LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.G. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. GENTILE 8, presso lo studio dell’avvocato MARTORIELLO MASSIMO, rappresentato e difeso dall’avvocato ROMANO LUIGI;
– ricorrente –
contro
C.I. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 1, presso lo studio dell’avvocato RIBAUDO SEBASTIANO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 628/2001 della CORTE D’APPELLO di RRESCIA, depositata il 20/07/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 11/12/2009 dal Consigliere Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio;
udito l’Avvocato RIBAUDO Sebastiano, difensore della resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.I. conveniva in giudizio S.G. per chiedere, previa dichiarazione di autenticita’ delle sottoscrizioni apposte dalle parti in calce al contratto di compravendita di una villa stipulato il *****, la riduzione del prezzo pattuito, ovvero in subordine, nell’ipotesi di qualificazione del contratto come preliminare, la pronuncia di sentenza ex art. 2932 c.c. avente ad oggetto il trasferimento della proprieta’ dell’immobile con riduzione del prezzo per l’esistenza di vizi e difetti.
S.G., costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contrailo preliminare di compravendita.
Con sentenza 1648/02 l’adito tribunale di Bergamo, qualificato il contratto in questione come preliminare di compravendita, disponeva ex art. 2932 c.c. il trasferimento in favore dell’attrice della proprieta’ dell’immobile promesso in vendita, nonche’ la trascrizione della sentenza ex art. 2643 c.c. subordinando tali effetti al pagamento in favore del convenuto di Euro 59.392,54 cosi’ ridotto il prezzo di cui al contratto. Il primo giudice rigettava la domanda riconvenzionale del convenuto.
Avverso la detta sentenza il S. proponeva appello al quale resisteva la C..
Con sentenza 20/7/2004 la corte di appello di Brescia rigettava il gravame osservando: che il S. con l’atto di appello non aveva negato l’esistenza di vizi e difetti evidenziati dal c.t.u. nominato in primo grado, ma aveva sostenuto che tali difetti non erano a lui imputabili inerendo ad interventi attribuiti contrattualmente alla C.; che l’eccezione, oltre che inaccoglibile ex art. 345 c.p.c. in quanto nuova, era comunque infondata giacche’ l’allegato n. 3 richiamato dall’appellante si riferiva al box ed alla taverna mentre i difetti emersi dalla c.tu. riguardavano l’immobile principale; che parimenti infondata era l’eccezione concernente l’illegittimita’ dell’occupazione dell’immobile da parte della C. prima del rogito; che il tribunale aveva dato idonea giustificazione di tale anticipato possesso richiamando le testimonianze acquisite in istruttoria; che infondata era pure l’eccezione relativa alla tardivita’ con la quale la C. aveva denunziato i vizi e i difetti dell’immobile riguardando la disciplina dettata dall’art. 1495 c.c. i contratti di compravendita definitivi con l’avvenuto effetto traslativo della proprieta’ del bene venduto; che nella specie si verteva in tema di contratto preliminare il cui oggetto riguardava solo l’obbligo di stipulare il contratto definitivo per cui i rimedi ad un eventuale inadempimento della controparte erano solo quelli previsti per i contratti a prestazioni corrispettive, tra i quali vi era appunto l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c.; che pertanto, a fronte dell’inadempimento del promittente venditore il quale aveva consegnato in via anticipata un immobile risultato affetto da gravi vizi, la promissaria acquirente aveva legittimamente invocato l’art. 1460 c.c. e rifiutato sia il pagamento del prezzo residuo sia la stipula del definitivo; che il rifiuto alla stipula del definitivo opposto dalla C. non escludeva, essendo fondato sull’eccezione di inadempimento, la possibilita’ di chiedere ed ottenere una sentenza produttiva degli effetti del contratto non concluso e la riduzione del prezzo: che ai fini dell’utile esperimento dell’azione ex art. 2932 c.c. non era indispensabile il ricorso all’offerta reale in senso tecnico, essendo sufficiente una seria, inequivoca e concreta manifestazione di volonta’ di adempiere che nella specie era ravvisabile nella condotta complessiva della promissaria acquirente nonche’ nell’offerta formale svolta in data *****; che il condizionare l’effetto traslativo della proprieta’ ricollegabile alla sentenza ex art. 2932 c.c. non costituiva una contraddizione, ma la garanzia dell’esatto adempimento da parte del promissario acquirente, cosi’ come la trascrizione della sentenza poteva seguire solo alla conclusione del contratto sostituito dalla sentenza medesima e, quindi, solo dopo l’avvenuto pagamento del prezzo.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Brescia e’ stata chiesta da S.G. con ricorso affidato a due motivi.
