LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – rel. Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul regolamento di competenza d’ufficio proposto dal Giudice di Pace di Roma, con provvedimento n. R. G. 22316/07 del 27/12/07, depositato il 28/12/07, nel procedimento pendente tra:
B.E.;
CONDOMINIO DI *****;
e contro
C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLA RICCIOTTI N. 9, presso lo studio dell’Avvocato COLACINO Vincenzo, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce alla memoria di costituzione;
– resistente –
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/11/2009 dal Presidente Relatore Dott. SETTIMJ Giovanni;
udito l’Avvocato Vincenzo Colacino, difensore del resistente che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. SORRENTINO Federico, che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
FATTO E DIRITTO
Il Giudice di Pace di Roma ha proposto istanza per regolamento di competenza d’ufficio nella causa introdotta da B.E., C.M. ed altri contro il Condominio Via ***** per l’annullamento di deliberazione condominiale che, modificando il preesistente status d’un’area comune adibita a parcheggio, ha previsto per detta area l’installazione d’una sbarra preclusiva dell’accesso ai non condomini, così impedendo l’utilizzazione del parcheggio ai clienti dei negozi che si aprono sull’area stessa, con lesione dei diritti dei condomini proprietari dei locali commerciali.
La causa, introdotta innanzi Tribunale di Roma, era stata in tale sede ritenuta di competenza del Giudice di Pace, in quanto avente ad oggetto misura e modalità d’uso dei servizi di condominio.
Il G.d.P. istante ha, viceversa, ritenuto che, nella specie, la deliberazione impugnata incidesse, modificandole, sulle modalità dell’uso non di servizi bensì di una porzione comune dell’edificio condominiale, donde la competenza del Tribunale originariamente adito e la ragione della proposta istanza di regolamento d’ufficio.
C.M. ha depositato memoria adesiva.
L’istanza è fondata, se pur ne va corretta, in parte, ed integrata la sin troppo sintetica motivazione.
Per consolidata giurisprudenza, le cause relative alle modalità d’uso dei servizi condominiali, rimesse ex art. 7 c.p.c. alla competenza per materia del giudice di pace, sono quelle che riguardano i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione, id est le modalità con le quali dev’essere esercitata l’utilizzazione non solo dei servizi condominiali in senso tecnico, ma anche delle cose comuni ex art. 1117 c.c. – quale, appunto, nel caso di specie, l’area destinata a parcheggio – nel rispetto della parità di godimento da parte di tutti i condomini, salva la proporzionalità in ordine ad alcuni beni con riferimento alle rispettive quote, secondo quanto stabilito dagli artt. 1102 e 1118 c.c.; mentre le cause relative alla misura di detti servizi sono quelle riguardanti una limitazione o riduzione quantitativa del diritto dei singoli condomini.
Ne vanno tenute distinte le controversie che vedono messo in discussione il diritto stesso del singolo condomino ad un “determinato uso”, della cosa comune e che, quindi, rimangono soggette agli ordinari criteri della competenza per valore, onde esulano dalla predetta competenza per materia del G.d.P. le cause nelle quali si controverta dell’esistenza stessa del diritto all’uso o ad un “determinato uso” del bene o del servizio comune, cause che restano attribuite al giudice competente secondo gli ordinari criteri del valore di esse (Cass. 18.1.07 n. 1122, 15.12.06 n. 26857, 25.2,05 n. 4030, 29.8.03 n. 12718, 19.11.01 n. 14527, 5.1.00 n. 25, 23.10.93 n. 10519).
Peraltro, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., la determinazione della competenza va operata con riferimento alla prospettazione della domanda fatta dall’attore, indipendentemente dalla sua fondatezza (Cass. 18.1.07 n. 1122 e 15.12.06 n. 26857 in casi analoghi; 12.7.05 n. 14572; 6.8.04 n. 15300, 27.2.04 n. 4112, 10.1.00 n. 152; 23.6.99 n. 6404, 28.9.94 n. 7888).
Il criterio principale e fondamentale per la determinazione della competenza è quello dell’individuazione degli elementi oggettivi, petitum e causa pretendi, alla stregua del contenuto della domanda, anche se, nei casi in cui la relativa formulazione sia poco chiara o sussista incertezza in ordine agli elementi desumibili dall’atto introduttivo del giudizio, il giudice può, tenuto conto dell’eccezione formulata dal convenuto, ed assumere, ai sensi dell’art. 38 c.p.c., comma 3 sommarie informazioni al fine di integrare le risultanze degli atti.
L’individuazione del giudice competente, con criterio a priori, secondo la prospettazione fornita dall’attore in domanda, è espressamente prevista dall’art. 10 c.p.c.; ma la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che tale regola, pur essendo dettata ai fini della competenza per valore, costituendo espressione di un principio generale, deve applicarsi anche agli effetti di altri tipi di competenza (e pluribus, Cass. n. 15300/04, n. 821/97).
Nel caso di specie, dalla domanda introduttiva del giudizio di merito si evince chiaramente che i condomini dai quali è stata impugnata la deliberazione hanno contestato il diritto del condominio a mutare la destinazione originaria dell’area condominiale de qua da parcheggio del quale potevano usufruire anche i clienti dei negozi aventi accesso dall’area condominiale aperta al pubblico, a parcheggio limitato ai soli condomini, così imponendo una restrizione al particolare uso precedentemente effettuatone dai condomini proprietari dei detti locali adibiti a negozi con il consentire l’uso degli spazi di loro pertinenza ai rispettivi clienti, e lesione dei loro diritti sulla cosa comune.
Pertanto, i condomini attori avendo chiaramente lamentato, con l’atto di citazione, l’illegittimità della deliberazione, in quanto tale da comportare l’impossibilità d’esercitare appieno e come in precedenza il proprio diritto, chiedendone l’annullamento, la controversia, così come instaurata, atteneva alla sussistenza ed all’ampiezza del diritto posto a base della pretesa, e non alle concrete modalità, nell’ambito del condominio, dell’esercizio dello stesso, casi questi ultimi previsti dall’art. 7 c.p.c., comma 3, n. 2, nei quali l’intervento del giudice tende solo a sopperire alla mancanza di accordo al riguardo tra i condomini.
Ne consegue che erroneamente il Tribunale di Roma ha declinato la propria competenza e che innanzi allo stesso la causa va, pertanto, riassunta nel termine di cui in dispositivo.
condanna la parte intimata alle spese che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per onorari oltre gli accessori di legge.
Le spese, in fine, seguono la competenza.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie l’istanza di regolamento e, per l’effetto, dichiara la competenza del tribunale di Roma, innanzi al quale dispone riassumersi il giudizio nel termine di giorni novanta dalla comunicazione della presente ordinanza, e cui rimette la liquidazione delle spese della presente fase.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010