Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.528 del 15/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente di sezione –

Dott. PAPA Enrico – Presidente di sezione –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3128/2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. (*****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso lo studio dell’avvocato URSINO Anna Maria, che la rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.C., B.A., B.F., nella qualità di eredi di B.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 37/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 25/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2009 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Catanzaro con sentenza depositata il 25.1.2006 confermava la sentenza con cui il Tribunale di Cosenza aveva accolto la domanda proposta da B.G. contro la s.p.a. Poste Italiane, diretta al riconoscimento, all’atto della cessazione dal servizio, del beneficio, previsto a favore degli ex combattenti e soggetti assimilati dalla L. n. 336 del 1970, art. 2, comma 2, e consistente nel conferimento della qualifica professionale immediatamente superiore a quella posseduta.

Quanto alla eccezione, riproposta dalla ex datrice di lavoro, di difetto di giurisdizione e di difetto di legittimazione passiva, la Corte osservava che il beneficio in questione, pur comportando un più favorevole trattamento pensionistico, ha diretta incidenza sul rapporto di lavoro, rispetto a cui sussisteva la giurisdizione del giudice ordinario. Al riguardo rilevava anche che la domanda di riconoscimento del beneficio era stata avanzata dal dipendente in data 3.1.1996 e quindi prima della cessazione dal servizio, avvenuta il 26.10.1996.

Nel merito, non riteneva ostativa alla applicabilità del beneficio nè la circostanza che la contrattazione collettiva aveva immutato la disciplina dell’inquadramento del personale delle Poste, introducendo la classificazione per aree funzionali, nè il fatto che nella specie si verificherebbe il passaggio dell’interessato dall’area operativa all’area quadri. In effetti, secondo la Corte d’appello, la norma relativa ai benefici combattentistici, sebbene formulata con riferimento alla tradizionale strutturazione del personale statale in carriere e qualifiche, può considerarsi destinata ad operare anche in riferimento a ordinamenti sulla classificazione del personale di nuovo tipo, qualora gli stessi consentano, come richiesto dalla legge, il riconoscimento della qualifica superiore a quella di inquadramento dell’interessato. Con riferimento ai dipendenti delle Poste doveva osservarsi che il c.c.n.l. 26.11.1994, che aveva sostituito l’originaria classificazione del personale introducendo le aree funzionali, non si poneva in termini di incompatibilità con la L. n. 336 del 1970, art. 2, dato che il contratto stesso consentiva al personale il passaggio da una delle aree (di base, operativa, quadri 1^ e quadri 2^) a quella superiore, sia pure attraverso l’accertamento dei requisiti richiesti e la presenza delle necessarie capacità e competenze. In particolare era previsto l’accesso all’area quadri 2^ dall’area operativa, non essendo neppure richiesto, come in caso di accesso dall’esterno, il possesso della laurea o del titolo di scuola media superiore, atteso l’esplicito riferimento al curriculum.

Le Poste Italiane s.p.a. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi (di cui il terzo recante tre rubriche). Poichè il ricorso risultava notificato a mani di dipendente del difensore domiciliatario della controparte nel giudizio di appello, ma quest’ultimo aveva fatto pervenire comunicazione con cui faceva presente e documentava che la parte era deceduta dopo il deposito della sentenza, questa Corte, rilevata la nullità del ricorso, ne ordinava la rinnovazione mediante notifica agli eredi della parte deceduta. Eseguito i tempestivamente l’adempimento, gli intimati non si costituivano.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1214 del 1934, artt. 13 e 62 e della L. n. 71 del 1994, art. 6, comma 7, ripropone la tesi del difetto di giurisdizione del giudice ordinario, osservando che il giudice d’appello non aveva considerato che i benefici derivanti dalla L. n. 336 del 1970, sono riconoscibili solo all’atto del collocamento a riposo e quindi incidono sul trattamento pensionistico e non anche sul concluso rapporto di lavoro.

Il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 71 del 1994, art. 6, comma 7, ripropone l’eccezione di difetto di legittimazione passiva. Si sostiene che l’unico interlocutore valido rispetto alla domanda proposta era l’Istituto postelegrafonico, cui la disposizione citata demanda l’erogazione del trattamento di quiescenza del personale in servizio presso l’Ente Poste italiane.