C.I. ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso – articolato in due censure – S. G. denuncia violazione degli artt. 1218, 1375, 1460, 1490, 1492 e 1495 c.c., nonche’ vizi di motivazione.
Con la prima censura il ricorrente sostiene che non sussiste l’inadempimento di esso S. deducendo che i vizi denunciati dalla C. sono inesistenti e/o non imputabili. Tali vizi consistevano in una presunta cattiva posa in opera dei caloriferi ed in una presunta cattiva impermeabilizzazione. Al riguardo i giudici del merito hanno ignorato una espressa e pacifica previsione contrattuale con la quale le parti avevano concordato che l’impermeabilizzazione e la posa dei caloriferi erano di esclusiva pertinenza della C..
I giudici del merito hanno altresi’ ritenuto tardiva ed inammissibile l’eccezione di decadenza dall’azione per vizi che era stata sollevata in maniera chiara. Peraltro le eccezioni di prescrizione e decadenza non necessitano di formule sacramentali e della indicazione specifica degli articoli di legge. La corte di appello, quindi, non avrebbe potuto accogliere l’actio quanti minoris basata su presunti vizi non denunciati nei termini, non esistenti e non imputabili ad esso S..
Con la seconda censura il ricorrente sostiene che l’inadempimento della C. – rispetto a quello presunto di esso S. deve ritenersi preponderante in un giudizio di bilanciamento degli opposti inadempimenti. La C. si era infatti immessa nell’immobile prima di quanto concordato e contro il rifiuto espresso di esso ricorrente e si era poi rifiutata di abbandonare l’immobile malgrado diffida formale in tal senso. La C., infine, ha omesso e rifiutato di pagare la seconda “tranche” del prezzo che ne costituiva la parte prevalente.
Le dette censure sono manifestamente infondate.
In relazione alla prima va innanzitutto rilevata l’inammissibilita’ della tesi sostenuta dal S. relativa all’asserita inesistenza dei vizi denunciati dalla C. e/o alla non imputabilita’ ad esso ricorrente di tali vizi. Al riguardo e’ appena il caso di osservare che – come sopra riportato nella parte narrativa che precede – la detta tesi difensiva del S. e’ stata prospettata nel giudizio di secondo grado ed e’ stata ritenuta dalla corte di appello:
a) “inaccoglibile ex art. 345 c.p.c. in quanto nuova”;
b) “destituita di fondamento”. Si tratta di due autonome ed indipendenti ragioni poste a base della non accoglibilita’ della detta tesi difensiva del S. idonea ciascuna a sorreggere logicamente e giuridicamente la decisione adottata sul punto. Contro la prima ragione il ricorrente non ha formulato alcuna specifica censura essendosi limitato a sviluppare argomenti da contrapporre alla autonoma ragione sub b).
A fondamento della rilevata inammissibilita’ della tesi difensiva in esame soccorre il principio costantemente ripetuto da questa Corte secondo cui nel caso in cui venga impugnata con ricorso per Cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su piu’ ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, e’ necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso sia accolto nella sua interezza, affinche’ si compia lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale mira alla cassazione della sentenza, ossia di tutte le ragioni che autonomamente la sorreggono. E’ sufficiente, pertanto, che anche una sola delle ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola di esse, perche’ il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, l’esame delle censure che investono una ulteriore “ratio decidendi”, giacche’ pur se esse fossero fondate, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza.
