LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –
Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
IPOST ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE COMMISSARIALE FONDO BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del procuratore speciale e Commissario, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 15, presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
L.M.V., O.I., O.M., OR.
M., eredi di O.V.P., la prima nella sua qualita’
di vedova e le altre quali figlie del de cuius, elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE GLORIOSO 13, presso lo studio dell’avv. BUSSA LIVIO, che le rappresenta e difende, unitamente all’avv. DURAZZO GUGLIELMO, giusta procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
IPOST ISTITUTO POSTELEGRAFONICI GESTIONE COMMISSARIALE FONDO BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del procuratore speciale e Commissario, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 15, presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso al ricorso incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 1228/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO del 30/10/07, depositata il 10/12/2007;
udito l’Avvocato Bussa Livio, difensore dei controricorrenti e ricorrenti incidentali che si riporta ai motivi del controricorso;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. DESTRO Carlo, che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 1228/2007 depositata il 10.12.2007, accogliendo l’appello incidentale del lavoratore, ha condannato l’IPOST – Gestione Commissariale – al pagamento, in favore di O.V.P., dipendente postale cessato dal servizio in data successiva al *****, della somma di Euro 5827,96, oltre rivalutazione monetaria e interessi, a titolo di differenza dell’indennita’ di buonuscita maturata alla data del *****, calcolata in base non alla retribuzione percepita a tale data, come aveva fatto l’IPOST, ma con riferimento alla retribuzione in godimento alla (successiva) data del pensionamento. Ha altresi’ condannato IPOST alle spese del giudizio di appello, nonche’, in ulteriore riforma della sentenza appellata, a quelle del giudizio di primo grado.
La Corte ha ritenuto di condividere, perche’ conforme al tenore letterale delle disposizioni legislative in materia e rispondente a criteri di equita’, il principio secondo cui l’indennita’ di buonuscita del dipendente postale va liquidata sulla base del trattamento economico finale percepito dal lavoratore all’atto del pensionamento.
Avverso questa decisione l’IPOST – Gestione Commissariale Fondo Buonuscita Poste Italiane s.p.a. ricorre per Cassazione con due motivi.
Gli intestati eredi di O.V.P. resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale condizionato con un motivo. A questo l’IPOST ha resistito con controricorso.
A seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., e’ stata fissata l’adunanza della Corte per la decisione dei ricorsi in Camera di consiglio.
L’IPOST ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente la Corte riunisce i ricorsi, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
Con il primo motivo di ricorso l’IPOST sostiene che il testo delle norme di legge applicabili in materia (L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6 e D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3) impone di ritenere che la buonuscita del dipendente postale, da calcolarsi alla data di trasformazione dell’Ente Poste Italiane in societa’ per azioni (*****), deve avere come base di computo il trattamento retributivo in godimento a tale data e non quello finale percepito al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Ha quindi formulato il coerente quesito di diritto nei seguenti termini: “dica la Corte se l’indennita’ di buonuscita spettante ai dipendenti postali cessati dal servizio successivamente alla data di trasformazione dell’Ente Poste in Poste Italiane s.p.a. (*****) debba essere calcolata, ai sensi della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6 e del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3, inserendo nella base di calcolo di cui al D.P.R. n. 1032 del 1973, artt. 3 e 38 l’ultimo stipendio goduto dal lavoratore alla predetta data di trasformazione, senza prendere in considerazione eventuali miglioramenti o incrementi stipendiali successivi a tale data.”.
Il motivo e’ manifestamente fondato alla stregua delle recenti sentenze di questa Corte n. 28281/2008 e n. 17987/2009, nelle quali, sulla scorta anche dei principi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 366/2006, il cui contenuto e’ stato confermato dalla successiva ordinanza n. 444/2007, e’ stato esaminato ogni aspetto della questione, pervenendosi alla conclusione che la data alla quale occorre fare riferimento per il calcolo della buonuscita e’ quella del *****, momento a partire dal quale il dipendente postale matura non piu’ detta indennita’ ma il tfr. In particolare, e’ stato ritenuto del tutto improponibile il confronto con la normativa che ha disciplinato il passaggio dei dipendenti del disciolto ONMI agli enti locali, trattandosi di situazioni non comparabili. Infatti, mentre a questi ultimi va liquidato un complessivo trattamento di fine servizio di carattere previdenziale, in relazione all’intera durata dell’unico rapporto e in base all’ultima retribuzione percepita presso l’ente di destinazione, con applicazione dei distinti elementi di calcolo previsti, riguardo ai due periodi di lavoro presso l’ONMI e presso gli enti locali, dai rispettivi ordinamenti, per i quali rileva sempre l’ultima retribuzione (Cass., sez. un., n. 11647/1993 e n. 8682/1995), ai dipendenti postali spetta il tfr, avente natura retributiva, di cui l’importo della buonuscita costituisce soltanto una componente.
