LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 26011-2005 proposto da:
F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 51, presso lo studia dell’avvocato RUFINI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MACCONE FEDERICO giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
V.F., G.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIOVANNI ALFREDO CESAREO 3, presso lo studio dell’avvocato FELICIOTTI LUCIA, rappresentati e difesi dall’avvocato SANTORO GIUSEPPE giusta delega a margine del controricorso;
CONDOMINIO ***** in persona dell’Amministratore pro tempore Rag. M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VTA DELLA GIULIANA 73, presso lo studio dell’avvocato MANNI NICOLA, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1581/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO, 2^
SEZIONE CIVILE, emessa il 25/05/2005, depositata il 18/06/2005, R.G.N. 351/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/10/2009 dal Consigliere Dott. TALEVI ALBERTO;
udito l’Avvocato LUISA FELICIOTTI per delega dell’Avvocato SANTORO GIUSEPPE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.
“Con atto di citazione notificato in data 30.9.1996 il sig. F.P. conveniva in giudizio davanti al Pretore di Milano i sigg. V.F., G.F. e il Condominio ***** chiedendone la condanna, in via alternativa o solidale, al risarcimento dei danni subiti (quantificati in L. 36.746.900), a seguito di infiltrazioni d’acqua all’interno del proprio appartamento provenienti dall’immobile sovrastante di proprietà dei sigg. V. – G.. Instaurato il contraddittorio il Condominio eccepiva la carenza di legittimazione passiva, escludendo ogni responsabilità condominiale, chiedendo il rigetto della domanda e, in subordine, la riduzione del risarcimento ex art. 1227 c.c.. I sigg. V. – G. assumevano l’esclusiva responsabilità del Condominio, in subordine l’esclusiva responsabilità della precedente conduttrice dell’appartamento, fino al *****, C.C., che chiedevano di chiamare in causa, per essere manlevati in caso di condanna. Deducevano anche, in subordine, l’aggravamento del danno ex art. 1227 c.c. da parte dell’istante e della P.A. N.C., costituitasi, contestava ogni responsabilità chiedendo il rigetto della domanda e di essere autorizzata a chiamare in causa in manlevala Grillo Traslochi s.r.l., incaricata del trasloco e in riconvenzionale chiedeva anche la condanna dei convenuti locatori alla restituzione della cauzione. La società Grillo Antonio Traslochi eccepiva, preliminarmente, la prescrizione del diritto ex art. 2951 c.c., contestando nel merito ogni responsabilità.
Interrotto il giudizio per la morte del difensore dei convenuti V. – G., veniva riassunto dall’istante. Rinunciati il diritto e l’azione da parte della V. nei confronti della N. e da parte della N. nei confronti della Grillo Antonio Traslochi s.r.l, con rispettive accettazioni della rinuncia, ammessa ed espletata ctu tecnica, il Tribunale di Milano, con sentenza n. 2118 depositata in data 14 2.2002, condannava in solido i sigg. V. – G. a pagare al F., a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 1.355, 39, oltre rivalutazione ed interessi, respingeva la domanda dell’istante nei confronti del Condominio, regolamentando le spese di lite in base al criterio della soccombenza, ponendo le spese di ctu per 2/3 a carico dei convenuti V. – G. e, per il residuo a carico dell’attore.
Il primo giudice, accertato che le infiltrazioni provenivano dal sovrastante balcone, riteneva la responsabilità dei convenuti per la non corretta manutenzione dello stesso, escludendo dal risarcimento le spese di trasferimento in altro immobile, non imputabili causalmente ai convenuti, ma all’illegittimo provvedimento di sgombero della P.A. riducendo il risarcimento, relativamente alle altre voci di danno.
Avverso tale sentenza proponeva appello, con atto di citazione notificato in data 27.1.2003 F.P. per i seguenti motivi; 1) erronea esclusione dal risarcimento delle spese di trasferimento dell’appellante in altro immobile, 2) mancato riconoscimento della intera somma di L. 2.261.000 (iva inclusa) (invece della minor somma di L. 140.000) per il ripristino, nel novembre 1995, delle pareti della stanza da bagno macchiate ed ammuffite.
Chiedeva, in riforma della sentenza impugnata, in accoglimento delle conclusioni già rassegnate nel giudizio di primo grado, il risarcimento dei maggiori danni subiti, con vittoria di spese del doppio grado di giudizio.
