Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.456 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MICRON SOLUZIONI INFORMATICHE di Luca Basile & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. GARGANO Massimo, giusta procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliato in Roma, Via G.A. Guattani n. 14/A, presso lo studio dell’Avv. Michele Pesiri;

– ricorrente –

contro

ESPRINET s.p.a., già Comprel s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. PAOLO COLOMBO, giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Milizie n. 138, presso lo studio dell’Avv. Alexander Abate;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2559/06, depositata il 19 ottobre 2006.

Udita, la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26 ottobre 2009 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Michele Pesiri, per delega;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta, che ha concluso in senso conforme alla relazione.

RITENUTO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 19 ottobre 2006, la Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 31 dicembre 2004 – che aveva accolto la domanda svolta da Micron Soluzioni Informatiche, di Luca Basile & C. s.n.c, di risoluzione per inadempimento di Comprel s.p.a., quanto alla vendita di una partita di materiale elettronico, con condanna di Comprel s.p.a. alla restituzione del corrispettivo del servizio per Euro 6.807,72, rigettando invece la domanda di risarcimento dei danni -, ha rigettato le domande proposte da Micron s.n.c.;

che per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso Micron Soluzioni Informatiche, di Luca Basile & C. s.n.c., sulla base di un motivo, cui resiste, con controricorso, Esprinet s.p.a., già Comprel s.p.a.;

che, con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente deduce carente, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e illogicità della stessa, con riferimento alla omessa considerazione dei profili di responsabilità del Sig. P.;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il precedente relatore designato, nella relazione depositata il 23 giugno 2009, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“Il ricorso può essere deciso in Camera di consiglio, dovendo lo stesso essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5). Ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 cod. proc. civ., n. 5), dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), e, qualora – come nella specie – il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: tali prescrizioni sono state nella specie del tutto disattese, non potendo al riguardo ritenersi sufficienti le indicazioni contenute in sede di esposizione del motivo”;

che la ricorrente ha depositato memoria, opponendosi alla proposta di decisione nel senso dell’inammissibilità sulla base di argomentazioni che, peraltro, non ritiene il Collegio possano essere condivise;

che deve innanzitutto escludersi che l’intervenuta abrogazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., ad opera della L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d), in conformità al principio tempus regit actum e a quanto già affermato da questa Corte (Casa., n. 22578 del 2009);

che la pretesa della ricorrente di una interpretazione che, tenendo conto della intervenuta abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c., ritenga sottratti alla dichiarazione di inammissibilità quei ricorsi che non rispondano ai requisiti da detta norma previsti solo perchè vengono decisi dopo la sua abrogazione, non può essere accolta, in quanto si determinerebbe altrimenti una irragionevole disparità di trattamento rispetto ai ricorsi che, proposti egualmente nella vigenza dell’art. 366 bis cod. proc. civ., siano stati decisi prima della sua abrogazione;

che non possono neanche essere condivise le osservazioni svolte dalla ricorrente in ordine alla dedotta sufficiente indicazione del fatto controverso ai fini dell’assolvimento del requisito di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., comma 2;

che, in particolare, la ricorrente assume che la indicazione “omessa considerazione dei profili di responsabilità del Sig. P.” costituirebbe una idonea indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione della sentenza impugnata sarebbe “carente, insufficiente e contraddittoria”;

che, al contrario, si deve qui rilevare che la estrema sinteticità della indicazione del fatto ove rapportata alla complessità sia della motivazione della sentenza impugnata, sia della stessa esposizione del motivo di ricorso, rende evidente la inadeguatezza della mera indicazione evidenziata dalla ricorrente, essendo necessario, come più volte affermato da questa Corte, che, qualora il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione del motivo contenga la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, che circoscriva puntualmente i limiti del sindacato demandato al giudice di legittimità (Cass., n. 16002 del 2007;

Cass., S.U., n. 20603 del 2007; Cass., n. 8897 del 2008), laddove i profili di responsabilità non appaiono configurarsi come un fatto, implicando necessariamente una valutazione rapportata alla norma giuridica ritenuta applicabile (e, nel caso di specie, anche la qualificazione giuridica della posizione del P. ha formato oggetto di soluzioni contrastanti tra la sentenza di primo grado e quella di appello e nella stessa prospettazione da parte della ricorrente nel corso del giudizio);

che, dunque, la indicazione contenuta in ricorso non soddisfa il requisito prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., comma 2;

che, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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