LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Consorzio CO.FER.I. in liquidazione in persona del liquidatore, elettivamente domiciliato in Roma, Via G. Mercalli 15, presso l’avv. MARCONE Nicola, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente e controricorrente –
contro
Z.D., A. e G., in proprio e quali eredi di Z.P., elettivamente domiciliati in Roma, P. Filattiera 49, presso l’avv. Simona Martinelli, rappresentati e difesi dall’avv. CAVUOTO Carmen giusta delega in atti;
– controricorrente ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3083/03 del 3.11.2003.
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17.11.2009 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;
Uditi gli avv. L. Anelli su delega per il ricorrente e P. Cavuoto su delega per i controricorrenti;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e l’assorbimento degli altri motivi e del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 22.9.90 Z.P., nella sua qualità di proprietario di un terreno di cui il Prefetto di Benevento aveva disposto l’occupazione in favore del Consorzio CO.FE.RI. per il potenziamento della linea ferroviaria Caserta – Foggia, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Benevento il predetto Consorzio, per sentirlo condannare al risarcimento del danno per la perdita definitiva della proprietà, alla corresponsione dell’indennità di occupazione legittima, nonchè all’indennizzo per quella illegittima.
Il Consorzio si costituiva contestando la fondatezza della richiesta, e nel corso del giudizio si costituivano anche gli eredi dello Z., nel frattempo deceduto.
Successivamente all’esito dell’istruttoria, durante la quale venivano acquisiti documenti ed espletata consulenza tecnica, il tribunale accoglieva la domanda nei termini appresso indicati: riteneva congruo il valore del terreno nella misura di L. 72.000 al mq.; attribuiva agli attori l’integrale valore di mercato sull’intero appezzamento, apprezzato in L. 616.320.000; determinava in L. 154.080.000 l’indennità di occupazione legittima e in L. 203.556.800 quella di occupazione illegittima, per il periodo 21.4.93 – 9.8.96; riconosceva infine interessi e rivalutazione.
Avverso la statuizione proponevano impugnazione sia il Consorzio, in via principale, che gli Z., in via incidentale condizionata, e la Corte di Appello di Napoli, in parziale accoglimento del primo, modificava la sentenza del tribunale, così decidendo sui diversi motivi di impugnazione: escludeva che il terreno fosse di natura agricola; riduceva a L. 54.000 il relativo valore a mq.; confermava l’intervenuta disapplicazione del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, per quanto ritenuta errata, per effetto della omessa impugnazione sul punto; riconosceva L. 445.662.000 (pari a Euro 230.165,21) agli Z., per la perdita della proprietà del bene, che sarebbe intervenuta il *****; limitava l’attribuzione dell’indennità di occupazione illegittima al periodo 21.4.95-9.8.96, con conseguente liquidazione a tale titolo di L. 58.119.208 (pari a Euro 30.016,07); rideterminava complessivamente il dovuto in Euro 302.786,24 per effetto della rivalutazione, somma sulla quale faceva decorrere gli interessi a far tempo dal 22.9.90 (data di proposizione della domanda); dichiarava l’incompetenza del primo giudice in ordine alla domanda di occupazione legittima, rispetto alla quale ravvisava tuttavia la propria competenza liquidando a tale titolo Euro 39.256,59;
compensava infine per un terzo le spese del doppio grado, per effetto di una parziale soccombenza reciproca.
Contro la detta decisione il Consorzio CO.FE.RI. in liquidazione proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resistevano gli Z. con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato articolato in tre motivi, a sua volta resistito dal Consorzio con controricorso.
Entrambe le parti depositavano infine memoria.
La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 17.11.2 009.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., si osserva, per quanto riguarda il ricorso principale, che il Consorzio CO.FE.RI. ha rispettivamente denunciato:
1) violazione del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, del Titolo 2^ L. 22 ottobre 1971, n. 865, della L. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 42 e 43, dell’art. 11 norme attuaz. P.R.G. Comune di Benevento, degli artt. 1362 e 1363 c.c., nonchè vizio di motivazione, con riferimento all’affermata natura edificatoria delle aree oggetto dell’occupazione.
Detta valutazione sarebbe infatti errata sotto un duplice aspetto, e cioè: a) poichè nella specie si sarebbe trattato di una previsione avente ad oggetto un utilizzo edificatorio estremamente circoscritto, relativamente agli interventi di trasformazione e ai soggetti legittimati ad attuarli. Tale vincolo sarebbe poi stato apposto non in funzione di una generale destinazione della zona, ma in considerazione della localizzazione dell’opera pubblica, la cui realizzazione sarebbe incompatibile con la coesistenza della proprietà privata, e di esso non dovrebbe pertanto tenersi conto nella valutazione del bene espropriato; b) in quanto il dato concernente possibili interventi del privato sui terreni in oggetto, richiamati dall’art. 11 delle norme di attuazione del P.R.G., sarebbe stato male interpretato dalla Corte territoriale, essendo individuabile la finalità della norma nell’intento di riservare la zona in questione (*****) ad interventi ferroviari, in essi compresi anche le residenze di servizio ad esclusivo uso ferroviario.
2) violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, comma 7 bis, atteso che il giudice del merito, pur riconoscendo in astratto l’applicabilità di detta ultima disposizione, ne ha negato nel concreto l’applicazione per mancanza di uno specifico motivo di impugnazione.
In particolare la richiamata valutazione non sarebbe condivisibile perchè l’atto di appello risultava incentrato sull’eccessività del valore attribuito al terreno, e l’applicazione dell’art. 5 bis, era stata richiamata nella consulenza tecnica di parte, cui aveva fatto espresso riferimento il difensore.
Per di più l’appello avrebbe criticato tutto l’impianto logico – giuridico della sentenza, avendo censurato la declaratoria di illegittimità dell’occupazione e il riconoscimento della natura edificabile del terreno, questioni che avrebbero costituito il presupposto logico rispetto a quella dell’applicabilità o meno dell’art. 5 bis al caso di specie.
3) violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., in relazione all’omesso ridimensionamento dell’indennità per occupazione illegittima (che pure secondo il giudice del gravame avrebbe dovuto essere calcolata su un periodo più breve), per l’affermata mancanza di uno specifico motivo di appello. Anche su tale punto la sentenza sarebbe infatti inficiata dagli stessi vizi denunciati con il precedente motivo.
4) violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., artt. 1219 e 1224 c.c., con riferimento al computo degli interessi, liquidati con statuizione definita “eccessiva” ma tenuta ferma poichè “neppure essa impugnata”, mentre non vi sarebbe stata la necessità di una impugnazione specifica in quanto quella rivolta contro l’impianto della sentenza si sarebbe automaticamente estesa anche alle richieste accessorie.
5) violazione degli artt. 112, 343 e 166 c.p.c., in quanto la domanda di riconoscimento dell’indennità di occupazione legittima, per la quale il tribunale era stato correttamente ritenuto incompetente, in realtà sarebbe stata formulata tardivamente, vale a dire non con la comparsa di risposta depositata venti giorni prima dell’udienza, ma con una seconda comparsa depositata nell’udienza di comparizione.
Con il ricorso incidentale gli Z. hanno a loro volta denunciato:
1) violazione della L. n. 158 del 1991 e della L. n. 2359 del 1865, art. 13, nella determinazione del periodo di occupazione di urgenza, originariamente fissata dal decreto prefettizio fino al 20.4.2003, poi prorogata di un biennio per effetto della L. n. 158 del 1991. La proroga sarebbe stata peraltro riconosciuta a torto, e ciò in considerazione dell’insensibilità dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità a detta proroga e della connessa impossibilità di perpetuare una occupazione legittima, rispetto ad una dichiarazione di pubblica utilità inefficace.
2) violazione dell’art. 112 c.p.c., e vizio di motivazione rispetto alla statuizione con la quale il valore del terreno era stato ridotto da L. 72.000 a L. 54.000 a mq. Non vi sarebbe stata infatti specifica impugnazione sul punto, mentre l’argomento su cui risulta incentrata la decisione, vale a dire la minore estensione del fondo in relazione al quale era stato stimato il valore di L. 72.000, sarebbe stato insufficiente e non condivisibile.
3) violazione degli artt. 92 e 93 c.p.c., in relazione alla disposta parziale compensazione delle spese di lite, basata su una parziale reciproca soccombenza, che viceversa non sarebbe stata configurabile, poichè l’appello incidentale condizionato (respinto) era stato proposto subordinatamente al fatto che la Corte di appello avesse applicato il comma 7 bis dell’art. 5 bis, ipotesi non verificatasi nella specie.
Osserva il Collegio che è fondato il primo motivo del ricorso principale.
La Corte territoriale, infatti, dopo aver correttamente rilevato “che l’edificabilità non si identifica ne si esaurisce in quella residenziale abitativa, ma ricomprende tutte quelle trasformazioni del suolo .. riconducibili alla nozione tecnica di edificazione”, ha poi ritenuto edificabile il terreno in questione, in quanto compreso in zona riservata ad interventi non preclusi in via di principio all’iniziativa del privato.
Tuttavìa tale seconda affermazione è errata, poichè nel sistema introdotto dalla L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5 bis, caratterizzato dalla rigida dicotomia tra aree edificabili ed agricole, il riconoscimento della edificabilità discende dalla concreta disciplina e destinazione attribuita dagli strumenti urbanistici all’area sicchè, ove la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo pubblicistico (come nella specie), la detta classificazione apporta un vincolo di destinazione che preclude tutte le forme di trasformazione del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, circostanza da cuoi discende che l’area va qualificata come non edificabile.
Sotto questo riflesso non rileva dunque che la destinazione impressa dal piano richieda anche la realizzazione di strutture di supporto, il cui apprezzamento implicitamente determinerebbe il riconoscimento di un “tertium genus” tra aree edificabili e non, in contrasto con la logica della norma.
