Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.446 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30002-2006 proposto da:

T.B.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 51, presso lo studio dell’avvocato LA VIA ALESSANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIORDANO MARIA ANTONIA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI CALTANISSETTA in persona del Prefetto pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 377/2005 del GIUDICE DI PACE di GELA del 18.7.05, depositata il 12/08/2005;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/10/2009 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MARCO PIVETTI.

FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Gela con sentenza del 12 agosto 2005 respingeva, tranne che per la determinazione della sanzione, l’opposizione proposta da T.B.S., avverso il Prefetto di Caltanissetta, per l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione n. 1582/2001 4^ notificata il 28 gennaio 2005, relativa a violazione del D.Lgs. n. 507 del 1999, art. 28.

T. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 28 ottobre 2006, al quale la Prefettura di Caltanissetta, assistita dall’Avvocatura dello Stato, ha resistito con controricorso.

Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perchè manifestamente infondato.

Con l’unico moti vo di ricorso, l’istante lamenta vi dazione della norma sopraindicata, assumendo che gli assegni oggetto del provvedimento sanzionatorio erano stati emessi postdatati prima che le venisse comunicata, da parte delle banche trattarle, la revoca dell’autorizzazione all’emissione di assegni.

Il ricorso è infondato.

In materia di sanzioni amministrative connesse all’omissione di assegni senza autorizzazione, viola il dovere di diligenza media, con conseguente impossibilità di invocare il fatto scusabile, l’emittente il quale assuma consapevolmente con la postdatazione degli assegni il rischio della sopravvenienza di un difetto di autorizzazione all’emissione al momento della loro presentazione.

L’emittente pone in essere un comportamento (la postdatazione o l’emissione senza data) vietato dalla legislazione speciale, ancorchè non più oggetto di sanzione penale, e si espone consapevolmente alle conseguenze derivanti dal sopravvenire di una situazione che renda illegittima l’emissione dei titoli o impossibile il loro pagamento (cfr per riferimenti Cass 18345/06).

Non può quindi addurre a propria giustificazione il sopravvenire della revoca dopo l’emissione e la mancata conoscenza della determinazione della banca in quel momento, poichè l’assegno non avrebbe dovuto essere negoziato con postdatazione, ma apponendovi la data del giorno di emissione. Attenendosi a tale regola, l’emittente non avrebbe corso il rischio del sopravvenire della revoca dell’autorizzazione nelle more tra l’emissione e il sopraggiungere della da La apposta sul titolo.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 700 per onorari, oltre rimborso delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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