LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 2389/2009 proposto da:
B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv. LOJODICE Oscar, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati TADRIS Patrizia e CORETTI ANTONIETTA, giusta delega in calce al ricorso notificato;
– resistente –
avverso la sentenza n. 985/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI dell’8.4.08, depositata il 12/04/2008.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO.
FATTO E DIRITTO
Nella causa promossa da B.M. contro l’Inps per la riliquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola per l’anno 2003, la Corte di Appello di Bari, con sentenza depositata il 12.4.2008, accogliendo in parte l’appello proposto dal B. contro la sentenza del Tribunale di Trani, ha condannato l’ìnps a corrispondere all’appellante gli interessi anatocistici sugli interessi liquidati dal Tribunale; ha condannato l’Istituto a pagare all’appellante le spese del primo grado, liquidate in Euro 435,57 (di cui Euro 65,57 per diritti ed Euro 370,00 per onorari), ritenuto il valore della controversia non superiore ad Euro 285,23; ha compensato le spese del giudizio di appello, vista la natura della controversia e l’unicità delle questioni proposte.
Avverso detta sentenza B.M. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi con i quali ha denunciato: 1) violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost., degli artt. 91, 92 e 93 c.p.c., e vizi di motivazione per avere il giudice di appello compensato le spese di secondo grado senza adeguata motivazione; 2) violazione delle norme di legge sopra citate, nonchè degli artt. 112 e 115 c.p.c., oltre che vizi di motivazione, per avere il giudice di appello ritenuto la causa di valore non superiore ad Euro 285,23 nonostante la sentenza di primo grado fosse di condanna generica, senza calcolare nel valore della causa gli interessi anatocistici e senza condannare la parte alle spese generali.
L’Inps non si è costituito.
Il primo motivo è infondato. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 20598 del 30.7.2008, componendo un contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità, e con riferimento al regime delle spese anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2 (che ha modificato il secondo comma dell’art. 92 richiedendo una “esplicita” motivazione della compensazione), hanno affermato il principio che il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per “giusti motivi” deve trovare nella sentenza un adeguato supporto motivazionale, anche se a tal fine non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, purchè tuttavia le ragioni giustificatrici di esso siano chiaramente e inequivocabilmente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito; in particolare l’obbligo del giudice di dare conto delle ragioni della compensazione totale o parziale delle spese dovrà ritenersi assolto, oltre che in presenza di argomenti specificamente riferiti a detta statuizione, anche quando le argomentazioni svolte per la statuizione di merito contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare le regolazione delle spese adottata.
Nella valutazione delle Sezioni Unite, la norma di legge che prevede la possibilità per il giudice di compensare in tutto o in parte le spese del giudizio in caso di reciproca soccombenza o per altri giusti motivi discrezionalmente valutabili, prevista dal testo originario dell’art. 92 c.p.c., comma 2, e confermata dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, non suscita dubbi di incostituzionalità non comportando alcuna inammissibile compressione dei diritti di difesa, ma resta un legittimo potere del giudice vincolato soltanto dall’obbligo di adeguata motivazione.
Sulla scorta di questi principi enunciati dalle Sezioni Unite, dai quali il Collegio non intende discostarsi, deve ritenersi che il provvedimento di compensazione delle spese del giudizio di secondo grado sia adeguatamente motivato con il riferimento al parziale accoglimento dei motivi di appello, sia con riferimento alla liquidazione delle spese di primo grado che alla domanda di interessi anatocistici.
Il secondo motivo è parimenti infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato che affinchè una causa possa ritenersi di valore indeterminabile ai fini della liquidazione delle spese del giudizio, non è sufficiente che sia stata richiesta una condanna generica sull’an, potendo ravvisarsi indeterminabilità soltanto quando la controversia non sia suscettibile di valutazione economica (cfr. Cass. n. 7757/1999, Cass. n. 1118/1985, Cass. n. 8074/2009).
Quanto alla mancata considerazione degli interessi anatocistici, la censura è generica ed irrilevante, non avendo il ricorrente specificato di quanto sarebbe aumentato il valore della causa e quale sarebbe stata la tariffa applicabile.
Parimenti irrilevante è la mancata specificazione delle spese generali, poichè queste competono anche in mancanza di indicazione nel dispositivo (vedi Cass. n. 146/2006).
In definitiva il ricorso è manifestamente infondato e deve essere respinto. Nulla per le spese di questo giudizio poichè l’Inps non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2010