LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
SOCIETA’ COOPERATIVA EDILIZIA “GIOVANNI PAOLO II” (P.I.
*****), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AURELIA 190, presso l’avvocato TESTA CESARE, rappresentata e difesa dall’avvocato SIMEONE ALBERTO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI BENEVENTO (c.f. *****), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA NERAZZINI 5, presso l’avvocato PAZIENZA MICHELE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIANO LUIGI, PAGANO MASSIMO, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
T.L.;
– intimata –
e sul ricorso n. 10090/2004 proposto da:
COMUNE DI BENEVENTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA NERAZZINI 5, presso l’avvocato PAZIENZA MICHELE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIANO LUIGI, PAGANO MASSIMO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
COOPERATIVA EDILIZIA GIOVANNI PAOLO II S.R.L., T.L.;
– intimati –
e sul ricorso n. 14347/2004 proposto da:
T.L. (c.f. *****), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA FILATTIERA 49, presso l’avvocato MARTINELLI SIMONA, rappresentata e difesa dall’avvocato CAVUOTO CARMEN, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
COOPERATIVA EDILIZIA GIOVANNI PAOLO II, COMUNE DI BENEVENTO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 168/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/01/2004;
preliminarmente si da atto che e’ stata depositata istanza di rinvio congiunta;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 15/10/2009 dal Consigliere Dott. GIANCOLA Maria Cristina;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso della Cooperativa, accoglimento per quanto di ragione del ricorso del Comune e assorbimento di quello T..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 26.06.1986 T.L. adiva il Tribunale di Benevento chiedendo la condanna del Comune di Benevento e della societa’ Cooperativa edilizia a r.l. Giovanni Paolo II al risarcimento dei danni derivati dall’occupazione e dall’irreversibile trasformazione del terreno di sua proprieta’, esteso mq 1066, che era stato assoggettato a procedimento di esproprio (definito con decreto di esproprio del *****) e sul quale era stata realizzata l’opera pubblica. Con sentenza del 16.04.2002 il Tribunale adito condannava l’ente locale e la Cooperativa edilizia al risarcimento dei danni subiti dalla T., liquidati in Euro 80.218,62, oltre interessi legali.
Con sentenza del 17.10.2003 – 20.01.2004, la Corte di appello di Napoli, decidendo sul gravame principale della Cooperativa Giovanni Paolo II e sui gravami incidentali del Comune e della T., accoglieva per quanto di ragione tutte le impugnazioni ed in riforma dell’impugnata sentenza:
– disponeva la correzione dell’errore materiale contenuto nell’epigrafe della sentenza impugnata nel senso di includere tra le parti anche la societa’ cooperativa come rappresentata e domiciliata nel pregresso grado di giudizio, nel contempo affermando che nella parte motiva e nel dispositivo della pronuncia si era dato atto della presenza della Cooperativa, costituitasi in giudizio, che le conclusioni di tutte le parti erano state riportate per relationem, richiamando l’udienza del 12.10.2001, in cui erano state precisate anche dalla medesima cooperativa, come riconosciute dal Tribunale – condannava in solido il Comune e la societa’ cooperativa a corrispondere alla T. la somma rivalutata e comprensiva di interessi all’attualita’ di Euro 53.230,81 a titolo di risarcimento del danno per la perdita del bene, liquidato secondo i sopravvenuti criteri legali di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55 nonche’ la somma rivalutata e comprensiva di interessi all’attualita’ di Euro 13.749,52 a titolo di risarcimento del danno da occupazione illegittima protrattasi dal 2.05.1978 al 6.97.1983, liquidato in somma corrispondente all’interesse legale annuo pari al 5% sul valore capitale del ristoro da occupazione acquisitiva;
– dichiarava assorbite le questioni in ordine all’indennita’ da occupazione legittima, che riteneva non spettante;
– condannava in solido il Comune e la Cooperativa, parti sostanzialmente soccombenti, a rifondere alla T. le spese dei due gradi del processo, dichiarando, invece, interamente compensate quelle tra il Comune e la Cooperativa.
