LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 30279-2008 proposto da:
F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO SANTE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NALDI PAOLO, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA, CALIULO LUIGI, MARITATO LELIO, giusta mandato speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 974/2 005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del 29/11/05, depositata il 27/03/2008;
è presente il P.G. in persona del Dott. VELARDI MAURIZIO.
FATTO E DIRITTO
La Corte di Appello di Bologna, con sentenza depositata il 27.3.2008, ha accolto l’appello dell’Inps e, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto il ricorso di F.M. diretto ad ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato con la Agenzia Dany s.r.l. nel periodo in cui era stato membro del consiglio di amministrazione della medesima società. La Corte, valutate le risultanze probatorie, ha ritenuto fittizia la costituzione del rapporto di lavoro subordinato tra la società ed il F..
Avverso detta sentenza F.M. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi con i quali ha lamentato omessa ed insufficiente motivazione nella valutazione da parte del giudice di appello delle risultanze probatorie.
L’Inps ha resistito con controricorso.
La Corte osserva preliminarmente che il ricorso in esame è soggetto al disposto dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile a tutti i ricorsi avverso sentenze depositate dopo il 2 marzo 2006, come disposto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2. Il citato art. 366 bis è stato abrogato dal D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 47, ma senza effetto retroattivo, motivo per cui è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009 (D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 58).
Nella specie i motivi di ricorso sono privi della conclusiva illustrazione della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o contraddittoria. Secondo l’art. 366 bis c.p.c., nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione) l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, con la conseguenza che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Sez. Un. 20603/2007). La chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o insufficiente non può essere desunta dal contenuto del motivo o integrata dai medesimi motivi, pena la sostanziale abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c. (Sez. Un. 6420/2008). A questi principi, ricavabili dal disposto dell’art. 366 bis c.p.c., come autorevolmente interpretato dalle Sezioni Unite, non si è attenuto il ricorrente.
Il ricorso pertanto deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento in favore della parte resistente delle spese di questo giudizio, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, che liquida in Euro 30.00 per esborsi ed in Euro millecinquecento per onorari, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010