Questi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro connessione. Gli stessi sono infondati alla luce del consolidato orientamento della Corte, secondo cui il beneficio previsto dalla della L. 24 maggio 1970, n. 336, art. 2, comma 2, a favore agli ex combattenti ed assimilati, del conferimento (ai fini della liquidazione della pensione e della indennità di buonuscita e di previdenza, come indicato nel primo comma) della qualifica o classe di stipendio immediatamente superiore a quella possedutala incidenza diretta sul rapporto di lavoro, pur comportando un più favorevole trattamento pensionistico, e quindi la relativa controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (in caso di rapporti di lavoro privatizzati e ricadenti in tale giurisdizione) e non a quella della Corte dei Conti (Cass. S.U. n. 11864/1991, 1011/1993, 10432/1994). E’ evidente, d’altra parte, che le ragioni di tale giurisprudenza comportano la legittimazione passiva del soggetto datore di lavoro.

Il terzo motivo denuncia a) violazione e falsa applicazione della L. n. 336 del 1970, art. 2, comma 2, e della L. n. 824 del 1971, art. 3, comma 1; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 1363 c.c., in riferimento agli artt. 43 e 44 del c.c.n.l. 26.11.1994; c) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo.

Premesso che in base alle norme richiamate il beneficio della qualifica o classe di stipendio opera nel limitato ambito della carriera di appartenenza, e richiamate le linee della disciplina dell’inquadramento del personale introdotta dal suindicato contratto collettivo, e in particolare precisato che il passaggio da un’area all’altra può avvenire solo attraverso procedure di selezione volte ad accertare la sussistenza della capacità e attitudini necessarie allo svolgimento delle funzioni proprie dell’area superare, si sostiene che nell’ambito di questa disciplina il passaggio dall’area operativa – nell’ambito della quale il B. era inserito provenendo dalla qualifica pubblicistica più alta (la *****) confluita in detta area – a quella dei quadri integrerebbe un passaggio di carriera, non ammessa alla stregua dei benefici agli ex combattenti in questione.

Questo motivo si correla alla disciplina dettata dalla L. n. 9 ottobre 1971, n. 824, art. 3, commi 1 e 2, che, integrando la L. n. 336 del 1970, art. 2, ha precisato (al primo comma) che per qualifica o classe di stipendio immediatamente superiore “si intende quella eventualmente conferibile in relazione alla carriera di appartenenza, quale prevista dall’ordinamento generale della carriera stessa e dai contratti collettivi di lavoro, a sensi delle leggi vigenti e indipendentemente dal sistema di conferimento”, e ha fornito (con il comma secondo) la direttiva secondo cui “negli ordinamenti nei quali sia prevista la distinzione del personale in dirigenti, funzionari, impiegati e subalterni, per carriera di appartenenza si intende quella che si articola nei gradi conseguibili in ciascuno degli indicati gruppi”.

Anche su tale problematica sono intervenuti significativi chiarimenti da parte di questa Corte. Innanzitutto si è osservato che, essendo in questione un conferimento della qualifica superiore all’atto della cessazione del servizio e ai fini economici, è irrilevante il sistema previsto per il conferimento della stessa (per esempio, per esame) ed anche la mancanza della prevista specifica idoneità allo svolgimento delle mansioni proprie del nuovo inquadramento (Cass. n. 8607/1992 e 565/1994; Cass. S.U. n. 10432/1994). Più di recente, sulla stessa linea interpretativa, si è osservato che, ai fini in esame, è irrilevante anche la mancanza della specifica idoneità richiesta dalla normativa applicabile al personale delle Ferrovie dello Stato per lo svolgimento delle mansioni della qualifica superiore, nell’ambito di una disciplina che prevede l’inquadramento del personale in cinque aree funzionali e il passaggio da una all’altra previo superamento di corsi di formazione e conseguimento di specifica abilitazione (Cass. n. 1739/2006). Nella stessa occasione la Sezione lavoro ha rilevato che nella specie non costituiva elemento ostativo neanche il fatto che fosse implicato il passaggio all’area quadri, visto che il rapporto di lavoro relativo a tale area aveva pur sempre la disciplina tipica delle altre aree.

Nel caso in esame non vi è motivo di discostarsi da tale indirizzo interpretativo, dato che la stessa esposizione di cui al ricorso conferma la possibilità del passaggio dei dipendenti della società ricorrente da un area di inquadramento all’altra, sia pure attraverso procedure di selezione volte ad accertare la presenza delle capacità, potenzialità ed attitudini allo svolgimento delle funzioni dell’area superiore. Neanche si allegano diversità di disciplina contrattuale collettiva dell’area quadri, tali da delineare una carriera separata ai sensi della normativa sugli ex combattenti.

Pertanto anche il terzo motivo risulta infondato.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario.

Non deve provvedersi in ordine alle spese del giudizio, stante la mancata costituzione degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Nulla per le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010

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