LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
G.B. (c.f. *****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA N. TARTAGLIA 21, presso l’avvocato PRINCIPE GUIDO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FORGIONE SALVATORE, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 18/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/09/2009 dal Consigliere Dott. RAGONESI Vittorio;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che chiede a cotesta Sezione della Suprema Corte di volere accogliere il ricorso in oggetto.
La Corte:
RILEVATO IN FATTO
che G.B. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi avverso il provvedimento della Corte d’appello di Roma, depositato il 18.1.06, con cui veniva respinta la richiesta di riconoscimento di equo indennizzo ai sensi della L. n. 89 del 2001, per l’eccessivo protratti di un processo svoltosi innanzi al giudice di primo grado e durato dal febbraio 1996 al dicembre 2004;
che la PDCM ha resistito con controricorso;
che il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
OSSERVA IN DIRITTO Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente lamenta che la Corte d’appello, abbia escluso il risarcimento del danno non patrimoniale non avendo tenuto conto del fatto che, una volta che il ritardo nella definizione del processo risultava accertato, il danno doveva essere presunto secondo un costante orientamento giurisprudenziale.
Con il terzo motivo si duole che le spese di giudizio siano state poste a suo carico con inosservanza del principio stabilito dalla CEDU secondo cui, in caso di rigetto della domanda di equa riparazione, le spese vanno compensate.
I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi si rivelano inammissibili.
Invero, il decreto impugnato ha rigettato la domanda in base alla considerazione che il processo si era concluso con una transazione e che il ritardo nella definizione della controversia non aveva determinato stress alle parti proprio perche’ esso era stato determinato dalle trattative intercorse tra le medesime che avevano dettato i tempi dell’istruttoria poi abbandonata.
La ratio decidendi che sottostA’ a tale decisione non e’, dunque, quella sostenuta dal ricorrente, secondo cui la transazione non puo’ far escludere lo stress psicologico se il termine di durata ragionevole del processo viene superato, bensi’ quella che il ritardo nella definizione del processo e’ stato, in realta’, determinato dal comportamento delle stesse parti le cui trattative hanno causato il dilatarsi dei tempi istruttori.
Tale effettiva ratio non risulta in alcun modo oggetto di censura, onde i motivi vanno dichiarati inammissibili.
Il terzo motivo e’ manifestamente infondato, dovendosi applicare alle cause nazionali le regole del codice di procedura civile e, nel caso di specie, quella che alla soccombenza nel giudizio consegue la condanna alle spese processuali.
Il ricorso va in conclusione rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Amministrazione costituita nella misura di Euro 800,00 per onorari oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010