Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.48 del 05/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

S.F., elett.te dom.to in Roma, al Viale del Vignola n. 5, presso lo studio dell’avv. Livia Ranuzzi, rapp.to e difeso dall’avv. Quercia Luigi, giusta procura in atti;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 56/2007/01 depositata il 18/7/2007;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 1/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. VELARDI Maurizio che ha concluso aderendo alla relazione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da S.F. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dall’Ufficio contro la sentenza della CTP di Bari n. 117/05/2006 che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento n. ***** per irpef 1999. L’Agenzia delle Entrate propone tre motivi di ricorso;

resiste con controricorso il contribuente. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza dell’1/12/2009 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29, D.P.R. n. 600 del 1937, art. 40, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5. La CTR avrebbe erroneamente omesso di disporre la riunione tra le separate impugnative degli avvisi di accertamento di rettifica del reddito d’impresa e del reddito di partecipazione, proposte dai soci e dalla società a ristretta base azionaria.

La censura è inammissibile sia in quanto alla mancata riunione non conseguono effetti negativi in ordine ai provvedimenti conclusivi dei (rispettivi) procedimenti, atteso che le cause mantengono la loro individualità (anche all’esito dell’eventuale riunione); sia per carenza di interesse della ricorrente, in quanto la decisione oggetto di ricorso risulta adottata dopo il rigetto dell’appello proposto dall’Ufficio relativamente all’avviso di accertamento del reddito societario.

Con secondo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. La decisione sarebbe “errata” in quanto priva di motivazione.

La censura è inammissibile in quanto il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. è privo della riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, della sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Sez. 3, Ordinanza n. 19769 del 17/07/2008).

La censura è altresì infondata alla luce del principio (Cass. 16/1/2009, n. 979) seconda cui la motivazione della sentenza “per relationem” è ammissibile, dovendosi giudicare la sua completezza e logicità sulla base degli clementi contenuti nell’atto al quale si opera il rinvio – altra sentenza ben identificata – e che, proprio in ragione del rinvio, diviene parte integrante dell’atto rinviante.

Con terzo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 5 e 67 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La CTR avrebbe erroneamente ritenuto che la operatività della presunzione di cui all’art. 5 TUIR si traduce nella violazione del divieto di doppia imposizione.

La declaratoria di inammissibilità del secondo motivo di ricorso comporta la inammissibilità del terzo motivo di ricorso essendo la sentenza fondata su due distinte rationes decidendi (annullamento dell’avviso di accertamento n. ***** ed illegittimità della doppia imposizione conseguente ai provvedimenti di accertamento), di talchè la sentenza stessa rimane ferma sulla base dell’argomento la cui censura risulta inammissibile (ex plurimis, Cass. n. 2127 del 2006; n. 1526 del 2006; n. 2273 del 2005; n. 5888 del 2004).

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dello S., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dello S., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2010

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