L’irrilevanza degli incrementi retributivi successivi al ***** deriva anche dal fatto che da tale data non sono piu’ dovuti contributi dal datore di lavoro (L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6 cit.), mentre quelli a carico dei lavoratori, dovuti fino al 31.12.2002 (L. n. 388 del 2000, art. 68, comma 4), non sono piu’ correlati all’ammontare della indennita’ (Corte Cost. n. 259/2002).
Per quanto riguarda la perdita del potere di acquisto, la Corte costituzionale ha rilevato, a chiusura della sentenza n. 366, che la violazione dell’art. 36 Cost. non deriva automaticamente dalla mancata previsione di un meccanismo di adeguamento di una componente del trattamento retributivo complessivo, quando la svalutazione monetaria non abbia raggiunto livelli inconsueti, come negli anni successivi alla trasformazione dell’Ente Poste in s.p.a..
Il secondo motivo con il quale l’Istituto ricorrente lamenta la condanna al pagamento di rivalutazione monetaria ed interessi, che assume pronunciata in violazione del termine dilatorio di cui al D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 3 convertito in L. 28 maggio 1997, n. 140, resta assorbito.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato vengono riproposte domande subordinate, assorbite dall’accoglimento della domanda principale. I ricorrenti incidentali sostengono che, qualora non sia possibile il calcolo della buonuscita maturata alla data del ***** con il computo del trattamento retributivo in atto al momento del (successivo) pensionamento, debbano essere riconosciuti interessi e rivalutazione monetaria dal ***** alla data della effettiva erogazione dell’indennita’ o, in alternativa, la rivalutazione dell’importo secondo le disposizioni della L. n. 297 del 1982, art. 1 (cosi’ il quesito di diritto).
Il motivo e’ manifestamente infondato. Infatti, la prima soluzione presupporrebbe un ritardo nel pagamento della buonuscita, ipotesi da escludere, in quanto il tfr, con la componente della buonuscita, diviene esigibile solo al momento del collocamento a riposo. Quanto alla seconda soluzione, la risposta negativa viene dalla impossibilita’ di applicare analogicamente la disposizione della L. n. 297 del 1982, art. 1 ad una norma – la L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6 citato – che non presenta lacune di alcun genere. Ma, a ben vedere, sono la citata sentenza costituzionale n. 366 del 2006 e la conforme ordinanza n. 444 del 2007, la quale ultima riguarda proprio l’art. 2120 c.c., come modificato dalla L. n. 297 del 1982, ad escludere che possa farsi applicazione d’uno dei meccanismi di rivalutazione prospettati nell’odierno ricorso incidentale, in quanto la Corte costituzionale ha giudicato la suddetta norma, di cui non ha ipotizzato interpretazioni alternative, non in contrasto con i parametri costituzionali degli artt. 3, 36 e 38 Cost., sebbene non preveda alcuna forma di indicizzazione o di adeguamento monetario nel tempo della indennita’ in questione, calcolata alla data del ***** in base alla retribuzione in atto a quel momento.
In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo, mentre va rigettato il ricorso incidentale. La sentenza impugnata va quindi cassata; e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito con il rigetto della domanda avente ad oggetto il ricalcolo dell’indennita’ di buonuscita.
L’onere delle spese dei giudizi di merito e di legittimita’, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.
PQM
LA CORTE Riunisce i ricorsi. Accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di ricalcolo dell’indennita’ di buonuscita. Rigetta il ricorso incidentale. Condanna gli eredi di O.V.P. al pagamento delle spese dei due giudizi di merito e di quello di legittimita’, che liquida, per il primo, in complessivi Euro 1900,00 di cui Euro 695,00 per diritti e Euro 1200,00 per onorario; per il secondo in complessivi Euro 2385,00 di cui Euro 680,00 per diritti e Euro 1700,00 per onorario; per il giudizio di cassazione in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 1900,00 per onorario; oltre a spese generali IVA e CPA per ciascuno dei predetti tre giudizi.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010