Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.549 del 15/01/2010

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COINAR BRUNI SPA, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato BARUCCO FERDINANDO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELINI MASSIMO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA LILLAPLAST SPA, in persona del Curatore Fallimentare, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 68, presso lo studio dell’avvocato GAGLIARDINI ALESSANDRO, rappresentata e difesa dall’avvocato D’AGUANNO ANTONIO, giusta procura a margine della memoria difensiva, ed inoltre PRYLENE TRADING SRL in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONDOTTI 61/A, presso lo studio dell’avvocato FORNARO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce alla memoria;

– resistenti –

avverso l’ordinanza n. cron. 1167 del TRIBUNALE di CASSINO del 23/6/05, depositata il 24/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio.

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. La Coinar Bruni s.p.a. ha proposto istanza di regolamento di competenza avverso l’ordinanza del 24 giugno 2005, con la quale il Tribunale di Cassino, investito dalla Societa’ Prylene Trading s.r.l.

(con ricorso del 26 maggio 2002) di un’opposizione avverso l’esecuzione per rilascio di un immobile costituito da fabbricato industriale, minacciata dalla s.p.a. Coinar Bruni, quale aggiudicataria dello stesso per decreto di trasferimento del *****, emesso (a seguito di asta pubblica del *****) dal Giudice Delegato del Fallimento della Lillaplast s.r.l. – previa qualificazione dell’opposizione come opposizione di terzo ai sensi dell’art. 619 c.p.c. -, ha disposto, nel corso della fase di cognizione piena del giudizio, seguita a quella sommaria (nell’ambito della quale era stata disposta la sospensione dell’esecuzione forzata), la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c. del giudizio di opposizione – nel quale e’ stata evocata anche la curatela fallimentare – in attesa della definizione del giudizio pendente (al momento dell’adozione del provvedimento) in grado di appello dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, nel quale la stessa societa’ opponente, con atto del 21 settembre 1996, aveva convenuto dinanzi allo stesso Tribunale di Cassino la societa’ aggiudicataria e la curatela fallimentare per far dichiarare la nullita’ della vendita all’asta dell’immobile e dell’acquisto da parte della Coinar Bruni dello stesso, nonche’ l’estinzione di un preteso diritto di enfiteusi, di cui sarebbe stata effettiva titolare la societa’ fallita, essendo stata invece la proprieta’ del bene acquistata dalla stessa societa’ opponente con atto notarile del ***** per vendita effettuata dal R.mo Capitolo di *****, proprietario e concedente del detto diritto di enfiteusi, il quale, a dire della stessa opponente, era proprietario del bene fin dal 1859.

2. Avverso l’istanza di regolamento di competenza hanno svolto attivita’ difensiva con separate memorie sia la Prylene Trading s.r.l., sia il Fallimento della Lillaplast s.p.a., la quale, peraltro, ha aderito all’istanza.

Trattandosi di procedimento soggetto al regime anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, venivano richieste le conclusioni al Pubblico Ministero Presso la Corte ai sensi dell’ora abrogato art. 138 disp. att. c.p.c..

All’esito del loro deposito veniva fissata l’adunanza in Camera di consiglio, in vista della quale la parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. L’istanza di regolamento di competenza e’ fondata per ragioni che sostanzialmente coincidono con quelle prospettate dal Pubblico Ministero e che debbono rilevarsi d’ufficio nell’esercizio dei poteri della Corte di statuizione sulla ricorrenza di una situazione legittimante la sospensione.

Invero, la sospensione appare disposta con espressa invocazione della norma dell’art. 295 c.p.c., la quale invece, nella specie, non trovandosi il preteso giudizio pregiudicante in primo grado, bensi’ in grado di appello, non era applicabile.

L’esercizio di un potere di sospensione da parte del Tribunale sarebbe potuto avvenire, se del caso, solo ai sensi della diversa norma, di cui all’art. 337 c.p.c., comma 2, e, quindi, previa delibazione dell’autorita’ della sentenza pronunciata sul detto giudizio in primo grado dallo stesso Tribunale di Cassino (avanti al quale pendeva all’atto della proposizione del ricorso in opposizione e con riferimento al quale nel corso del relativo giudizio era stata rigettata l’istanza di riunione).