La Corte territoriale osservava e riteneva, tra l’altro:
che in riferimento al piano di zona edilizia di cui alla L. n. 167 del 1962, il terreno della T., era stato assoggettato a procedura espropriativa definita con decreto di esproprio del 7.04.1984 nonche’ ad occupazione legittima seguita da immissione in possesso del 2.05.1978 e scaduta il 2.05.1983;
– che il terreno in questione era stato irreversibilmente trasformato tramite l’esecuzione delle progettate opere edilizie, e percio’ sottratto alla proprietaria in forza di accessione invertita avvenuta il 7.07.1983, dopo la scadenza del termine di occupazione legittima;
– che il decreto di esproprio era stato emanato dopo che si era verificata l’accessione invertita e, quindi, sia il provvedimento ablativo che l’occupazione temporanea, con riguardo all’intero periodo, dovevano aversi per illegittimi;
– che indubbia era la legittimazione passiva tanto del Comune, beneficiario della dichiarazione di pubblica utilita’ del proprio piano di zona ex L. n. 167 del 1962, quanto della cooperativa edilizia, dal primo delegata, giusta convenzione del 31.03.1983, a procedere in nome e per conto dell’ente alla procedura d’esproprio, al programma costruttivo ed al pagamento delle indennita’;
– che in particolare la cooperativa edilizia aveva di fatto gestito in rem propriam anche se nomine alieno il concorrente interesse del Comune a dotare urbanisticamente il proprio territorio e non solo ad individuare le aree e poiche’ aveva accettato per la gestione dell’affare il subingresso all’ente territoriale, non era rilevante che fosse venuta ad esistenza solo poco prima della scadenza del termine di occupazione legittima che la T. era dotata di legittimazione attiva in quanto nel piano particellare predisposto dalla cooperativa risultava proprietaria e fuor di luogo era il riferimento all’asserita contitolare, non solo indicata come usufruttuaria parziale nel piano particellare, ma anche risultata gia’ deceduta il *****, nella relata di notifica inerente alla comunicazione del versamento dell’indennita’ provvisoria offerta e non accettata.
Contro questa sentenza, notificata il 17.02.2004, la societa’ Cooperativa edilizia a r.l. Giovanni Paolo II ha proposto ricorso per Cassazione notificato alle controparti il 16.04.2004, fondato su tre motivi.
Il Comune di Benevento ha resistito con controricorso notificato il 25 – 27.05.2004 alla ricorrente societa’ ed il 24.05.2004 alla T.. Contro la sentenza della Corte distrettuale, notificatagli il 17.02.2004, il Comune di Benevento ha anche proposto autonomo ricorso per Cassazione sulla base di due motivi, notificato alle altre parti il 20.04.2004.
Ad entrambi i ricorsi la T. ha resistito con controricorso notificato il 26.05.2004, anche eccependo in rito l’inammissibilita’ per tardivita’ del ricorso del Comune; ha, inoltre, a sua volta, proposto ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere preliminarmente:
disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei tre ricorsi proposti avverso la medesima sentenza – qualificato come principale il ricorso della societa’ Cooperativa a r.l. Giovanni Paolo II e come incidentale, invece, il ricorso autonomo del Comune di Benevento, al pari di quello proposto dalla T. (cfr. Cass. 200610663);
– respinta l’eccezione della T., di tardivita’ del ricorso del Comune, notificatole il 20.04.2004, in ragione del sopravvenuto interesse del medesimo Comune al gravame, scaturito dall’impugnazione principale esperita dalla Cooperativa edilizia al fine di rimuovere il capo inerente alla sua corresponsabilita’ con l’ente locale.
A sostegno del ricorso principale la societa’ Cooperativa denunzia:
1. “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullita’ della sentenza, in relazione all’art. 132 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4); Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5)”.
Censura l’affermazione secondo cui la sentenza di primo grado non era affetta da alcuna nullita’ ma dall’errore materiale, consistito nella mancata trascrizione nell’epigrafe della pronuncia stessa del suo nominativo, assumendo l’erroneita’ della conclusione essenzialmente perche’ le sue difese e tesi giuridiche erano state del tutto trascurate dal primo giudice, che non aveva tenuto in alcun conto le sue conclusioni.