Va altresi’ aggiunto – con riferimento alla sollevata eccezione di decadenza dall’azione per vizi – che, come e’ noto e piu’ volte affermato da questa Corte, in tema di contratto preliminare, la consegna dell’immobile oggetto del contratto effettuata prima della stipula del definitivo non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi noti, ne comunque quello di prescrizione, perche’ l’onere della tempestiva denuncia presuppone che sia avvenuto il trasferimento del diritto. Ne consegue che, nel caso del promissario acquirente che sia stato anticipatamente immesso nella disponibilita’ materiale del bene, l’esistenza di vizi non considerati al momento della stipula del preliminare consente al predetto di agire in risoluzione dello stesso preliminare, perche’ l’obbligo assunto dal promettente venditore e’ quello di trasferire l’immobile esente da vizi che lo rendano inidoneo all’uso o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore; inoltre, il promissario acquirente ben puo’, a fronte del rifiuto del venditore a stipulare, optare per l’adempimento in forma specifica del preliminare ex art. 2932 c.c. agendo contemporaneamente con l’azione quanti minoris per la diminuzione del corrispettivo, senza che a detta facolta’ possa essere opposta la decadenza o la prescrizione (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 31/7/2006 n. 17304; 17/8/2005 n. 16969;
26/5/2004 n. 10148).
Patimenti palesemente infondata e’ la seconda censura sviluppata nel primo motivo di ricorso – concernente l’asserito prevalente inadempimento della C. – in relazione alla quale e’ sufficiente il richiamo al principio pacifico nella giurisprudenza di legittimita’ secondo cui nel caso di contrapposte domande di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare e di risoluzione di detto contratto per inadempimento, il giudice deve procedere ad una valutazione comparativa ed unitaria degli inadempimenti che le parti si sono reciprocamente addebitati al fine di stabilire se sussista l’inadempimento che legittima la risoluzione. Il relativo accertamento, effettuato sulla base della valutazione dei fatti e delle prove acquisite, e’ rimesso al giudice del merito ed e’ incensurabile in cassazione se – come nella specie – la motivazione risulta immune da vizi logici o giuridici.
Nel caso in esame la corte di appello ha puntualmente proceduto ad un apprezzamento complessivo del comportamento delle parti ai fine di stabilire la sussistenza o meno di quell’inadempimento che giustifica la pronuncia di risoluzione giungendo alla conclusione all’esito dell’approfondita e dettagliata indagine di fatto alla luce delle risultanze istruttorie – che correttamente e legittimamente la promissaria acquirente aveva invocato l’art. 1460 c.c. ed aveva rifiutato di pagare il prezzo residuo nonche’ di stipulare il contratto definitivo per essersi il promettente alienante reso inadempiente avendo consegnato un immobile risultato affetto da gravi difetti.
La corte territoriale e’ giunta alla riportata conclusione con corretto apprezzamento di merito (dopo aver proceduto ad un attento e meticoloso esame delle risultanze istruttorie) sorretto da motivazione ineccepibile e da argomenti congrui e coerenti ed ha dato conto delle proprie valutazioni esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento. Alle dette valutazioni il ricorrente contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilita’ di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non e’ certo consentito discutere in questa sede di legittimita’, cio’ comportando un nuovo esame del materiale delibato che non puo’ avere ingresso nel giudizio di cassazione.
Inammissibilmente il ricorrente prospetta una diversa lettura delle risultanze istruttorie e del quadro probatorio, dimenticando che l’interpretazione e la valutazione delle risultanze processuali sono affidate al giudice del merito e costituiscono accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimita’: la sentenza impugnata non e’ suscettibile di cassazione per il solo l’atto che gli elementi considerati siano, secondo l’opinione di parte ricorrente, tali da consentire una diversa valutazione conforme alla tesi da essa sostenuta.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2932, 1353, 2643 e 2644 c.c., nonche’ vizi di motivazione, deducendo che la corte di appello ha errato:
a) nel condizionare la sentenza al pagamento da parte della C. della differenza di prezzo mentre, come e’ noto, nell’azione ex art. 2932 c.c. l’offerta da parte dell’attore della propria prestazione deve essere reale;
b) nell’ordinare comunque la trascrizione della sentenza stessa.
