LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9542-2008 proposto da:
D.S.E. (c.f. *****), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CAMPEIS GIOVANNI BATTISTA, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO SOCIETA’ C. SPA IN LIQUIDAZIONE (c.f. *****), già
CABAS S.P.A., in persona del Curatore Dott.ssa C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso l’avvocato IZZO RAFFAELE, rappresentato e difeso dall’avvocato MUTARELLI GAETANO, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di UDINE, depositato il 26/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/09/2009 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato RESTA DONATELLA, per delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 1/6/07, D.S.E., premesso di aver prestato attività lavorativa in qualità di dirigente, quale direttore di produzione, a favore della Cabas spa, e che tale attività era stata svolta nella forma di lavoro subordinato, anche se attraverso lo “schermo” di una società (da ultimo la D.M.D. sas di cui era socio accomandatario), chiedeva l’ammissione in via privilegiata al passivo del fallimento della Società C. spa (già Cabas spa) del suo credito per Euro 127.520,46. A sostegno della domanda produceva, tra l’altro, copia delle fatture emesse dalla D.M.D. sas nel confronti della Cabas spa.
Il G.D., ammetteva il credito in via chirografaria, con esclusione del privilegio, ritenendo che il rapporto non potesse essere qualificato come lavoro subordinato, essendo risultato che l’opera era stata svolta a favore di più società del medesimo gruppo della CABAS e tenendo in considerazione il contratto stipulato tra quest’ultima e la D.M.D. sas. Avverso il provvedimento del giudice delegato il D.S. proponeva opposizione insistendo per il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 1. A tale riguardo rilevava che la riferibilità dell’opera prestata dal medesimo anche ad altre società, e, comunque, la questione relativa al “quantum” della pretesa, doveva ritenersi superato dall’ammissione al passivo per l’importo richiesto e che il rapporto, contrariamente a quanto ritenuto dal G.D., era da qualificare come lavoro subordinato.
Si costituiva la Curatela, chiedendo il rigetto del gravame.
Il tribunale di Udine, con decreto depositato il 26.2.08, rigettava l’opposizione.
Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione il D.S. sulla base di quattro motivi cui resiste con controricorso il fallimento della società C. spa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente con il primo motivo deduce che il tribunale di Udine non gli ha consentito di fornire la prova dei fatti posti a base della propria domanda, in particolare, non ammettendo la chiesta prova per testi, e lamenta, inoltre, l’omesso l’esame della documentazione depositata.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art 1362 c.c. per non avere il tribunale, nell’interpretare il contratto, tenuto conto del comportamento successivo delle parti.
Con il terzo motivo lamenta, sotto il profilo della violazione di legge, l’erroneità della decisione impugnata per avere questa escluso che il rapporto di lavoro intercorso tra le parti fosse di natura subordinata.
Con il quarto motivo ripropone la doglianza di cui al terzo motivo sotto il profilo del vizio motivazionale.
I quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente proponendo gli stessi questioni tra loro connesse che, in alcuni casi, vengono riproposte da un motivo all’altro.
Va preliminarmente dichiarata inammissibile la censura contenuta nel primo motivo relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale. Il ricorrente si limita, infatti, a riportare il testo integrale dei capitoli di prova dedotti, ma non censura le argomentazioni che il tribunale ha posto alla base del rigetto della ammissione di detta prova (genericità e mancanza di concretezza dei capitoli in tema di sottoposizione al potere direttivo e disciplinare dell’imprenditore, inadeguatezza degli elementi offerti con la prova per testi a dimostrare in modo certo il carattere simulato della natura del contratto, mancata richiesta di provare le modalità di pagamento da parte della Cabas srl per gli anni precedenti a quelli per cui si chiede il pagamento della retribuzione).
In tal senso la censura non corrisponde al principio di specificità, dovendosi il ricorrente, per rispettare il detto principio, far carico di esaminare la motivazione del provvedimento impugnato e indicarne le ragioni della ritenuta erroneità prospettando, a sua volta, la corretta soluzione giuridica.
Il ricorso appare per il resto infondato .
Sia il secondo che il terzo ed il quarto motivo censurano il decreto impugnato per avere questi dato rilevanza preponderante al contratto stipulato tra la società fallita e la DMD sas, al fine di accertare la natura subordinata od autonoma del contratto di lavoro intercorso tra la società fallita ed il D.S..
A tale proposito, occorre rammentare che il contratto in questione è stato riconosciuto dal decreto impugnato come simulato sotto il profilo soggettivo per interposizione fittizia di persona,dovendosi ritenere che la volontà delle parti non era quella di stipulare un contratto tra le due predette società per prestazioni di servizi bensì tra la Società C. spa ed il D.S. e su tale punto, non essendovi stata impugnazione, si è formato il giudicato.
