Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.558 del 15/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10855/2006 proposto da:

B.L. (c.f. *****), elettivamente domiciliata in Roma, VIA NAPOLEONE COLAJANNI 3, presso l’avvocato GIUGNI OTTORINO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORDANO DANIELA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.U.;

– intimato –

sul ricorso 14948/2006 proposto da:

C.U. (c.f. *****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P. BORSIERI 3, presso l’avvocato GATTEGNA RENZO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MINELLI GIOVANNI, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NAPOLEONE COLAJANNI 3, presso l’avvocato GIUGNI OTTORINO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORDANO DANIELA, giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

PUBBLICO MINISTERO IN PERSONA DEL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI VENEZIA, PUBBLICO MINISTERO IN PERSONA DEL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 72/2006 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 12/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2009 dal Consigliere Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato ROBERTO ZANATA, per delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di quello incidentale;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato GIOVANNI MINELLI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e per l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 28.11.2002 C.U. chiedeva al Tribunale di Venezia che venisse dichiarato lo scioglimento del matrimonio civile da lui contratto il ***** con B.L. da cui si era separato con atto omologato in data ***** dello stesso Tribunale, e dichiarava nei contempo la propria disponibilità per quante riguarda sia la misura dell’assegno di mantenimento per la figlia minore sia l’assegnazione della casa coniugale alla moglie e sia l’affidamento della minore medesima che richiedeva però fosse congiunto.

Si costituiva la B. che aderiva alla richiesta di scioglimento ma contestava gli aspetti di carattere economico prospettati dal C., avanzando le proprie.

Con sentenza dell’8.7.2005 il Tribunale pronunciava lo scioglimento del matrimonio, affidava la minore figlia alla madre cui assegnava la casa coniugale, determinava l’assegno di mantenimento della figlia a carico del C. in Euro 800,00 mensili, oltre al 75% delle spese straordinarie, e quello divorzile in Euro 500,00 mensili, compensando totalmente le spese processuali.

Proponeva impugnazione il C. ed all’esito del giudizio, nel quale si costituiva la B. chiedendone il rigetto, la Corte d’Appello di Venezia con sentenza del 14.11.2005 – 12.1.2006 riduceva l’assegno divorzile in Euro 250,00 mensili, poneva a carico del C. le spese straordinarie nella minore misura del 50% e compensava interamente le spese del grado.

Osservava in primo luogo la Corte d’Appello che mentre il C., quale agente di commercio a provvigione, aveva subito un calo costante dei redditi negli anni dal 2000 al 2003, come si desumeva dalle produzioni fiscali, la B., pur percependo un reddito inferiore, godeva del requisito della stabilità del rapporto di lavoro quale dipendente della Provincia di Venezia e di una continua lievitazione dello stipendio per contingenza e scatti di carriera, come del resto risultava anche dalla documentazione prodotta. Sottolineava altresì che la B. fruiva della casa coniugale, mentre il C. era onerato del mutuo contratto per l’acquisto dell’abitazione nonchè del mantenimento di altra figlia naturale di anni tre e riteneva pertanto ingiustificato il raddoppio dell’assegno divorzile rispetto all’importo riconosciuto in sede di separazione.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione B.L. che deduce sei motivi di censura.

Resiste con controricorso C.U. che propone anche ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo.

La B. resiste con controricorso al ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente i due ricorsi, il principale e l’incidentale, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., riguardando la stessa sentenza.

Con il primo motivo del suo ricorso B.L. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, come modificato dalla L. n. 74 del 1987. Lamenta che la Corte d’Appello abbia ridotto l’assegno divorzile sul rilievo che il Tribunale l’avesse aumentato ingiustificatamente rispetto a quanto riconosciuto in sede di separazione, senza tener conto non solo della diversa natura dei due assegni, ma anche dell’incremento significativo dei redditi del C., risultati addirittura raddoppiati rispetto all’epoca della separazione, come risultava dalla documentazione in atti, con possibilità quindi per essa ricorrente di farne affidamento.

