Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.454 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18281/2008 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAPOSILE 10, presso lo studio dell’avvocato MAGRI GIANCARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato GENTILE Enrico, giusta procura speciale alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA 80 DI DONNA OLIMPIA 6, presso lo studio dell’avvocato PETRELLA MICHELE, rappresentato e difeso dall’avvocato PIPARO Vincenzo (socio dello Studio Legale Associato AVV.ti Rita Calabrese e Vincenzo Piparo), giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2008 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO del 9.4.08, depositata il 21/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2009 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MARCO PIVETTI.

FATTO E DIRITTO

Ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti relazione redatta dai consigliere delegato. Vi si legge tra l’altro che: – Con sentenza del 21 aprile 2008, la Corte d’appello di Campobasso, decidendo sull’impugnazione proposta da A.L. nei confronti di S.G., in parziale riforma della sentenza resa il 7 settembre 2004 dal locale tribunale rigettava la domanda con la quale il S. aveva chiesto la determinazione dei confini e l’apposizione dei termini tra il proprio terreno distinto alla particella ***** – f ***** – partita n. ***** e la particella ***** dell’ A., il quale si era affermato proprietario di un piccolo spazio di terreno antistante il piano rustico acquistato da L.V.. La Corte territoriale dichiarava l’ A. proprietario di una porzione della particella 58 e condannava S. al rimborso delle spese. S.G. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 7 luglio 2 008, imperniato su tre motivi. A. ha resistito con controricorso.

Il ricorso appare tuttavia inammissibile e manifestamente infondato.

In particolare il primo motivo denuncia sia violazione di legge (artt. 950 e 951 c.c.) sia vizio di motivazione nella parte in cui rigetta la domanda dell’attore. Il motivo proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, è inammissibile per omessa formulazione del quesito di diritto prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c.. Il vizio di motivazione non è denunciato con la specifica indicazione del fatto controverso nei termini prescritti dalla giurisprudenza di questa Corte, ma criticando la sentenza per le valutazioni “che di seguito verranno anch’esse censurate”, in tal modo indebitamente omettendo di esporre in un momento di sintesi, mentre dalla lettura della sentenza, che diffusamente motiva sulla prova dell’usucapione in favore dell’ A., resta escluso che si versi in ipotesi di motivazione del tutto omessa.

Analoghe carenze inficiano il secondo motivo, che lamenta violazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c., e vizi di motivazione relativamente a “errori procedurali nella valutazione” delle risultanze istruttorie. Il quesito formulato chiede inspiegabilmente alla Corte “se è giuridicamente legittimo dichiarare presuntivamente colpevole un imputato assolto con formula piena”, mentre la censura ex art 360 c.p.c., n. 5, chiede una rivisitazione in fatto delle valutazioni di merito rese dalla Corte d’appello, non consentita al giudice di legittimità. Peraltro le critiche avrebbero dovuto essere formulate non solo riassumendole in un momento di sintesi, ma riportando integralmente le deposizioni valorizzate dalla sentenza e quelle non adeguatamente considerate, specificamente criticando le relative valutazioni. Ciò in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, che risulta palesemente violato.

Quanto al terzo motivo, con esso il ricorrente lamenta che il giudice di merito avrebbe basato la sua decisione sulla circostanza dell’esistenza di una scala che portava al terreno *****, circostanza non dedotta nel precedente grado di giudizio. Lamenta perciò violazione dell’art. 345 c.p.c., ritenendo che tratterebbesi di domanda nuova; il quesito formulato al termine del ricorso non spiega però in termini giuridici per qual motivo e in qual modo una circostanza di fatto assurga alla dignità di domanda nuova e non di mero vizio di motivazione. Risulta pertanto inammissibile la doglianza per ultrapetizione esposta con riferimento all’art 360 c.p.c., n. 4. Quanto al vizio di motivazione, parte controricorrente ha puntualmente osservato che dalla censura non si comprende in qual modo il riferimento all’esistenza di una scala di accesso (in luogo di un viale o di una rampa) avrebbe inciso sull’accertamento dei requisiti per affermare l’usucapione, ravvisata sulla base di cospicuo esame istruttorie.

Dopo la comunicazione, fissata l’adunanza in Camera di consiglio, il controricorrente ha depositato memoria, insistendo nell’eccezione di tardività del ricorso, disattesa dalla rei azione.

Ha rilevato che la sentenza impugnata, come risulta in atti, è stata notificata il 6 maggio 2008, cioè 62 giorni prima della notifica del ricorso per cassazione avvenuta, come detto, il 7 luglio 2008, con superamento del termine di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, e conseguente decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c..

Il rilievo è fondato. Il 5 luglio 2008, data di scadenza del termine per proporre il gravame, cadeva di sabato, ma non risulta applicabile la proroga di diritto al primo giorno utile non festivo, prevista dall’art. 155 c.p.c., comma 5, come modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lettera f). Detta disposizione è infatti applicabile, per espressa previsione normativa, ai procedimenti instaurati successivamente alla data del L. marzo 2006. La controversia de qua è invece iniziata il 7 ottobre 2000.

L’ambito di applicazione della citata regola di cui all’art. 155 è stato esteso dalla L. n. 69 del 2009, art. 58, entrata in vigore il 4 luglio 2009, a tenore del quale “Le disposizioni di cui ai commi quinto e sesto dell’art. 155 cod. proc. civ., si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006”. L’odierna fattispecie resta tuttavia estranea al nuovo disposto dell’art. 155 c.p.c., e la tempestività/tardività del ricorso per cassazione va valutata con riferimento al momento (7 luglio 2008) in cui il gravame fu proposto.

Va infatti ricordato che, ove manchino espresse disposizioni in senso contrario, la legge processuale sopravvenuta ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi all’entrata in vigore della legge stessa, alla quale non è dato incidere, pertanto, sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio del “tempus regit acttm”, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere. Un generale principio di “affidamento” legislativo (desumibile dall’art. 11 disp. gen.) preclude, difatti, la possibilità di ritenere che gli effetti dell’atto processuale già formato al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione siano da quest’ultima regolati, quantomeno nei casi in cui la retroattività della disciplina verrebbe a comprimere la tutela della parte, senza limitarsi a modificare la mera tecnica del processo (Cass. 6099/00; 2973/96).

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione del 1 e spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 1.700,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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