Si costituivano i Sigg. V. – G., contestando i motivi addotti dall’appellante insistendo per il rigetto dell’appello, censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi: 1) erronea declaratoria di responsabilità degli appellati, 2) eccessività ed erronea liquidazioni delle voci danno, chiedendo con appello incidentale, in riforma della sentenza del Tribunale, l’accoglimento delle conclusioni rassegnate.
Il Condominio appellalo si costituiva chiedendo il rigetto dei motivi di appello formulati nei suoi confronti.
La causa passava, quindi, in decisione sulle conclusioni delle parti trascritte in epigrafe.
Con sentenza 25.5 – 18.6.05 la Corte d’Appello di Milano, definitivamente pronunciando, provvedeva come segue:
“… respinge entrambi gli appelli conferma la sentenza impugnata dichiara compensate tra F.P. e V.F. e G.F. le spese del grado di giudizio condanna V.F. e G.F. al rimborso, a favore del Condominio *****, delle spese processuali del grado di giudizio, che liquida in Euro 890,00 per diritti, Euro 1.830,00 per onorario, oltre accessori di legge”.
Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente F.P..
Hanno resistito con controricorso V.F. e G. F..
Ha resistito con controricorso pure il Condominio *****.
Il ricorrente F.P. ed i controricorrenti V. F. e G.F. hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo F.P. denuncia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227 c.c.. Insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. La sentenza oggetto del ricorso così motiva: “lamenta anche l’appellante principale ti mancato risarcimento delle spese di trasferimento in altro immobile, a causa del provvedimento di sgombero adottato dal Sindaco, non sindacabile dallo stesso F.. Anche tale motivo va disatteso sia pure per motivazioni diverse da quelle adottate dal Tribunale che ha ritenuto non dovute tali spese a fronte della agibilità dell’immobile e all’ingiustificato provvedimento del Sindaco. Anche se l’ordinanza di sgombero fosse da qualificare illegittima in quanto l’appartamento, in base alla rilevazione del (TU, “era perfettamente agibile e lo è rimasto anche durante i lavori di imbiancatura”, non possono farsi ricadere sul danneggiato eventuali provvedimenti illegittimi della P.A., nè gli si può imporre di impugnarli davanti al TAR rientrando tale salutazione nella sua piena discrezionalità ed essendo, comunque, obbligato ad ottemperare all’ordinanza di sgombero, da porre, comunque, in rapporto di derivazione causale col danno imputabile alla proprietà V. – G.. Tuttavia, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 2, “il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza” e il F. avrebbe potuto effettuare, senza ritardo, direttamente i lavori necessari per ovviare alla situazione riscontrata, rivalendosi poi sui responsabili ed evitare cosi ulteriori danni. Va, pertanto, confermala l’impugnata sentenza”.
L’illogicità di tale ragionamento è evidente. Come avrebbe potuto F. entrare in casa di V. e G., ed effettuare, o lare effettuare, i lavori necessari (lavori che l’ordinanza sindacale ingiungeva a carico, ovviamente, di V. e G.)? Per di più senza un titolo esecutivo di condanna (a carico di V. e G.) ad eseguire gli interventi necessari ad eliminare le infiltrazioni (612 c.p.c.)? Un conto era ritinteggiare le pareli ammuffite del proprio locale (e F. lo fece) altro conto era eliminare le infiltrazioni dal piano superiore, e il buon senso dice che anche la ritinteggiatura è vana sin quando le infiltrazioni d’acqua continuano. Inoltre manca completamente da parte della Corte di merito ogni valutazione dell’onerosità dei “lavori necessari” (quali?). La causa delle infiltrazioni al momento dell’ordinanza di sgombero non era conosciuta. Il Sindaco peraltro ordinava (a V. e G.) un “intervento di ristrutturazione e di risanamento del sistema impiantistico generale”, cosa certamente non di poco conto.
Il motivo non può essere accolto in quanto la motivazione esposta dalla Corte, se ben interpretata pure con riferimento alle parti implicite, appare sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione.
