LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 24846/2006 proposto da:
D.S.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FERRANTE Mariano (avviso postale Via Parrocchia n. 10 –
80036 Palma Campania), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. da 53128/04 a 53145/04 R.A.D. della CORTE D’APPELLO di ROMA del 6/06/05, depositato il 09/09/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/04/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. PIETRO ABBRITTI che ha concluso visto l’art. 375 c.p.c., per l’accoglimento del ricorso in oggetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La corte d’appello di Roma con decreto del 9 settembre 2005 ha rigettato il ricorso proposto da D.S.A.M. diretto a ottenere l’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001, per l’irragionevole durata di una causa previdenziale iniziata davanti al giudice del lavoro di Nola con ricorso del gennaio del 2000 definito con sentenza del 20 maggio 2004, osservando che rispetto a una durata complessiva di quattro anni, il ritardo irragionevole è stato di un solo anno e che la domanda aveva ad oggetto somme di denaro di importo modesto. Per la cassazione di tale decreto la D.S. ha proposto ricorso per cassazione, al quale resiste il Ministero della giustizia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta che la corte territoriale:
1) abbia erroneamente escluso il pregiudizio morale per la modestia della posta in gioco e la lieve entità del ritardo;
2) abbia erroneamente determinato in tre anni, invece che in ventiquattro mesi la ragionevole durata del giudizio e abbia rigettato la richiesta di condanna al pagamento del bonus di Euro 2.000,00.
2. Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione.
Il diritto all’equa riparazione non poteva infatti essere escluso per la mancanza di prova del pregiudizio morale derivante dalla modesta entità della “posta in gioco” e la lieve entità del ritardo irragionevole.
Con sentenza delle sezioni unite del 26 gennaio 2004, n. 1338, si è ribadito che il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e, pertanto, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, secondo le norme della L. n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente. Nè la indennizzabilità del danno di cui si tratta può essere esclusa sul rilievo dell’esiguità della posta in gioco nel processo presupposto, in quanto l’ansia ed il patema d’animo conseguenti alla pendenza del processo si verificano anche nei giudizi in cui la posta in gioco è esigua, onde tale aspetto può avere solo un effetto riduttivo dell’entità del risarcimento, ma mai escluderlo totalmente. Analogamente la lieve entità del ritardo influisce sulla liquidazione dell’indennizzo ma non è idonea ad escluderlo del tutto. Infondate sono invece le altre censure.
La corte territoriale non si è discostata dai parametri utilizzata dalla CEDU per determinare la ragionevole durata dei giudizi.
Non merita accoglimento la censura di mancata liquidazione del bonus di Euro 2.000,00 indicato, per le controversie della stessa natura di quella di cui si tratta dalla sent. CEDU Zullo c. Italia del 10 novembre 2004, trattandosi di censura al mancato esercizio di poteri discrezionali.
Accolto il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, può procedersi alla decisione nel merito del ricorso ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatto essendo richiesto. Infatti, la liquidazione dell’equa riparazione può essere effettuata sulla base dello standard minimo di Euro 1.000,00 per anno di ritardo applicato dalla corte europea, in quanto nessun argomento del ricorso impone di derogare in melius, e, pertanto, si deve riconoscere all’istante un indennizzo complessivo pari a Euro 1.000,00.
Quanto alle spese dell’intero giudizio, mentre vanno liquidate interamente quelle del giudizio di merito, attesa la parziale soccombenza, possono compensarsi sino alla metà quelle del giudizio di legittimità.
PQM
La corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna il Ministero della giustizia al pagamento di Euro 1.000,00 oltre alle spese del giudizio di primo grado che liquida in Euro 905,00 (Euro 100,00 per esborsi, Euro 385,00 per diritti ed Euro 420,00 per onorari); condanna l’amministrazione convenuta al pagamento delle spese del giudizio legittimità, previa compensazione fino alla metà, con Euro 50,00 per esborsi ed Euro 400,00 per onorari. Le spese del giudizio di merito e di quello di legittimità dovranno essere distratte in favore dell’avv. Mariano Ferrante che si dichiara antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi, Sezione Prima Civile, il 29 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2010