Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.499 del 14/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20730/2008 proposto da:

N.F., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati SODANO Raffaele, IORIO FRANCESCO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in Persona Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO Alessandro, NICOLA VALENTE, SERGIO PREDEN, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5471/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del 22/09/06, depositata l’01/08/2007;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

MOTIVI La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c..

La Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da alcuni lavoratori, tra cui N.F., contro l’Inps, diretta al riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva per esposizione ultradecennale all’amianto, L. n. 257 del 1992, ex art. 13, comma 8, in relazione all’attività lavorativa svolta alle dipendenze della s.n.c. Emilio Vecchione e figli. Per quanto ancora rileva, la Corte riteneva che le certificazioni allegate agli atti non spiegavano utili, effetti probatori ai fini di causa, in quanto il nulla osta e le attestazioni successive erano relative alla procedura, svoltasi nel 1996, di smaltimento della copertura del capannone adibito ad officine meccaniche della ditta suindicata. Era risultato il rispetto dei limiti di legge quanto alla concentrazione di fibre di amianto aerodisperse e peraltro non constava che durante il periodo in questione gli attori avessero continuato a lavorare presso i capannoni. Per il periodo anteriore mancava ogni prova circa la diffusione di fibre di amianto nell’aria, vuoi provenienti dalle coperture, vuoi dalle lavorazioni espletate.

Il N. propone ricorso per cassazione. L’Inps resiste con controricorso.

I motivi di ricorso sono in parte manifestamente infondati e in parte inammissibili.

E’ inammissibile il primo motivo, con cui, denunciandosi violazione dell’art. 327 c.p.c., si lamenta il mancato rilievo della tardività dell’appello. Esso è formulato in termini generici, senza la completa indicazione dei dati eventualmente rilevanti e senza la formulazione del necessario conclusivo quesito di diritto. Peraltro dagli atti disponibili risulta esclusa la violazione del termine c.d.

lungo, annuale, di impugnazione, evincendosi dagli stessi che nel 2003 è avvenuto sia il deposito della sentenza di primo grado che l’iscrizione a ruolo del giudizio di appello.

Sono manifestamente infondati i successivi due motivi che attengono in sostanza alla prova della esposizione all’amianto. La puntuale motivazione al riguardo della sentenza impugnata non risulta adeguatamente censurata, in quanto, sulla base del solo dato della presenza di una copertura del capannone con materiale contenente amianto, si sostiene apoditticamente che sia intervenuta la violazione di numerose norme e principi relativi alla protezione della salute dei lavoratori, in particolare dalla esposizione dalle fibre di amianto, senza censurarsi adeguatamente i rilievi del giudice di merito sulla mancanza totale della prova della esposizione dei lavoratori, e in particolare dell’attuale ricorrente, a fibre di amianto aerodisperse.

Il ricorso deve quindi essere rigettato. Non deve disporsi per le spese del giudizio, ex art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, non applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2010

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