Sentenza emessa il 27 gennaio 2004 e che risulta aver rigettato la domanda della societa’ Prylene Trading s.r.l.

Il Tribunale avrebbe dovuto assumere, cioe’, come paradigma normativo per l’esercizio del potere di sospendere il giudizio di opposizione di terzo quello della norma dell’art. 337 c.p.c., comma 2, e, quindi, delibare la forza di convincimento della decisione resa in primo grado nell’altro giudizio quale presupposto per sospendere il giudizio ovvero non sospenderlo e proseguirlo.

A tali conclusioni si perviene sulla base del seguente principio di diritto: “Quando tra due giudizi esista rapporto di pregiudizialita’, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, e’ possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c., secondo 2, e non ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Ne consegue che se il giudice disponga la sospensione del processo ai sensi di tale ultima norma, il relativo provvedimento e’ di per se’ illegittimo, a prescindere da qualsiasi accertamento di merito circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialita’” (Cass. (ord.) n. 21924 del 2008).

2. E’ appena il caso di rilevare che, com’e’ stato gia’ ritenuto, la Corte, nella fattispecie, non puo’ scrutinare il provvedimento considerandolo, al di la’ della sua espressa qualificazione, come provvedimento emesso sostanzialmente ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2.

E’ stato, infatti, gia’ statuito il seguente principio di diritto:

“Quando la legge prevede un potere del giudice, il cui esercizio si deve concretare nell’adozione di un provvedimento avente la forma dell’ordinanza ed un determinato contenuto, l’adozione del provvedimento con quel contenuto e con l’espressa indicazione della sua pronuncia, ai sensi della norma che prevede il potere di emissione del provvedimento, comporta che, nel giudizio di impugnazione che sia previsto in ordine al provvedimento, il giudice dell’impugnazione debba scrutinare il provvedimento considerandolo pronunciato in forza dell’esercizio del potere previsto dalla norma indicata nel provvedimento, restando preclusa la possibilita’ di qualificarlo come provvedimento che avrebbe potuto o dovuto essere pronunciato ai sensi di altra norma, che pure preveda un potere di emissione di un provvedimento di analogo contenuto, ma basato su presupposti e ragioni diverse, salvo il caso in cui proprio queste ultime siano espressamente esplicitate nel provvedimento si’ da indurre a far ritenere che, al di la’ della formale invocazione di una norma, in realta’ il giudice abbia in concreto esercitato il potere previsto dall’altra (Principio enunciato dalla S.C. in sede di regolamento di competenza avverso pronuncia di sospensione del processo adottata ai sensi dell’art. 295 c.p.c., che il ricorrente pretendeva fosse considerata adottata ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2) (cosi’ Cass. (ord.) n. 15111 del 2007).

3. La rilevanza decisiva dei principi di diritto richiamati, concernendo l’astratta ricorrenza del presupposto in base al quale e’ stato esercitato il potere di sospensione, e’ sufficiente per decidere sull’istanza di regolamento dell’adottato provvedimento di sospensione e prescinde, naturalmente, dalla questione della effettiva ricorrenza di un nesso di pregiudizialita’ siccome supposto dal Tribunale di Cassino.

La sua sussistenza avrebbe potuto costituire, come s’e’ detto, solo il presupposto per l’esercizio del potere di sospensione ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 nel senso che, una volta ritenuta sussistente la pregiudizialita’ – e, per il vero, l’art. 337 c.p.c., comma 2, quando allude all’autorita’ della sentenza resa in altro giudizio e sottoposta ad impugnazione, certamente allude ad una sentenza resa su una controversia che assume carattere pregiudiziale rispetto a quella in cui l’autorita’ viene invocata, perche’ sicuramente questa e’ la ragione che prevalentemente puo’ giustificare la eventuale sospensione, in caso di esercizio positivo del potere previsto dalla norma – il Tribunale di Cassino avrebbe dovuto delibare, come si e’ detto, la forza di convincimento della sentenza di primo grado resa nell’altro giudizio e, qualora si fosse convinto della sua idoneita’ a resistere all’impugnazione, avrebbe potuto, valutato ogni altro elemento, sospendere.

