LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 28333/2008 proposto da:
B.C.B., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. AMATA CARMELA TERESA, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
SISE – SICILIANA SERVIZI EMERGENZA SPA in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso lo studio dell’avvocato PALMERI PAOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato CACCIATORE ANGELO, giusta procura speciale a margine delle memorie difensive;
– resistente –
avverso la sentenza n. 162 0/2 008 del TRIBUNALE di PATTI, depositata il 15/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/10/2009 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI MAMMONE;
E’ presente il P.G. in persona del Dott. VINCENZO GAMBARDELLA.
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO B.C.B., con ricorso al Tribunale del lavoro di Patti, premesso di essere stata assunta dalla Siciliana Servizi Emergenza s.p.a. per svolgere mansioni di autista-soccorritore delle ambulanze del servizio 118 nella provincia di Messina e di essere stata assegnata alla postazione di San Piero Patti, chiedeva la condanna della detta società al pagamento di differenze retributive. Si costituiva il datore di lavoro in via preliminare eccependo l’incompetenza per territorio del giudice adito e, nel merito, chiedendo il rigetto della domanda.
Il giudice, con sentenza pronunziata il 15.10.08 ex art. 281 sexies c.p.c., dichiarava la propria incompetenza in favore del giudice del lavoro del Tribunale di Messina, rilevando come la postazione 118 di San Piero Patti costituisse una mera dislocazione di personale sul territorio e non anche “unità produttiva” tale da giustificare, ai sensi dell’art. 413 c.p.c., comma 2, la competenza del giudice di Patti. La competenza territoriale andava, pertanto, fissata dinanzi al Tribunale di Messina, dato che era questa località la reale sede di lavoro della ricorrente.
La B. impugnava tale sentenza con istanza di regolamento di competenza notificata il 13.11.08 deducendo quattro motivi: 1) violazione dell’art. 413 c.p.c., e carenza di motivazione, con il quesito: se il concetto di dipendenza aziendale – rilevante ai fini della determinazione della competenza territoriale del giudice del lavoro ex art. 413 c.p.c., comma 2, – coincida con quello di unità produttiva, ovvero sussista allorchè vi sia un nucleo di beni organizzato per l’esercizio dell’impresa direttamente collegato all’azienda, cui siano addetti uno o più dipendenti; 2) violazione dell’art. 428 c.p.c., in ragione delle modalità di deduzione dell’eccezione di incompetenza, con il quesito: “se sia completa e specifica l’eccezione di incompetenza territoriale legata alla dipendenza, qualora la parte ne contesti esclusivamente l’autonomia, pur confermando l’esistenza di un nucleo di beni aziendali necessari per lo svolgimento dell’attività d’impresa; 3) violazione dell’art. 38 c.p.c., e carenza di motivazione per omessa valutazione delle prove documentali, ritenendo idonea a determinare la competenza territoriale del giudice del lavoro la posta 118 che espleta il servizio di urgenza; 4) violazione dell’art. 416 c.p.c., e carenza di motivazione, in relazione alla valutazione di un provvedimento giurisdizionale tardivamente acquisito agli atti.
Si difendeva con memoria la società datrice di lavoro.
Il consigliere relatore redigeva relazione ex art. 380 bis c.p.c., che veniva comunicata al Procuratore generale ed era notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza, in Camera di consiglio ai difensori costituiti.
Il ricorso è fondato.
L’art. 413 c.p.c., comma 2, prevede che la competenza del giudice del lavoro va fissata con riferimento alla circoscrizione in cui “è sorto il rapporto ovvero si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto”.
La giurisprudenza della Corte di cassazione ha enucleato una nozione particolarmente ampia del concetto di dipendenza aziendale, in quanto ha ritenuto che esso, non solo non coincide con quello di unità produttiva contenuto in altre norme di legge, ma deve intendersi in senso lato, in armonia con la mens legis, mirante a favorire il radicamento del foro speciale del lavoro nel luogo della prestazione lavorativa. Condizione essenziale è che l’imprenditore disponga ivi almeno di un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, di modo che costituisce dipendenza aziendale ogni complesso decentrato di beni dell’azienda, per quanto di esigue dimensioni, che sia munito di propria individualità tecnico-economica e destinato al soddisfacimento delle finalità imprenditoriali; non rilevando in contrario che a quel nucleo sia addetto un solo lavoratore nè che i relativi locali o attrezzature, utilizzati dall’imprenditore, siano di proprietà di un terzo anzichè dell’imprenditore stesso (Cass. 8.1.96 n. 67 e altre sentenze conformi, tra le quali v. da ultimo Cass. 4.6.04 n. 10691).
Il giudice di merito non si è attenuto a questo criterio, in quanto, nel delineare il concetto di dipendenza dell’azienda, si è valso della nozione di unità produttiva enucleata dalla giurisprudenza di legittimità ai fini del trasferimento dei rappresentanti sindacali (art. 22 dello statuto dei lavoratori, è questo il senso del richiamo della sentenza 22.8.03 n. 12349), del tutto irrilevante ai fini che qui interessano.
Nel caso di specie, invece, sulla base delle risultanze acquisite agli atti emerge che nel circondario del giudice adito è stabilmente dislocata una “postazione mobile” costituita da ambulanze e relativi equipaggi, che sulla base della giurisprudenza sopra indicata costituisce dipendenza aziendale idonea a radicare la competenza territoriale.
In accoglimento del ricorso, pertanto, deve essere dichiarata la competenza del giudice del lavoro di Patti.
Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno distratte a favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Patti, condannando la controricorrente alle spese, che liquida in Euro 30,00, per esborsi ed in Euro 1.500,00, per onorari oltre spese accessorie, Iva e Cpa, con distrazione a favore dell’antistaria avv. Carmela Teresa Amata.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010