LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1277-2005 proposto da:
C.I.A.S.A.M. – CONSORZIO IBLEO ARTIGIANI SERVIZI APPROVIGIONAMENTI MATERIALI – SOC. COOP. A R.L., in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. DAMASO 34, presso l’avvocato CAMPONERO FRANCO, rappresentato e difeso dall’avvocato GENTILE ANTONINO, giusta procura a margine del ricordo;
– ricorrente –
contro
R.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 428/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 14/05/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2009 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con sentenza del 14.5.2004 la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza in data 12.7.2002 con la quale il Tribunale di Modica ha accolto la domanda di revocatoria L. Fall., ex art. 67 del pagamento di L. 30.000.000 eseguito il *****, con assegno non trasferibile, dalla s.a.s. Cavallo Antonino & C. successivamente dichiarata fallita – in favore della soc. coop. a r.l. CIASAM. Ha osservato la Corte di merito – per quanto ancora interessa – che a carico della società fallita erano stati pubblicati numerosissimi protesti – anche di assegni e di notevole importo – prima della data del pagamento oggetto di revocatoria; che era ragionevolmente certo che gli elenchi dei protesti erano da tempo pubblicati alla data del pagamento (*****); che la presunzione di conoscenza dei protesti era avvalorata dalla qualità di imprenditore commerciale della CIASAM e dal limitato ambito territoriale di operatività di entrambe le società (la provincia di *****) nonchè dal loro operare nel medesimo settore merceologico; l’esistenza di un appalto conferito circa un anno prima alla s.a.s. Antonio Cavallo & C da una cooperativa edilizia non costituiva indice di solidità economica della società appaltatrice, tanto più in relazione ad uno stato di insolvenza manifestato da protesti intervenuti diversi mesi dopo.
Infine, l’esistenza di procedure esecutive mobiliari e di istanze di fallimento proposte nei confronti della s.a.s. Cavallo Antonino & C. appariva utile, “se riferito ad un modesto ambito territoriale nel quale procedimenti tendenzialmente riservati o di limitata pubblicità possono essere più agevolmente conosciuti da un operatore economico avveduto, se afferenti altro operatore della zona”.
Contro la sentenza di appello la soc. coop. a r.l. CIASAM ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.. La curatela fallimentare intimata non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1.- Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 2, L. Fall., artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e relativo vizio di motivazione, in sintesi deducendo la mancata prova della scientia decoctionis. Deduce che la curatela resistente ha solamente provato che, durante il periodo in cui è stato effettuato il pagamento pendevano procedimenti esecutivi ed istanze di fallimento a carico della società poi fallita e che la stessa aveva subito numerosi protesti nello stesso periodo, senza dar prova, neppure presuntiva, di come la società ricorrente (estranea a detti procedimenti esecutivi, non figurante tra i creditori istanti per la dichiarazione di fallimento e neppure tra i beneficiari dei titoli protestati) potesse essere a conoscenza dello stato d’insolvenza della società Cavallo Antonino s.a.s. & C..
Deduce che la società ricorrente aveva ben ragione di credere che la società Cavallo Antonino (successivamente dichiarata fallita) fosse un cliente più che solvibile, avendo la stessa pagato le forniture effettuata in suo favore dalla società ricorrente tramite assegno bancario incassato dalla medesima ricorrente il giorno successivo alla sua emissione e che un ulteriore indice di apparente affidabilità della società Cavallo Antonino era costituito dalla circostanza che la stessa era appena risultata aggiudicataria di un appalto avente ad oggetto la costruzione di n. 14 alloggi per conto della Cooperativa di abitazione “Domus Nostra” proprio sul territorio di ***** ove ha sede la società ricorrente.
