Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.405 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Sistina 121 presso l’avv. MARRA Alfonso Luigi, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero della Giustizia in persona del Ministro;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma emesso nel procedimento n. 50200/05 in data 13.10.2005.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 17.11.2009 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Letta la richiesta del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTO E DIRITTO

Con decreto del 13.10.2005 la Corte di Appello di Roma rigettava il ricorso proposto da L.M. ai sensi della L. n. 89 del 2001, con riferimento a giudizio di natura previdenziale la cui durata in grado di appello era stata considerata ragionevole per due anni e irragionevole per un anno e mezzo, ritenendo che l’esiguità della somma pretesa (L. 918.000) escludesse l’esistenza di un patema d’animo.

Avverso la decisione L. proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui non resisteva l’intimato, con i quali rispettivamente lamentava:

1) errata determinazione del periodo di durata ragionevole, in considerazione della natura della controversia; 2) erroneità della statuizione con la quale era stato rigettato il danno morale per la modesta consistenza della posta in palio; 3) violazione del rapporto tra normativa nazionale e sovranazionale.

Osserva il Collegio che è infondato il primo motivo, poichè la natura della controversia non comporta necessariamente un automatico abbattimento del periodo di durata ragionevole del processo ma, più semplicemente, consente al giudice del merito di determinarlo in misura più contenuta ove lo ritenga opportuno, ipotesi non verificatasi nella specie.

E’ poi inammissibile il terzo motivo in quanto generico, mentre va accolto il secondo, atteso che l’entità della posta in gioco non può valere ad escludere l’indennizzo, ma può eventualmente incidere soltanto sulla relativa quantificazione.

Il ricorso va dunque accolto entro tali limiti, il decreto cassato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., il Ministero va condannato al pagamento di Euro 1.500,00 in favore di L.M. (Euro 750,00 per anno di ritardo in ragione del modesto valore della controversia), oltre alle spese del giudizio di merito e di legittimità, da distrarre in favore del procuratore dichiaratosi antistatario e liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo ex art. 384 c.p.c., condanna il Ministero della Giustizia al pagamento di Euro 1.500,00 in favore di L.M., oltre alle spese del giudizio di merito e di legittimità, da distrarre in favore del procuratore dichiaratosi antistatario, che liquida rispettivamente in Euro 840,00 (di cui Euro 480,00 per onorari e Euro 310,00 per diritti) e in Euro 800,00 di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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