LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e presso di essa domiciliata in Roma, in via di Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
C.R.M.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 15/39/06, depositata l’8 marzo 2006. (Sez. staccata di Latina);
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. GRECO Antonio.
La Corte:
RITENUTO IN FATTO
che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 15/39/06, depositata l’8 marzo 2006, che, accogliendo l’appello di C.R.M., gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata (per l’anno 1998, secondo l’epigrafe della sentenza impugnata, la quale sentenza non reca indicazioni in proposito, ne’ sull’attivita’ svolta dal contribuente; il ricorso per Cassazione dell’amministrazione fa riferimento alle somme versate per gli anni dal 1998 1999 e 2000 dal contribuente esercente l’attivita’ di medico).
Il contribuente non ha svolto attivita’ nella presente sede.
Il ricorso contiene due motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c..
Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza per violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione;
con il secondo, per vizio di motivazione sulla circostanza che, in presenza di attivita’ professionale svolta con l’impiego di capitali altrui e di beni immobili, non sia riscontrabile la sussistenza di un’autonoma organizzazione.
La ratio decidendi della sentenza impugnata – la cui motivazione, che condivide le motivazioni addotte a sostegno dell’atto di appello, si esaurisce nell’affermazione che nel caso di specie l’imposta non e’ dovuta in quanto mancano gli elementi della organizzazione essendo la parte priva di dipendenti e di beni strumentali – non e’ conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, periodo 1^, e art. 3, comma 1, lett. c), del l’esercizio delle attivita’ di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1 e’ escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attivita’ non autonomamente organizzata: il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).
L’accertamento dell’insussistenza dell’autonoma organizzazione, segnatamente, a fronte dei puntuali rilievi svolti in appello dall’amministrazione e riprodotti nel ricorso – in ordine all’esistenza di quote di ammortamento e spese per l’acquisto di beni mobili, di canoni di locazione finanziaria, relativa a beni mobili, di canoni di locazioni e/o noleggio, di spese relative ad immobili, di interessi passivi, spese per consumi ed altre spese, con l’impiego di beni strumentali…, sostenendo altresi’ spese per prestazioni alberghiere -, anche in mancanza di indicazioni circa la non eccedenza rispetto al minimo indispensabile dei beni impiegati, si appalesa, da una parte, come affermazione apodittica oltre che generica, e, dall’altra, come non sorretta da congrua e adeguata motivazione.
In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e dell’art. 380 bis c.p.c., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto appare manifestamente fondato”;
che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;
che non sono state depositate conclusioni scritte ne’ memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, entrambi i motivi del ricorso devono essere accolti, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio. Cosi’ deciso in Roma, il 23 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010