Infatti l’espressione “Anche se l’ordinanza di sgombero fosse da qualificare illegittima…” indica una ipotesi solo con riferimento a tale illegittimità (valutazione dunque di carattere giuridico);
mentre con riferimento alla situazione oggettiva dell’immobile (valutazione di mero fatto) il Giudice di secondo grado ha chiaramente condiviso in pieno la tesi che “….l’appartamento, in base alla rilevazione del CTU, “era perfettamente agibile e lo è rimasto anche durante, i lavori di imbiancatura” …, e proprio in base a ciò ha (evidentemente) ritenuto che per evitare (o per “rimuovere”; per usare l’espressione del ricorrente all’ultima riga di pag. 4 del ricorso) l’ordinanza di sgombero sarebbe stato sufficiente (data la modestia delle infiltrazioni) ritinteggiare le proprie pareti (od altre parti del proprio immobile) ripetendo poi eventualmente l’operazione per il numero di volte necessario (per l’eventualità di successive infiltrazioni); e ciò in quanto nella fattispecie (del tutto particolare) le spese conseguenti ad un trasferimento come quello poi in concreto effettuato erano così enormemente superiori a quelle necessaria ad ovviare (anche se temporaneamente e quindi anche più volte) alle infiltrazioni ed alle loro conseguenze, da rendere (proprio in considerazione di detta particolarità della situazione) doveroso (ex art. 1227 c.c.; norma che poi costituisce una particolare applicazione del principio di buona fede che è una delle basi fondamentali del nostro diritto civile) per il danneggiato tenere detto comportamento (va ribadito:
nel proprio appartamento).
Trattasi di una valutazione (parzialmente implicita) che si sottrae al sindacato di legittimità essendo immune dai vizi logici e giuridici in questione.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “Violazione degli artt. 345 e 346 c.p.c. in relazione all’art. 1227 c.c., comma 2 e ai principi sull’onere della prova” esponendo censure da riassumere nel modo seguente. E’ giurisprudenza di questa Suprema Corte che l’ipotesi dell’art. 1227 c.c., comma 1 (fatto colposo del creditore che abbia concorso a cagionare il danno) va distinta anche sul piano processuale, dall’ipotesi del comma 2, (aggravamento del danno prodotto dal comportamento del danneggiato, che però non abbia contribuito alla sua causazione). Il concorso causale può essere rilevato d’ufficio (art. 1227 c.c., comma 1) mentre la seconda situazione costituisce oggetto d’eccezione in senso stretto, con conseguenti oneri di asserzione e di prova (cfr. ad es. Cassaz.
12.3.2004 n. 5127). E’ da dubitarsi che V. e G. abbiano formulato tale eccezione (sia pure in via subordinata) in primo grado. In ogni caso la decisione del Primo Giudice che negava il nesso di causalità (per essere state le spese di trasferimento causate “dall’ingiustificato provvedimento assunto dall’Autorità Amministrativa”) veniva ad assorbire ogni doglianza fondata sull’art. 1227 c.c., comma 2, ossia sulla violazione del dovere di diligenza da parte del creditore, ammesso che tale doglianza fosse stata proposta.
Nel giudizio di appello, sempre ammesso che tale eccezione (ex art. 1227 c.c., comma 2) fosse stata proposta, gli appellati V. e G. avevano l’onere di riproporla espressamente (346 c.p.c.) pena la rinuncia. La Corte di merito che ha quindi accolto materia di eccezione non proposta o comunque non riproposta in appello, ha giudicato extra petita, e comunque non ha considerato che non era stata mai data la prova (il cui onere incombeva su V. e G.) che con l’ordinaria diligenza F. avrebbe potuto evitare i danni derivanti dall’ottemperanza alla ordinanza del Sindaco.
Pure il secondo motivo non può essere accolto, poichè i vizi lamentati non sussistono.
Infatti (mentre per le doglianze già oggetto del primo motivo si rinvia a quanto già esposto) va rilevato che il Giudice di secondo grado ha chiaramente (pur se implicitamente) ritenuto, sulla base delle contrapposte tesi avanzate dalle parti sin dal primo grado, che tutte le problematiche in questione (ex art. 1227 c.c., commi 1 e 2) avevano sempre ritualmente fatto parte (essenziale e centrale) della materia processuale sottoposta ai Giudici di merito (di primo e secondo grado).
Si è di fronte ad una valutazione inappuntabile e condivisibile.
Il ricorso va dunque respinto.
Come si è sopra esposto, la fattispecie in fatto (con le relative conseguenze in diritto) è certamente del tutto particolare, ciò autorizza a ritenere sussistenti giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione, va precisato inoltre che nei rapporti tra F.P. ed il Condominio predetto sussiste una ulteriore ragione di compensazione; e cioè che il primo ha notificato il ricorso (espressamente: v a pag. 41) “per mero tuziorismo” al secondo, e che quest’ultimo ha notificato il suo controricorso – come si evince palesemente dal suo contenuto – per la medesima ragione (ragione che peraltro – contrariamente a quanto ritiene il F., che ha chiesto nella sua memoria di dichiarare inammissibile il controricorso del Condominio – non autorizza a ritenere inammissibili gli atti difensivi dell’una o dell’altra di dette parti).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2010