LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1938/2005 proposto da:
CAPITALIA SERVICE J.V. S.R.L. (c.f./P.I. *****), quale mandataria di CAPITALIA S.P.A. (già Banca di Roma spa dalla fusione per incorporazione del Banco di Roma spa nel Banco di Santo Spirito spa, quest’ultimo già conferitario della Cassa di Risparmio di Roma), in Persona legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso l’avvocato SILVETTI Carlo, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TASCIOTTI FAUSTO, giusta procura, in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO RAFFAELLO S.A.S. DI GUADAGNOLI ROCCO &
C., in persona del Curatore Dott. C.B., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 55, presso lo STUDIO GALLETTI, rappresentata e difesa dall’avvocato NEGRONI Renato, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2204/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/05/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22/10/2009 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato R. ALOISIO, per delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione 11 luglio 2001, la Capitalia Service J.V. s.r.l.
propose appello contro la sentenza del Tribunale di Velletri 4 marzo 1999, che aveva dichiarato improcedibile la sua opposizione allo stato passivo del Fallimento Raffaello di Guadagnoli Rocco, perchè proposta prima della comunicazione del curatore prevista dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 97, u.c.. L’appellante denunciava nel merito l’illegittima esclusione della garanzia ipotecaria che assisteva il suo credito, motivata con riferimento alternativo alla L. Fall., art. 64 e in subordine alla L. Fall., art. 67.
Con sentenza in data il 10 maggio 2004, la corte d’appello di Roma respinse il gravame.
Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, la Capitalia Service J.V. s.r.l. ricorre con atto notificato 24 gennaio 2005 per due motivi, illustrati anche con memoria.
Il Fallimento Raffaello di Guadagnoli Rocco resiste con controricorso e ricorso incidentale subordinato notificato il 18 febbraio 2005.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La curatela fallimentare eccepisce l’inammissibilità del ricorso per il mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata.
L’eccezione non ha fondamento, perchè nel fascicolo della parte ricorrente la sentenza impugnata risulta depositata in copia autentica.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione della L. Fall., artt. 97 e 98. Non avendo il provvedimento del giudice delegato, di ammissione del credito al passivo senza la garanzia ipotecaria, subito alcuna modificazione con il decreto di esecutività del passivo, depositato prima della decisione sull’opposizione, quest’ultima doveva essere ammessa, sebbene fosse stata presentata prima del deposito dello stato passivo.
Il motivo è infondato. Il decreto del giudice delegato, che non ammette un singolo credito al passivo fallimentare, o lo ammette in via chirografaria invece che con il grado richiesto dal creditore insinuante, non è autonomamente impugnabile, essendo modificabile sino alla data di deposito dello stato passivo. Questa corte ha ripetutamente avuto occasione di precisare che, nel sistema della legge fallimentare, il procedimento di verificazione dello stato passivo ha natura giurisdizionale e decisoria, ed è strutturato sullo schema del processo di cognizione, sia pure con gli adattamenti imposti dal carattere sommario della cognizione e dall’attribuzione al giudice delegato di poteri inquisitori (ex multis, Cass. 11 dicembre 2003 n. 18935). Conseguentemente, il provvedimento del giudice delegato di approvazione dello stato passivo del fallimento costituisce non atto amministrativo, bensì pronuncia giurisdizionale di carattere decisorio e definitivo (Cass. 14 aprile 1983 n. 2599 e succ. conf.). Queste premesse non consentono di configurare la collocazione dei crediti nel passivo fallimentare alla stregua di una fattispecie sostanziale generatrice del diritto, e che, costituendo una condizione dell’azione, potrebbe utilmente sopravvenire alla formulazione della domanda. Il giudizio di opposizione al passivo costituisce a sua volta lo sviluppo in sede contenziosa della precedente fase giurisdizionale (Cass. 11 dicembre 2003 n. 18935, 30 settembre 2004 n. 19605): esso ha per oggetto la sussistenza del credito e l’opponibilità alla massa dei privilegi e delle garanzie reali che lo assistono, e ha struttura impugnatoria (Cass. 8 novembre 1997 n. 11026, 28 maggio 2003 n. 8472, 30 settembre 2004 n. 19605, 22 ottobre 2007 n. 22108). Il legislatore, in altre parole, ha configurato l’azione del creditore, promossa a norma della L. Fall., art. 98, come impugnazione del predetto decreto di esecutività, facendo originariamente decorrere il termine per l’opposizione unitariamente per tutti i creditori dalla data del deposito del predetto decreto (disciplina poi emendata dai vizi di legittimità costituzionale con la sentenza della Corte Costituzionale n. 102 del 1986), e regolando il procedimento in modo rigorosamente unitario. In particolare, il procedimento consente l’intervento degli altri creditori (L. Fall., art. 98, u.c.), i quali tutti hanno avuto notizia del deposito dello stato passivo in cancelleria.
Questa corte, del resto, ha già avuto occasione di affermare l’inammissibilità del reclamo ai sensi della L. Fall., art. 26, contro il decreto con il quale il giudice delegato ammette un credito al passivo, in quanto tale provvedimento ha natura meramente preparatoria ed è interno ad una delle fasi in cui si articola il procedimento di accertamento dello stato passivo, che si conclude con il decreto di esecutività previsto dalla L. Fall., art. 97, avverso il quale sono previsti i rimedi impugnatori tipici ai sensi dei successivi artt. 98, 100 e 102 c.p.c. (Cass. 17 gennaio 2003 n. 650).
Qui occorre solo aggiungere che l’esigenza di definizione unitaria di tutte le questioni concernenti lo stato passivo, che ha indotto il legislatore a configurare l’opposizione dei creditori esclusi o ammessi con riserva come rimedio impugnatorio avverso il decreto di esecutività dello stato passivo, esclude a maggior ragione un’opposizione al passivo anticipata rispetto al deposito del decreto di cui alla L. Fall., art. 97.
Il secondo motivo di ricorso verte sulla questione di merito della spettanza della garanzia ipotecaria per l’intero credito insinuato dalla banca ricorrente; questione non affrontata dai giudici di merito, che hanno ritenuto inammissibile l’opposizione, sicchè il mezzo d’impugnazione è inammissibile.
Il cosiddetto ricorso incidentale non è altro che un controricorso al secondo motivo del ricorso principale, ed è pertanto assorbito dall’inammissibilità di quello.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità sono a carico della parte soccombente, e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del processo di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010