Per contro chi domanda l’esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare deve necessariamente offrire la propria controprestazione. La C. invece non ha mai offerto alcunche’ (neppure la differenza del prezzo come ridotto), in ogni caso la sentenza costitutiva non si puo’ trascrivere sino a che non diventa definitiva. Comunque, anche ove si volesse ammettere l’immediata trascrizione della sentenza costitutiva non definitiva, non potrebbe ammettersi trascrizione se – come appunto nella specie – essa sia condizionata. La corte di appello non ha risposto a queste censure che erano state gia’ mosse con l’atto di appello. La C. ha cosi’ ottenuto la trascrizione della sentenza immediatamente pur senza pagare la differenza di prezzo.
Anche questo motivo non puo’ essere accolto posto che il giudice di appello – al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente si e’ ineccepibilmente mosso nel quadro giuridico che in materia e’ consentito tracciare uniformandosi al principio costantemente affermato da questa Corte secondo il quale nel caso in cui (come appunto nella specie) le parti di un contratto preliminare di vendita immobiliare abbiano convenuto che il pagamento del residuo prezzo debba essere effettuato all’atto della stipulazione del contratto definitivo, l’offerta di cui all’art. 2932 c.c., comma 2 e’ da ritenersi soddisfatta con la domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, essendo tale offerta necessariamente implicita nella domanda, cosi’ che, in detta ipolesi, deve senz’altro essere emessa la sentenza produttrice degli effetti del contratto non concluso, ed il pagamento del residuo prezzo deve essere imposto come condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo derivante dalla pronuncia del giudice. Pertanto il contraente che (come la C.) chieda, a norma dell’art. 2932 c.c. l’esecuzione specifica di un contratto preliminare di vendita, e’ tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico od a farne offerta nei modi di legge se tale prestazione sia gia’ esigibile al momento della domanda giudiziale mentre non e’ tenuto a pagare il prezzo quando, in virtu’ delle obbligazioni nascenti dal preliminare, il pagamento del prezzo (o della parte residua) risulti dovuto (come nel caso in esame) all’atto della stipulazione del contratto definitivo.
Occorre altresi’ osservare che questa Corte ha gia’ altre volte riconosciuto l’autonomia della domanda di riduzione del prezzo avendo affermalo che nel contratto preliminare di vendita, nel caso che la cosa sia affetta da vizi, il promissario acquirente che non voglia domandare la risoluzione del contratto, puo’ agire contro il promittente per l’adempimento, chiedendo, anche disgiuntamente dall’azione prevista dall’art. 2932 c.c., l’eliminazione dei vizi, oppure, in alternativa, la riduzione del prezzo; tali due azioni, infatti, mirando entrambe ad assicurare, in modo alternativo tra loro, il mantenimento dell’equilibrio del rapporto economico di scambio previsto dai contraenti, costituiscono mezzi di tutela di carattere generale che, in quanto tali, devono ritenersi utilizzabili anche per il contratto preliminare, non rinvenendosi nel sistema positivo, ne’ in particolare nel disposto dell’art. 2932 c.c., ragioni che impediscano di estendere anche a tale tipo di contratto la tutela stabilita a favore della parte adempiente dai principi generati in tema di contratti a prestazioni corrispettive. La pronunzia del giudice assume in tal caso la funzione di un legittimo intervento riequilibrativo delle contrapposte prestazioni, rivolto ad assicurare che l’interesse del promissario acquirente alla sostanziale conservazione degli impegni assunti non sia eluso da fatti ascrivibili al promittente venditore.
La decisione impugnata e’ in piena sintonia con i principi enunciati e pertanto si sottrae ai rilievi critici sviluppati nel motivo di ricorso in esame.
Per quanto riguarda infine la parte del motivo in esame relativa alla trascrizione della trascrizione della sentenza e’ evidente che la censura al riguardo mossa dal ricorrente e’ frutto di una non attenta lettura e di una non corretta interpretazione della sentenza di primo grado – confermata dalla corte di appello – con la quale e’ stata disposta la trascrizione della sentenza ex art. 2643 c.c. subordinatamente “al pagamento in favore del convenuto della somma di Euro 59392,54 cosi’ ridotto il prezzo del contratto preliminare *****.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 200,00, oltre Euro 3.500,00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2010