Il motivo e’ inammissibile per difetto di interesse prima che per difetto di autosufficienza inerente alla mancata trascrizione del contenuto della pronuncia appellata. I profili di asserita nullita’ della sentenza di primo grado per i quali la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia disatteso il suo motivo di gravame consistono in addebiti che, in applicazione dei principi della tassativita’ delle ipotesi di rimessione di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. e della conversione nei motivi di nullita’ in motivi di impugnazione (art. 161 c.p.c., comma 1), quand’anche fondati, non sarebbero potuti rientrare tra le ipotesi di rimessione al primo giudice (in tema cfr. Cass. 200904488) e che avrebbero consentito alla ricorrente solo di riproporli nel grado superiore, come ha fatto, deducendo in appello le questioni che assumeva essere state non esaminate nella pregressa fase.
2. “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 1100 c.c. e segg. (art. 360 c.p.c., n. 3); Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5)”.
Si duole che la T. sia stata ritenuta dotata di legittimazione attiva e che le sia stato percio’ attribuito l’intero indennizzo, nonostante che la Cooperativa avesse eccepito sin dall’inizio e riproposto in appello l’eccezione secondo cui il fondo apparteneva per il 50% ad altra persona, ossia a P. C..
Al riguardo contesta la correttezza dell’affermazione per la quale la T. non era tenuta a dare prova piena e documentale dell’asserito suo diritto dominicale e dell’affermazione secondo cui i certificati catastali erano sufficienti a dimostrare la proprieta’ esclusiva del bene in capo alla stessa, dato non solo che da essi risultava che la P. era usufruttuaria parziale del fondo, il che avrebbe dovuto far presumere che fosse proprietaria della residua parte o che vi fosse un altro usufruttuario, ma anche che alla P. era stato offerto l’indennizzo provvisorio di occupazione e che il suo sopravvenuto decesso avrebbe dovuto comportare il subentro delle sue coeredi. Il motivo non ha pregio.
Come noto (cfr Cass. 200210294), “Nel giudizio di risarcimento danni derivanti da occupazione c.d. appropriativa, oggetto della pretesa azionata non e’ il diretto e rigoroso accertamento del diritto di proprieta’ dell’istante sul fondo (trattandosi di petitum risarcitorio e non rivendicatorio), bensi’ la (sola) individuazione del titolare del bene avente diritto al risarcimento, sicche’ il convincimento del giudice in ordine alla legittimazione alla dedotta pretesa puo’ legittimamente formarsi sulla base di qualsiasi elemento, documentale e/o presuntivo, sufficiente ad escludere una erronea destinazione soggettiva del pagamento dovuto'.
Nella specie la societa’ cooperativa inammissibilmente contrasta il convincimento dei giudici di merito, plausibilmente tratto dalle risultanze documentali e dalla normativa in tema di usufrutto immobiliare, diritto insuscettibile di successione mortis causa (art. 949 c.c.), con non decisive e generiche considerazioni, non corredate da richiami ad oggettivi e concreti dati contrari all’avversata conclusione.
3. ” Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 91 c.p.c. e segg. (art. 360 c.p.c., n. 3); Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5)”.
Censura la sua immotivata condanna in solido con il Comune al pagamento in favore della T. delle spese processuali dei due gradi e comunque del gravame, disposta nonostante l’accoglimento seppure parziale del suo appello, il che, a suo parere, avrebbe giustificato la compensazione almeno parziale delle spese dell’intero giudizio di merito o quantomeno di quelle del grado d’appello. La censura e’ inammissibile.
Premesso che l’appello principale della cooperativa e’ stato accolto nei limiti del rilevato errore d’intestazione della pronuncia di primo grado, il regolamento delle spese processuali e’ riservato al potere discrezionale del giudice di merito, al quale spetta la valutazione dell’entita’ della soccombenza e l’apprezzamento sull’opportunita’ della compensazione totale o parziale delle spese stesse, con il solo limite di non porle a carico della parte totalmente vittoriosa (197203316), come nella specie non e’ avvenuto.
A sostegno del ricorso incidentale il Comune di Benevento denunzia:
1. “Violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c.; art. 2043 c.c;
2697 c.c. difetto, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”.
