa di intervento depositata dal Liquidatore – che aveva fatto proprie tutte le ragioni esposte dal Commissario Giudiziale ed aveva assunto le medesime conclusioni formulate da quest’ultimo – (…)”. Questa statuizione dei Giudici dell’appello non ha formato oggetto del presente ricorso per cassazione, con la conseguenza che, sul punto della esclusiva legittimazione ad agire del liquidatore, si è formato il giudicato interno, e con l’ulteriore conseguenza che la domanda – sulla quale hanno deciso, nel merito, sia il Tribunale sia la Corte d’Appello di Cagliari – deve considerarsi quella proposta dal liquidatore con la comparsa di intervento che è stata ritenuta affetta da nullità insanabile con la presente sentenza.

C) La complessiva disciplina della nullità degli atti processuali esige che la nullità dell’atto sia anche formalmente dichiarata dal giudice che l’ha accertata (arg. ex art. 156 cod. proc. civ., art. 157 cod. proc. civ., comma 1, art. 162 cod. proc. civ.; cfr., altresì, ex plurimis, le sentenze nn. 8232 del 1997, 3607 del 2007).

Ciò comporta che, allorquando tale accertamento avvenga in sede di giudizio di legittimità, la Corte di Cassazione deve dichiarare la nullità dell’atto.

Da tali considerazioni discende che questa Corte deve dichiarare la nullità della più volte menzionata comparsa di intervento e, conseguentemente, la nullità della domanda con essa proposta.

4. – Le spese dei precedenti e del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidati nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata, dichiara la nullità della comparsa di intervento depositata nell’udienza dell’8 marzo 1994 dinanzi al Tribunale di Cagliari e, decidendo la causa nel merito, dichiara la nullità della domanda proposta dal liquidatore del “Concordato preventivo ing. G.G.” proposta nei confronti della Banca Commerciale Italiana con la stessa comparsa di intervento. Condanna il predetto Concordato preventivo alle spese dell’intero giudizio, che liquida, per il primo grado, in Euro 5.740,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 140,00 per spese vive, per il secondo grado, in Euro 4.596,90, di cui Euro 1.800,00 per diritti ed Euro 396,90 per spese vive, e per il giudizio di cassazione, in Euro 4.500,00, di cui Euro 100,00 per spese vive, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 22 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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