Tenendo conto della interposizione fittizia di persona, il Tribunale ha, comunque, ritenuto che il contratto avesse come contenuto la prestazione di servizi in modo autonomo, avendo lo stesso come oggetto “l’espletamento di servizi di consulenza e progettazione tecnica per la gestione della produzione … da svolgersi in piena autonomia tecnica e organizzativa, senza alcun vincolo di subordinazione negli orari e nei tempi che riterrete opportuni con apporto prevalentemente personale …”, con categorica esclusione “di qualsiasi vincolo di subordinazione o di dipendenza da parte vostra ovvero delle persone che collaboreranno nell’esecuzione del contratto”.
Alla luce di tale analisi appare corretta la conclusione cui è giunto il Tribunale nel ritenere che dall’esame del contratto emergeva con tutta chiarezza la volontà delle parti di non dar luogo ad un rapporto di lavoro subordinato bensì di carattere autonomo.
In relazione all’accertamento di detta volontà prevalente appaiono prive di fondamento le doglianze del ricorrente, secondo cui il tribunale non avrebbe tenuto conto del comportamento successivo delle parti e non avrebbe valutato gli elementi dedotti in giudizio dal ricorrente o sui quali aveva chiesto di fornire la prova.
Sono noti i principi generali affermati in materia da questa Corte secondo cui, ai fini dell’individuazione della natura autonoma o subordinata di un rapporto di lavoro, la formale qualificazione operata dalle parti in sede di conclusione del contratto individuale, seppure rilevante, non è determinante e non esime il giudice dal puntuale accertamento del comportamento in concreto tenuto nell’attuazione del rapporto, posto che le parti, pur volendo attuare un rapporto di lavoro subordinato, potrebbero aver simulataneamente dichiarato di volere un rapporto autonomo al fine di eludere la disciplina legale in materia, ovvero, pur esprimendo al momento della conclusione del contratto una volontà autentica, potrebbero, nel corso del rapporto, aver manifestato, con comportamenti concludenti, una diversa volontà. (Cass. 13872/04). In particolare, la sussistenza dell’essenziale criterio distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, deve necessariamente essere verificata sulla base di elementi sussidiali che il giudice di merito deve individuare con accertamento di fatto (Cass. 13858/09).
Tale accertamento risulta effettuato dal Tribunale che ha rilevato che il ricorrente non aveva adeguatamente provato uno dei più rilevanti indici della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato quello, cioè, di ricevere uno stipendio fisso mensile, avendo prodotto solo fatture di rimborso spese ed un’unica fattura relativa al pagamento di un intero anno.
Il giudice del merito ha, poi, osservato che non costituivano elementi significativi, ai fini della natura subordinata del rapporto, l’inserimento nella organizzazione aziendale così come il rispetto di un certo orario di lavoro, dovendosi, invece, ritenere che l’elemento discriminante fosse da individuarsi nel vincolo personale di subordinazione al datore di lavoro e che tale vincolo,in ordine alla cui sussistenza era necessaria una prova rigorosa, non era stato dimostrato in giudizio.
In relazione a quanto testè osservato appare del tutto infondato il secondo motivo di ricorso con cui si contesta la mancata valutazione del comportamento successivo delle parti del contratto in violazione dell’art. 1362 c.c.,che da quanto esposto risulta, invece, preso in esame dal giudice di merito.
In riferimento poi, in particolare, al terzo ed al quarto motivo di ricorso, si osserva che la motivazione fornita dalla Tribunale, testè riferita, appare del tutto adeguata, coerentemente logica e basata su elementi derivati dalle risultanze processuali dovendosi osservare a tale proposito che, laddove essa fa cenno all’inserimento nell’organizzazione ed al rispetto dell’orario di lavoro, dimostra la avvenuta presa in considerazione della documentazione e delle dichiarazioni testimoniali acquisite in giudizio del cui mancato esame, invece, il ricorrente si duole. Discende da ciò che la motivazione non appare suscettibile di sindacato in questa sede di legittimità dovendosi osservare che le censure che il ricorrente muove a tale motivazione (inquadramento come direttore di produzione nell’organigramma,osservanza dell’orario di lavoro,percezione di uno stipendio fisso mensile, sottoposizione gerarchica al datore di lavoro etc.), appaiono, invero riproporre inammissibilmente una diversa valutazione degli elementi di prova acquisiti.
La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, ripetutamente chiarito che ,ai fini della qualificazione del rapporto di collaborazione personale in termini di subordinazione, la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, insindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, essendo a tal fine sufficiente che da questa risulti che il convincimento si sia formato attraverso la valutazione degli elementi acquisiti considerati nel loro complesso, senza necessità di una specifica analisi e confutazione degli elementi ritenuti recessivi rispetto a quelli valutati di valore prevalente. (Cass. 14371/08).
Il ricorso va in conclusione respinto.
Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2.000,00 per onorari, oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010