2.1.1.- La censura è manifestamente infondata perchè la sentenza impugnata – come si evince dalla sintesi della motivazione della sentenza impugnata innanzi riportata – è del tutto conforme al principio giurisprudenziale per il quale “in tema di revocatoria fallimentare, i protesti cambiari (e, più in generale, di titoli di credito), in virtù del loro carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d’impresa, e della loro idoneità a cagionare grave pregiudizio all’imprenditore in termini di perdita dell’indispensabile credito commerciale, possono legittimamente ascriversi al novero degli elementi rilevanti, in via indiziaria, agli effetti della prova presuntiva della scientia decoctionis da parte del terzo acquirente, attesane la natura di precoce manifestazione di quello stato di insolvenza riconosciuto e sanzionato – con provvedimento ex post dalla sentenza dichiarativa di fallimento. Il carattere non già di presunzione iuris et de iure, bensì di mera presunzione semplice di detti protesti ne impone, peraltro, una concreta e puntuale analisi, quoad probationem, da parte del giudice di merito, da compiersi, in ossequio al disposto degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., attraverso una compiuta ed approfondita valutazione di tutti gli aspetti della vicenda processuale a lui sottoposta, con la conseguenza, sul piano della distribuzione dell’onere della prova, che l’avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti a carico del fallito può, si, assumere rilevanza presuntiva tale da esimere il curatore dall’onere di una ulteriore e più analitica dimostrazione del thema probandum (e, più in particolare, dalla prova che l’esistenza degli stessi fossero concretamente conosciuti dal convenuto in revocatoria, con conseguente traslazione su quest’ultimo dell’onere di una – ben possibile – contraria dimostrazione), ma senza che ciò esima il giudicante dall’obbligo di una attenta e complessiva valutazione caso per caso, nella quale possa trovare ampio spazio ed adeguata rilevanza (qualora i protesti non siano riferibili a titoli rilasciati proprio al medesimo convenuto in revocatoria) il numero dei protesti stessi, la qualità dei titoli insoluti (presentandosi il protesto di assegni maggiormente significativo, in pejus del protesto di cambiali), l’ammontare di essi, la loro collocazione cronologica, la eventuale diversità del luogo della pubblicazione rispetto a quello di residenza e domicilio del soggetto che avrebbe dovuto averne conoscenza, lo status professionale del medesimo (per la differenziazione che questo può comportare in ordine alla valutazione della normale diligenza da lui esigibile, con correlata attenuazione dell’onere di conoscenza nei confronti del quisque de populo ed accentuazione di esso con riferimento all’operatore economico qualificato)” (Sez. 1, Sentenza n. 4277 del 27/04/1998).
Nella concreta fattispecie la Corte territoriale non si è sottratta all’obbligo di una concreta e puntuale analisi, “quoad probatìonem”, compiuta attraverso una completa ed approfondita valutazione di tutti gli aspetti della vicenda processuale ad essa sottoposta, mentre la società ricorrente omette di considerare, nel ricorso, che la prova della scientia decoctionis non è stata tratta soltanto dall’esistenza dei protesti – quantunque numerosi, per importi notevoli e riferiti anche ad assegni – bensì anche dall’esistenza di procedure esecutive mobiliari e di istanze di fallimento proposte nei confronti della s.a.s. Cavallo Antonino & C. Circostanze che, secondo la Corte di appello, possono assumere valenza indiziaria perchè quei procedimenti, tendenzialmente riservati o di limitata pubblicità, se riferiti ad un modesto ambito territoriale, “possono essere più agevolmente conosciuti da un operatore economico avveduto, se afferenti altro operatore della zona”.
Sì che non sussiste alcuna violazione o falsa applicazione dell’art. 67, L. Fall. ed è altresì insussistente il dedotto vizio di motivazione.
2.2.- Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 2, L. Fall. e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. in relazione alla L.R. siciliana 29 aprile 1985, n. 21, art. 31, alla L. 10 febbraio 1962, n. 57, artt. 2 e 14 ed al D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, art. 20 ed alla L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 8, comma 7, – Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia.
Deduce che è indubbio e non contestato in giudizio che l’Impresa Cavallo era affidataria ed esecutrice dell’appalto per la esecuzione degli alloggi sociali della Cooperativa edilizia “Domus Nostra”, ammessa a contributo e finanziamento regionale e, quindi, che l’impresa Cavallo era stata sottoposta alla verifica dei requisiti di ammissione a gara e di aggiudicazione dell’appalto, in tutto e per tutto corrispondenti a quelli propri delle imprese affidatarie ed esecutrici di opere e lavori pubblici e, tra esse, oltre alle norme in materia di iscrizione all’albo dei costruttori o elenco imprese artigiane, anche dei requisiti tecnici, economico-finanziari e morali richiesti dalla legislazione in materia di opere e lavori pubblici (D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, art. 20 e L. 11 febbraio 1994, n. 109, art 8, comma 7).
2.2.1.- La censura è inammissibile per difetto di decisività posto che la Corte di appello ha già evidenziato, in relazione al corrispondente motivo di appello, che la circostanza dedotta dalla società ricorrente era del tutto ininfluente perchè la pubblicazione dei protesti era successiva all’aggiudicazione dell’appalto – avvenuta circa un anno prima del pagamento oggetto di revocatoria – “tanto più in relazione ad uno stato di insolvenza manifestato da protesti intervenuti mesi dopo”.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010