Alla stregua della normativa vigente, dunque, devono essere inclusi nella categoria dei terreni a vocazione edificatoria legale quelli in cui l’edificazione, sia pure a tipologia vincolata, sia consentita all’iniziativa privata, ipotesi non verificatasi nella specie, in cui i limitati interventi consentiti non risultano espressione dello “ius aedificandi”, ma sono funzionali alla realizzazione dello scopo pubblicistico (C. 04/23973, C. 04/5106, C. 04/4732, C. 03/11729, C. 00/9669).
Dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale discende poi l’assorbimento del secondo, del terzo e del quarto motivo.
E’ viceversa infondato il quinto motivo del ricorso principale, incentrato sull’affermata tardività della domanda di corresponsione dell’indennità per l’occupazione legittima del terreno (il punto relativo alla legittimazione della Corte di appello a pronunciarsi al riguardo, a seguito di declaratoria di incompetenza del primo giudice, non è stato oggetto di censura), tardività asseritamente risultante dal fatto che la detta domanda era stata formulata con la comparsa di costituzione, e non anche con la comparsa di risposta al ricorso ex art. 351 c.p.c., precedentemente depositata.
In proposito tuttavia è sufficiente considerare che la seconda comparsa di costituzione non è tardiva, atteso che la disciplina applicabile nel caso in esame è quella del vecchio rito, secondo la quale l’appello incidentale è proponibile sino alla prima udienza di trattazione ex art. 343 c.p.c., nella formulazione previgente.
Quanto poi alla preclusione che sarebbe discesa dal precedente deposito della comparsa di risposta al ricorso ex art. 351 c.p.c., la prospettazione non è condivisibile, tenuto conto che la resistenza in tale ultima sede è funzionale e limitata al procedimento incidentale ex artt. 283 e 351 c.p.c. (sulla diversità fra la partecipazione al giudizio incidentale e a quello di merito si veda anche ord. Corte Cost. 4.7.2002, n. 312), e non esaurisce pertanto il diritto di difesa dell’appellante, come già esplicitamente riconosciuto da questa Corte (C. 08/8828).
Passando quindi all’esame del ricorso incidentale, se ne rileva l’infondatezza.
In particolare, quanto al primo motivo, come correttamente evidenziato dalla Corte di appello la proroga dei termini di scadenza dell’occupazione temporanea disposta con la L. n. 158 del 1991, opera automaticamente attuandone il prolungamento, e ciò comporta che nel caso in esame l’occupazione legittima (la cui scadenza era stata originariamente fissata al 20.4.1993) si è protratta fino al 20.4.1995.
Orbene, considerato che l’acquisto a titolo originario per via dell’irreversibile trasformazione del fondo ai fini della costruzione dell’opera pubblica si ha al momento della scadenza del periodo di occupazione autorizzata (fino a tale scadenza è invero possibile il rituale compimento della procedura), nell’impossibilità di distinguere, sulla base del provvedimento normativo di proroga, l’ipotesi in cui l’opera sia stata ultimata da quella in cui viceversa non lo sia, il differimento del termine finale va applicato in ogni caso in cui l’occupazione sia in corso e non si sia concluso con il decreto di esproprio (C. 07/6032, C. 06/2630, che ha espressamente esteso l’effetto di proroga anche ai connessi procedimenti espropriativi, ivi compreso il termine per il decreto di esproprio, C. 00/15357, C. 98/12382, C. 98/5879).
In ordine al secondo motivo, articolato in un duplice profilo, va osservato che è inconsistente la prima doglianza concernente la pretesa ultrapetizione, e ciò in quanto la generale contestazione circa la natura del terreno oggetto di espropriazione risulta implicitamente comprensiva delle diverse questioni concernenti il valore dell’area; che è altresì privo di pregio il secondo profilo di censura prospettato (riduzione del valore al mq da L. 72.000 a L. 54.000), avendo la Corte territoriale sufficientemente motivato sul punto (pp. 11, 12) e trattandosi di valutazione in fatto, in quanto tale pertanto sottratta al sindacato di questa Corte.
Per il terzo motivo è infine sufficiente rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente incidentale, vi è stata fra le parti parziale soccombenza reciproca, attesa la disposta riduzione del risarcimento originariamente liquidato e l’affermata incompetenza del tribunale, relativamente alla domanda di determinazione dell’indennità di occupazione legittima.
Conclusivamente il ricorso principale deve essere accolto nei termini sopra indicati, mentre va rigettato quello incidentale.
Ne segue la cassazione della sentenza impugnata con riferimento ai profili accolti, con rinvio alla Corte di Napoli in diversa composizione per la determinazione dell’indennità espropriativa, dell’indennità di occupazione legittima e di quella illegittima del terreno oggetto di giudizio, sulla base della sua natura agricola e non edificabile.
La Corte di appello liquiderà infine anche le spese del giudizio di legittimità.
PQM
P.Q.M.
Riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo di quello principale, dichiara assorbiti il secondo, il terzo e il quarto motivo, rigetta il quinto; rigetta il ricorso incidentale e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010