LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Z.F., nonche’ C.S., C.G., C.P., CO.GA., C.A., quali eredi di C.Q., rappresentati e difesi dall’Avv. Nannipieri Silvano per procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliati in Roma, via Baldo degli Ubaldi n. 66, presso lo studio dell’Avv. Simona Rinaldi Galicani;
– ricorrenti –
contro
B.E., nella qualita’ di erede di B.D., rappresentata e difesa dagli Avvocati Mezzetta Stefania e Stefano di Meo, per procura speciale a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliati in Roma, via G. Pisanello n. 2, presso lo studio dell’Avv. Di Meo;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1205/07, depositata in data 12 settembre 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12 novembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. PETITTI Stefano;
sentito, per la resistente, l’Avvocato Stefano Di Meo;
sentito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
che, con sentenza depositata in data 12 settembre 2007, la Corte d’appello di Firenze, decidendo sull’appello proposto da B. E., quale erede di B.D., avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Pisa – che, in accoglimento della domanda di C.Q. e di Z.F. aveva condannato B. D. a demolire le costruzioni erette sul confine – e in accoglimento del gravame, ha rigettato le domande proposte dagli attori – appellati;
che la Corte d’appello ha escluso la violazione dei diritti del proprietario confinante, dal momento che il Tribunale, nel condannare la B., aveva confuso il problema delle distanze tra edifici con quello della distanza degli edifici dal confine, applicando alla seconda situazione la disciplina della prima, giacche’ la previsione di cui all’art. 873 c.c. trova applicazione con riferimento alla distanza fra costruzioni e non a quella del manufatto dal confine quando, come nella specie, il fondo del vicino non sia edificato;
che, in ogni caso, ha osservato la Corte d’appello, le risultanze testimoniali confermavano che l’ultimazione dei lavori di costruzione era avvenuta prima di un ventennio dalla notificazione dell’atto di citazione;
che per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso Z.F., nonche’ C.S., C.G., C.P., CO.GA., C.A., quali eredi di C.Q., sulla base di tre motivi;
che B.E., nella qualita’, ha resistito con controricorso;
che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., e’ stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che e’ stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il precedente relatore designato, nella relazione depositata il 23 giugno 2009, ha formulato la seguente proposta di decisione:
“… Il ricorso puo’ essere deciso in Camera di consiglio, dovendo lo stesso dichiararsi inammissibile. La sentenza e’ fondata su una duplice ratio decidendo, atteso che la legittimita’ delle costruzioni realizzate dalla convenuta e’ basata sui seguenti rilievi:
1) la previsione di cui all’art. 873 c.c. trova applicazione con riferimento alla distanza fra costruzioni e non a quella del manufatto dal confine quando come nella specie il fondo del vicino non sia edificato;
2) in ogni caso era maturato il termine per l’usucapione del diritto di tenere i manufatti a distanza inferiore a quella legale.
Orbene, va esaminato prioritariamente il secondo motivo, che censura la sentenza impugnata laddove aveva riconosciuto l’acquisto per usucapione sulla base delle deposizioni testimoniali.
Il motivo e’ inammissibile, perche’ il quesito non e’ conforme alle prescrizioni dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 40 applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, secondo cui i motivi del ricorso per Cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilita’ (art. 375 c.p.c., n. 5) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4): occorre la separata e specifica formulazione di un esplicito quesito di diritto, che deve risolversi in una chiara, sintesi logico – giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa o affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (SU 23732/07): non puo’ infatti ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dall’esposizione del motivo di ricorso. In realta’ il quesito e’ assolutamente generico, perche’ non contiene riferimenti specifici ai termini della controversia in esame; in ogni caso il motivo si risolve nella censura dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie e della scelta degli elementi di prova riservati al giudice di merito, mentre semmai sarebbe stata necessaria la deduzione del vizio di motivazione per omesso esame di documenti decisivi.
Il primo motivo e’ assorbito in quanto i ricorrenti non hanno interesse a far valere la relativa doglianza tenuto conto che, se anche esso fosse fondata la relativa censura e si rivelassero percio’ erronee le ragioni poste a base delle statuizioni ivi censurate, la motivazione di cui e’ detto sopra sub al secondo motivo sarebbe di per se’ idonea a sorreggere la decisione.
Il terzo motivo e’ inammissibile, atteso che qualora il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena d inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: nella specie, manca la separata e specifica indicazione del fatto controverso e delle ragioni in base alle quali la motivazione sarebbe viziata …”;
che i ricorrenti hanno depositato memoria, contestando la proposta di decisione formulata dal relatore;
che non ricorrono le condizioni di evidenza decisoria che giustificano la trattazione del ricorso in Camera di consiglio;
che, pertanto, la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo, disponendosi la trattazione del ricorso in pubblica udienza presso la seconda sezione.
P.Q.M.
LA CORTE Rinvia la causa a nuovo ruolo, disponendo la trattazione del ricorso in pubblica udienza presso la seconda sezione.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010