4. Da tanto discende che non occorre in questa sede soffermarsi sul punto della effettiva sussistenza del nesso di pregiudizialita’, il che supporrebbe un opportuno approfondimento ed il confronto con quell’orientamento – evocato dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni – che ha espresso il principio secondo cui: “Il giudice dell’opposizione all’esecuzione, allorche’ la sentenza fatta valere come titolo esecutivo sia appellata, non e’ tenuto a disporre la sospensione del processo di opposizione, a norma dell’art. 295 c.p.c., in attesa della definizione della controversia cui la sentenza si riferisce, non sussistendo pregiudizialita’ tra gli accertamenti oggetto dei due giudizi” (Cass. n. 16601 del 2005);

nonche’ il principio secondo cui: “Il giudice dell’opposizione all’esecuzione, anche nell’ipotesi in cui la provvisoria esecutivita’ della sentenza fatta valere come titolo esecutivo sia stata sospesa ai sensi degli artt. 283 e 351 c.p.c., non e’ tenuto a disporre la sospensione del processo di opposizione, a norma dell’art. 295 c.p.c., in attesa della definizione della controversia cui la sentenza si riferisce, non sussistendo pregiudizialita’ tra gli accertamenti oggetto dei due giudizi”. (Cass. n. 15909 del 2008).

Si tratta di decisioni che, in tanto si riferiscono al giudizio di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e che hanno negato l’automatismo della ricorrenza del nesso di pregiudizialita’ ai sensi dell’art. 295 c.p.c. senza porsi a confronto con la norma dell’art. 337 c.p.c., comma 2. Inoltre, essi, al di la’ di quanto sembrino voler affermare non hanno negato – come rivela la loro motivazione – l’esistenza della pregiudizialita’ in assoluto, ma, in realta’ lo fanno con riferimento al caso concreto, cioe’ in ragione delle ragioni poste a fondamento dell’opposizione all’esecuzione.

5. In realta’, il giudizio di impugnazione nel quale si discuta del diritto oggetto del titolo esecutivo giudiziale che e’ stato posto a fondamento di un’esecuzione appare sempre pregiudiziale rispetto al giudizio di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. fra le stesse parti, proposto avverso l’esecuzione minacciata o iniziata sulla base del detto titolo, e cio’ ancorche’ tale opposizione debba essere basata su ragioni necessariamente distinte da quelle oggetto del giudizio pendente sulla formazione del titolo, atteso che, avverso l’esecuzione di titoli giudiziali non si possono dedurre fatti inerenti la legittimita’ della loro formazione, che devono essere conosciuti dal giudice della cognizione nella quale il titolo si e’ formato e che sia ancora pendente.

Invero, detta pregiudizialita’ sussiste, in quanto il giudizio di cognizione nel quale si e’ formato il titolo, quale giudizio che deve decidere sull’esistenza o meno del diritto consacrato nel titolo formatosi come tale in una delle sue fasi, e’ giudizio che, qualora decidesse in senso negativo su tale esistenza accerterebbe di norma (ma anche qui si tratta di regola tendenziale: potrebbe essere accertata l’inesistenza solo a far tempo da una certa data, posteriore all’inizio dell’esecuzione) l’inesistenza del diritto anche al momento in cui si e’ esercitata l’azione esecutiva consacrata nel titolo esecutivo (posto che esso sarebbe travolto dall’esito del giudizio de quo) e, quindi, evidenzierebbe l’inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione per una ragione sopravvenuta e che certamente potrebbe essere legittimamente introdotta nel giudizio di opposizione all’esecuzione.

Si tratta di pregiudizialita’ che, pero’, in tale giudizio – lo si ribadisce – va valutata agli effetti dell’art. 337 c.p.c., comma 2 e non dell’art. 295 c.p.c., come s’e’ gia’ veduto.

