Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.565 del 15/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PREFETTO di CATANIA dom.to in Roma via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

K.F. dom.to in Roma presso la Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avv. LO FARO Rosa E. che lo rappresenta e difende per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

Avverso il decreto del Giudice di Pace di Catania in data 20.6.2008.

Udita la relazione del relatore cons. Macioce Luigi svolta nella p.u.

del 27.10.2009;

Udito il P.G. nella persona del Sost. Proc. Gen. Dott. LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il cittadino ***** K.F. si oppose innanzi al Giudice di Pace di Catania avverso la espulsione a suo carico disposta dal Prefetto di Catania in data 20.2.2008 del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 13 (in relazione al suo non autorizzato rientro in Italia nonostante pregressa espulsione del *****) deducendo, tra l’altro, la violazione del disposto dell’art. 13, comma 7 del T.U.. Ad avviso dell’opponente, infatti, la pregressa espulsione era stata dal Prefetto adottata senza tradurre in alcuna lingua veicolare il testo del proprio decreto si che la invalidita’ dell’atto presupposto rendeva illegittima la seconda, ed opposta, espulsione. Il Giudice di Pace adito con decreto 20.6.2008 ha accolto l’opposizione affermando che era condivisibile la censura dell’opponente e che a nulla valeva osservare che la traduzione era stata operata in sede di verbale di notificazione di un testo redatto in italiano. Per la cassazione di tale sentenza il Prefetto di Catania ha proposto ricorso in data 16.12.2008 articolando unico motivo e notificando l’atto al K., che ha opposto difese con controricorso.

Con il ricorso, seguito da pertinente quesito, l’Avvocatura dello Stato deduce, richiamando pronunziato della S.C., che la traduzione nelle tre lingue “veicolari” operata in sede di notificazione del testo espulsivo, e con attestazione della impossibilita’ di reperire traduttore in lingua conosciuta, avesse pienamente soddisfatto il requisito di legge.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che il ricorso, pienamente condivisibile essendo la formulata censura, debba essere accolto.

Il Giudice di Pace ha infatti ben prima che errato nella affermazione della insufficienza di una traduzione del solo verbale di notifica a far ritenere soddisfatto il requisito di cui al D.Lgs. 286 del 1998, art. 13, comma 7 del tutto equivocato sui limiti del suo sindacato nel caso sottoposto.

Va rammentato, in sede di riqualificazione della vicenda, il fatto che l’espulsione ***** oggetto della disamina nel contestato decreto del Giudice di Catania, venne adottata ai sensi del D.Lgs. 286 del 1998, art. 13, comma 13 (come modificato dalla L. n. 189 del 2002, art. 12) e cioe’ per la trasgressione al divieto di rientro non autorizzato imposto con la espulsione *****, in tal guisa detta espulsione assumendo il profilo di atto presupposto della seconda misura in termini di condizione per il valido esercizio per la sua adozione. Come da questa Corte gia’ precisato (sent. n. 9411 del 2004), ferma restando la insindacabilita’ della prima espulsione da parte del giudice chiamato a conoscere della validita’ della seconda, la prima espulsione acquisendo il carattere di definitivita’ ove non impugnata od ove l’impugnazione sia stata irrevocabilmente decisa, puo’ rilevare soltanto il fatto che possa essere venuta meno la stessa idoneita’ della prima espulsione a costituire il necessario presupposto logico – giuridico della seconda. E tanto puo’ occorrere sia ove la ridetta espulsione sia stata irrevocabilmente annullata dal giudice della opposizione a suo tempo proposta, sia, e come rammentato nella statuizione del 2004 sopra ricordata, ove lo stesso Prefetto la abbia revocata in via di autotutela, quanto infine nella ipotesi in cui il precetto di divieto di rientro ex lege contenuto nel decreto espulsivo non sia stato conoscibile dal destinatario espulso (restando comunque esclusa la rilevanza soggettiva delle ragioni della prima espulsione: Cass. pen. n. 17309 del 2009 e n. 34955 del 2006).

Orbene, il Giudice di Pace, affatto inconsapevole dei limiti del suo sindacato sull’atto presupposto e pertanto del limite alla rilevazione di “nullita’” di tal atto nel caso (nella specie occorso) di passaggio in giudicato del decreto 21.9.2005, lo ha disapplicato puramente e semplicemente commettendo la denunziata violazione di legge e mancando di collocare la sua indagine sul terreno che la stessa ragione di opposizione correttamente evocava, senza presupporre una non consentita invalidazione del decreto irrevocabile: quella della possibilita’ che la violazione della norma sulla traduzione avesse avuto effetti sulla comprensibilita’ del tempo fissato per il divieto di rientro, posto che l’incolpevolezza di un rientro non autorizzato non consente ne’ l’espulsione di cui al D.Lgs. 286 del 1998, art. 13, comma 13 in discorso (ma solo una espulsione ai sensi del D.Lgs. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. A-B per il suo rientro clandestino o per la sua permanenza non regolare) ne’ tampoco la condanna alla pena dell’arresto nella stessa disposizione prevista.

In tal ottica emerge – e sarebbe dovuta emergere ad una corretta lettura delle carte da parte del Giudice del merito – la assoluta idoneita’ della traduzione in lingua veicolare, effettuata previa attestazione di indisponibilita’ di traduttore nella lingua conosciuta e contenuta nel verbale di notificazione della espulsione, da un canto a consentire al destinatario di difendersi adeguatamente (Cass. n. 11502 del 2007) e dall’altro canto, e per quel che rileva nella specie, a rendere l’espulso edotto del divieto di rientro e quindi ad integrare in punto di fatto il presupposto per l’adozione della espulsione di cui al ridetto D.Lgs. 286 del 1998, art. 13, comma 13.

Cassato il decreto in accoglimento del ricorso e ben potendosi decidere la causa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., deve essere rigettata la opposizione del K. avverso l’espulsione del 20.2.2008, condannando il controricorrente alla refusione delle spese in favore del ricorrente Prefetto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e decidendo ex art. 384 c.p.c. rigetta la opposizione proposta avverso il decreto di espulsione ***** del Prefetto di Catania; condanna il K. a versare al ricorrente le spese del giudizio, determinate in Euro 1.500,00 oltre a spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010

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