Con il terzo motivo la ricorrente principale denuncia difetto di motivazione. Deduce, che la Corte d’Appello non ha tenuto conto che il C. nel ***** aveva percepito compensi per L. 131.000.000 mentre nel ***** il suo reddito netto è stato di Euro 97.271,00 e l’anno precedente (*****) di L. 209.721.000 e che la riduzione relativa all’anno ***** era dovuta unicamente all’inserimento di un aumento considerevole dei componenti negativi e non già all’andamento negativo del mercato.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato C.U. denuncia violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dell’art. 2697 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., nonchè difetto di motivazione. Lamenta che la Corte d’Appello abbia riconosciuto il diritto della B. all’assegno divorzile in base al ritenuto divario fra i due redditi, senza valutare se essa fruisse di mezzi adeguati, come risultava dall’ammontare del suo stipendio e dal godimento della casa coniugale e senza valutare che. depurato dell’assegno di mantenimento della figlia e delle spese del mutuo, il divario con i redditi dell’ex coniuge non era significativo.

Le esposte censure vanno esaminate congiuntamente, essendo volte a contestare, sia pure da opposti punti di vista, le ragioni poste dalla Corte d’Appello a sostegno della determinazione della misura dell’assegno divorzile liquidato in un importo ridotto della metà rispetto a quello riconosciuto in primo grado, assegno che la B. ritiene insufficiente ed il C. invece non dovuto.

Orbene, la sentenza impugnata, omettendo ogni precisazione sugli effettivi redditi, del C., di cui ha solo sottolineato “un calo … apprezzabile” ed evidenziando, per quanto riguarda la B., unicamente che è titolare di un rapporto di pubblico impiego con un reddito certamente inferiore a quello del marito, senza fornire però in entrambi i casi l’esatto importo, non consente in questa sede di legittimità la dovuta verifica in ordine alla correttezza dei criteri adottati e cioè se abbia effettivamente operato le proprie valutazioni con riferimento al profilo dell’adeguatezza del tenore di vita della B. rispetto a quello dalla medesima goduto in costanza di matrimonio e delle effettive condizioni attuali dell’onerato.

Inoltre va precisato che le determinazioni adottate in sede di separazione e richiamate dalla Corte d’Appello possono considerarsi un mero indice di riferimento, invocabili solo qualora manchi un quadro sufficientemente chiaro delle rispettive condizioni economiche e siano nel contempo idonee a fornire utili elementi di valutazione. E’ nota del resto la diversità della disciplina, della natura e delle finalità dei relativi trattamenti, prescindendo l’assegno divorzile, in virtù dello scioglimento del matrimonio, dagli obblighi di mantenimento che permangono invece sia in regime di convivenza che di separazione e costituendo esso un effetto diretto della pronuncia di divorzio e della previsione di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e successive modificazioni (Cass. 25010/07; Cass. 22500/06; Cass. 15728/05).

Per le stesse ragioni anche il ricorso incidentale, con cui viene lamentato il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile, deve essere accolto, pur con qualche precisazione sul punto in cui il C. sostiene l’assorbente incidenza dell’assegnazione della casa coniugale nella determinazione dell’assegno divorzile, che di conseguenza non sarebbe dovuto.

A differenza dell’ipotesi in cui siano in contestazione il riconoscimento e l’entità dell’assegno di mantenimento a favore della prole – non potendo in tal caso influire l’assegnazione della casa coniugale la quale è volta a preservare la prole medesima da ulteriori modifiche coattive e radicali dei proprio ambiente di vita familiare e di relazione e ad assicurare la continuità dell’habitat domestico, quale centro di affetti, interessi e consuetudini di vita – nell’ambito della composizione dei rapporti economici fra coniugi l’assegnazione della casa coniugale, pur disposta per la presenza di figli, per i suoi riflessi economici può concorrere a garantire l’equilibrio delle condizioni economiche e la tutela del coniuge più debole, incidendo in tal modo nella determinazione dell’assegno.