6. Allorquando si verta, invece, come nella specie, in un’opposizione all’esecuzione di terzo ai sensi dell’art. 619 c.p.c., naturalmente le considerazioni appena svolte non sono pertinenti, in quanto l’oggetto di questo giudizio, quando l’opposizione e’ proposta in relazione ad un’esecuzione per espropriazione, concerne l’accertamento che il bene su cui si svolge l’esecuzione appartiene al terzo e lo e’ in base ad un titolo che non e’ pregiudicato da quello del debitore sul bene, ma autonomo rispetto ad esso, onde una pregiudizialita’ del giudizio di impugnazione sul titolo posto a base dell’esecuzione non e’ immaginabile, atteso che il suo oggetto nulla ha a che fare con quello del debitore sul bene espropriando. Una pregiudizialita’ non potrebbe venire in rilievo allorquando l’opposizione di terzo fosse svolta per sostenere che l’esecuzione si e’ male indirizzata rispetto ad un bene del terzo per un errore nella fase esecutiva. Non si vede in qual modo il giudizio in cui si e’ formato il titolo potrebbe pregiudicare quello di opposizione, posto che il terzo non vi partecipa. Una pregiudizialita’ non potrebbe, inoltre, configurarsi nemmeno allorquando l’opposizione di terzo fosse proposta in relazione ad un’esecuzione per rilascio ed il terzo adduca l’esistenza di un suo diritto di mantenere il godimento del bene per essere esso non pregiudicato dal titolo esecutivo, non incompatibile con il diritto accertando nel giudizio in cui si e’ formato il titolo (se vi fosse incompatibilita’ il terzo dovrebbe tutelarsi con il rimedio dell’art. 404 c.p.c.) e pregiudicato solo dall’attuazione del rilascio. Anche in tal caso nel giudizio in cui questo il titolo si e’ formato non puo’ essere stato parte, che se lo fosse stato, in quanto abbia fatto valere la sua situazione sul bene in detto giudizio, evidentemente sarebbe soggetto all’efficacia del titolo e non potrebbe esperire il rimedio di cui all’art. 619 c.p.c..

Si tratta, comunque, di rilievi che meriterebbero approfondimenti che non e’ questa la sede per compiere.

D’altro canto, i principi di diritto sopra ricordati di cui a Cass. n. 15111 del 2007 e n. 21924 del 2008 escludono che ci si debba fare carico delle ragioni per cui in concreto, secondo parte ricorrente, non sarebbe sussistito alcun nesso di pregiudizialita’ fra i due giudizi di cui trattasi. Ragioni che parte istante ha riproposto nella sua memoria.

7. Per completezza si deve rilevare che nelle conclusioni del Pubblico Ministero si fa, peraltro, riferimento – sia pure per dissentirne e contrapporla a Cass. n. 16601 del 2005 – a Cass. n. 19525 del 2007 come espressione dell’idea che il nesso di pregiudizialita’ possa giustificare la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c. anche fra una causa pendente in primo grado ed altra in appello, ma in realta’ quella decisione si e’ occupata della fattispecie del rapporto di continenza fra causa in sede di impugnazione e causa in primo grado ed ha ritenuto giustificata l’applicazione dell’art. 295 c.p.c. per garantire il rispetto dell’esigenza di attrazione di una causa verso l’altra espressa dell’art. 39 c.p.c., comma 2, e che e’ espressione non gia’ di una relazione di pregiudizialita’ fra cause, bensi’ della relazione di loro parziale identita’, che e’ cosa diversa.

8. Conclusivamente, l’ordinanza impugnata appare illegittima e va disposta la prosecuzione del giudizio.

Al giudice del merito va rimesso il regolamento delle spese di questo procedimento.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie l’istanza di regolamento di competenza e dispone la prosecuzione del giudizio. Fissa per la riassunzione dinanzi al Tribunale di Cassino termine di mesi tre dalla comunicazione del deposito della presente e rimette la decisione sulle spese del regolamento a detto giudice.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472