Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.527 del 15/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. SETTIMJ Giovanni – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20001/2006 proposto da:

COMUNE DI CASTELMARTE (*****), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIGLI 124, presso lo studio dell’avvocato FERRARI Luigi, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARELLI ALESSIA, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.F. (*****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSTRIANA 12, presso lo studio dell’avvocato DU BESSE’

Francesco, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROCCHETTI MICHELE, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI COMO, M.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 127/2005 della GIUDICE DI PACE di ERBA, depositata il 17/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 24/11/2009 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l’ago, nel merito rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.F. proponeva opposizione, ai sensi della L. n. 698 del 1981, avverso l’ordinanza ingiunzione del sindaco di Castelmarte, con cui gli si imponeva la rimozione di un vaso contenente una pianta e di un cartello stradale di divieto di accesso; a tanto resisteva il Comune e il giudice di pace di Erba, rigettata una eccezione di difetto di giurisdizione proposta dallo stesso Ente territoriale, e riunito il ricorso ad altro proposto da M.S. avverso un verbale concernente violazione del Codice della Strada, con sentenza in data 6/17.5 2005, accoglieva le opposizioni, quanto alla prima solo relativamente alla rimozione del vaso, e regolava le spese.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di due motivi, con il primo dei quali si prospetta una eccezione di difetto di giurisdizione, ed illustrati anche con memoria, il Comune di Castelmarte; resiste con controricorso M.F., mentre l’altro intimato non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente rilevato che nè il Comune ricorrente, nè M.S., che non ha preso parte al presente giudizio, hanno proposto censura alcuna avverso la pronuncia con cui era stata accolta, con la sentenza impugnata, l’opposizione proposta dal predetto soggetto privato avverso il verbale attinente a violazione del Codice della strada proposta dal predetto S., per cui la sentenza impugnata al riguardo deve essere considerata come passata in giudicato sul punto.

Venendo all’eccezione preliminare di inammissibilità del controricorso di M.F. per tardività, devesi rilevare che la stessa non può trovare accoglimento in ragione del fatto che il ricorso risulta notificato a mezzo del servizio postale il 24.6. 2006, e che pertanto il termine per il deposito dello stesso scadeva il 14.7 dello stesso anno; orbene il controricorso doveva essere depositato entro venti giorni dalla data di deposito e pertanto il 3.8.2006; in applicazione della sospensione dei termini durante il corso del periodo feriale, il controricorso risulta correttamente notificato il 14.9.2006 e pertanto nei termini.

L’eccezione non può pertanto trovare accoglimento.

Con il primo motivo si lamenta carenza di giurisdizione dell’AGO e conseguente inammissibilità dell’opposizione in ragione del fatto che l’ordinanza ingiunzione disponeva la rimozione di un vaso di plastica posto asseritamente in luogo pubblico e che pertanto non rientrava tra i provvedimenti compresi nell’ambito applicativo della L. n. 689 del 1981, art. 22, cosa questa che, alla luce del dettato del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, comportava, trattandosi di materia urbanistica, la giurisdizione dell’AGA. Il motivo non è fondato: la giurisprudenza di questa Corte ha consolidatamente ritenuto che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario l’opposizione avverso l’ordinanza del Sindaco che imponga la rimozione di materiale abbandonato in luogo pubblico, con ripristino dello stato dei luoghi, atteso che tanto coinvolge il diritto soggettivo del privato a non sottostare ad una pretesa della P.A. che si assume non dovuta (cfr. Cass. SS. UU. 10.6.2004, n 11022); attesa la sostanziale convergenza delle due situazioni, va anche rilevato che l’esistenza non contestata di una controversia concernente lo stato dei luoghi, donde la esistenza di una situazione di contrasto circa l’effettiva natura, pubblica o privata, del luogo ove il vaso con la pianta era stato posto, comporta la concreta possibilità della sussistenza di un diritto soggettivo del privato stesso a disporre di quel sito, donde la giurisdizione dell’AGO, cosa questa che comporta la reiezione del motivo di ricorso in esame, attinente al preteso difetto di giurisdizione in capo al giudice adito.

Con il secondo motivo si lamenta vizio di contraddittoria motivazione relativamente alla titolarità dell’area in cui era installato il vaso contenente la pianta di che trattasi, in ragione del fatto che il primo giudice si sarebbe rifatto alle conclusioni del CTU, che, ad avviso del Comune ricorrente, erano invece di segno opposto, mentre, a prescindere dalla titolarità dell’area in questione, comunque il Comune doveva garantire l’accesso ai propri uffici, che quel vaso quanto meno ostacolava.

A parte la considerazione secondo cui nella specie, relativamente alla possibilità di accesso agli uffici comunali, si tratta di una quaestio facti, come tale inammissibile nella presente sede di legittimità, devesi rilevare che il motivo pecca comunque di genericità per un verso e di autosufficienza per un altro, atteso che il riportare, sia pure virgolettate, alcune espressioni adottate dal CTU, con l’inserimento nel corpo della frase di puntini sospensivi non consente di valutare compiutamente il senso dell’opinione del consulente e pertanto di vagliare la pretesa contraddittorietà della motivazione.

Anche tale motivo deve essere pertanto respinto e, con esso il ricorso; le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010

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