Correttamente pertanto la Corte d’Appello, limitatamente alla determinazione dell’assegno divorzile, ha tenuto conto dell’assegnazione della casa coniugale, la quale comporta indubbiamente un risparmio tutt’altro che trascurabile per l’assegnataria, ma la valutazione in ordine all’entità della sua incidenza, che il C. sostiene in misura totale, si risolve in una valutazione di merito che va operata nel quadro complessivo delle rispettive condizioni economiche ed alla luce dei principi sopra richiamati.

Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 384 del 1992, art. 7, conv. con L. n. 338 del 1992, della L. n. 537 del 1993, e della L. n. 662 del 1996, nonchè difetto di motivazione. Sostiene che erroneamente la Corte d’Appello ha fatto riferimento all’indennità di contingenza che comporterebbe un adeguamento costante della sua retribuzione, essendo stata tale indennità abolita da tempo con le leggi testè richiamate e non avendo più aspettative di carriera per essere giunta al massimo livello consentito; nè ha tenuto conto che le disponibilità del C. sono invece aumentate fino al triplo rispetto all’epoca della separazione.

La censura è infondata.

Sul punto la sentenza impugnata ha chiaramente inteso sottolineare, oltre alla stabilità del rapporto d’impiego pubblico, – gli inevitabili miglioramenti economici che nel tempo da un tale rapporto derivano. L’improprio riferimento alla “contingenza”, da tempo ormai abolita, non incide sostanzialmente sulla validità dell’osservazione della Corte d’Appello genericamente interpretata (basti pensare dei resto agli scatti di anzianità del tutto automatici in quanto legati unicamente al decorso del tempo).

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 184, 184 bis e 345 c.p.c..

Lamenta che la Corte d’Appello abbia basato la propria decisione su documenti prodotti in causa irritualmente in grado di appello, quali il contratto di compravendita della nuova abitazione ed il contratto di mutuo che ben poteva produrre in primo grado.

Le censura è infondata.

In primo luogo si osserva che, in mancanza di una precisa indicazione del verbale di causa in cui risulterebbero avvenute le contestate produzioni documentali in grado di appello nonchè del loro effettivo contenuto con l’indicazione dei singoli atti, la censura in ordine alla loro tardività sfugge al sindacato di questa Corte, non risultando gli elementi di individuazione nemmeno dalla sentenza e non essendo il giudice di legittimità tenuto alla loro ricerca negli atti processuali.

In ogni caso, nel richiamare il contenuto della documentazione riguardante l’acquisto della casa da parte del C. e la stipulazione del relativo mutuo, la Corte d’Appello ha espresso un implicito giudizio di indispensabilità laddove ha richiamato tali elementi per un loro concorso nella “valutazione del giusto contributo maritale” in considerazione dei relativi oneri cui deve di conseguenza far fronte.

Con il sesto motivo la ricorrente denuncia ancora difetto di motivazione, Lamenta che la Corte d’Appello abbia posto le spese straordinarie in uguale misura nonostante la diversità di reddito del C. rispetto al suo.

Il motivo è infondato.

La ripartizione fra gli ex coniugi delle spese straordinarie necessarie alla figlia si risolve in una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità se sufficientemente motivata ed al riguardo la Corte d’Appello ha ritenuto che in base al suo reddito la madre può concorrere pariteticamente con l’ex coniuge.

Quanto infine al quinto motivo del ricorso principale, riguardante il rilievo, anche di carattere economico, attribuito dalla Corte d’Appello all’assegnazione dell’abitazione nell’ambito del problema in contestazione relativo unicamente alla determinazione dell’assegno divorzile, la censura è assorbita dai principi richiamati al riguardo in relazione al ricorso incidentale ed ai quali il giudice di rinvio dovrà attenersi in sede di riconoscimento e di determinazione dell’assegno divorzile.

L’impugnata sentenza deve essere pertanto cassata con rinvio, anche per le spese, alla stessa Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione che si uniformerà ai principi accolti.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi. Accoglie il primo ed il terzo motivo dei ricorso principale. Rigetta il secondo, il quarto ed il sesto. Dichiara assorbito il quinto. Accoglie il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla stessa Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione. Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omessi le generalità e gli elementi identificativi delle parti ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010

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