Contesta la sua legittimazione passiva concorrente, affermata dai giudici di merito considerando il rapporto di delegazione intersoggettiva di cui alla convenzione 31.03.1983, sostenendo anche che avrebbe potuto semmai rispondere solo dell’indennita’ di occupazione legittima, che l’obbligazione risarcitoria ricade sull’istituto occupante, autore materiale dell’illecito e titolare del diritto di proprieta’ e che, comunque, l’attrice non ha mai chiesto che gli fosse addebitata la responsabilita’ per mancato completamento della procedura d’esproprio e fornito la relativa prova. Il motivo non e’ fondato e va disatteso.
Sul punto, i giudici di merito si sono ineccepibilmente attenuti, ai condivisi principi gia’ affermati da questa Corte (cfr Cass. SU 200724397; Cass. 200818612; 200714959) per i quali sussiste la corresponsabilita’ solidale dell’Ente delegante, che con il conferimento del mandato non si spoglia delle responsabilita’ relative allo svolgimento della procedura espropriativa secondo i suoi parametri soprattutto temporali; e conserva quindi l’obbligo di sorvegliarne il corretto svolgimento, anche perche’ questa si svolge non solo in nome e per conto di detta amministrazione, ma altresi’ d’intesa con essa, sicche’ e’ da ritenere che quest’ultima conservi un potere di controllo o di stimolo dei comportamenti del delegato – si tratti di un ente, di una cooperativa, o di un’impresa – il cui mancato o insufficiente esercizio vale a rendere il delegante corresponsabile dell’illecito; spetta, inoltre, al delegante l’onere di allegare e dimostrare di aver esercitato detti poteri, laddove il fatto stesso della tempestiva mancata emissione del decreto di esproprio nel termine di durata dell’occupazione legittima e’ sufficiente a fare presumere l’opposto, in assenza di contrarie risultanze processuali.
2. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 99 c.p.c.; Violazione e falsa applicazione della L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 19 e 20;
difetto, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza circa un punto decisivo della controversia” Si duole che sia stata ignorata la sua eccezione d’incompetenza del Tribunale rispetto alla domanda d’indennita’ da occupazione legittima ed erroneamente accomunati i periodi di occupazione temporanea legittima ed illegittima, rispetto ai quali variano i criteri di commisurazione del dovuto.
La censura, d’indole processuale, non ha pregio, non apparendo sorretta da un attuale e concreto interesse del Comune al suo favorevole apprezzamento e, dunque, risolvendosi in prospettazione di una mera questione terminologica.
A sostegno del ricorso incidentale la T. denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1224 e 2043 c.c..
Insufficiente e contraddittoria motivazione circa il criterio di calcolo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali”.
La ricorrente premette che ormai risulta coperta dal giudicato interno la stima del risarcimento e che ritiene corretto il criterio seguito per la relativa liquidazione e si limita a contestare in riferimento ad entrambe le voci di ristoro, il criterio di calcolo della rivalutazione e degli interessi, sostenendo che sul punto i giudici di merito non si sono attenuti ai principi di diritto stabiliti da questa Corte. Il motivo non merita favorevole apprezzamento.
La doglianza e’, infatti, in parte smentita dal corretto, espresso richiamo attuato dalla Corte distrettuale ai criteri di computo degli interessi e della rivalutazione in tema di debiti di valore ed al relativo limite costituito dall’impossibilita’ di calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell’illecito (tra le altre, Cass. 200510354) ed in parte esposta in termini assiomatici di erroneita’ ed incongruita’.
Infine, l’acquiescenza prestata dalla T. non le consente di avvalersi degli effetti connessi al nuovo quadro normativo determinatosi per effetto della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 349 del 2007, che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del medesimo art. 5 bis, comma 7 bis, introdotto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 65, disciplinante il risarcimento dovuto in caso di occupazioni illegittime di suoli per cause di pubblica utilita’, intervenute anteriormente al 30 settembre 1996. Conclusivamente i riuniti ricorsi devono essere respinti, con compensazione delle spese del giudizio di legittimita’ in ragione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
Cosi’ deciso in Roma, il 15 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010