LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 12785/2006 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE SANTO 14, presso lo studio dell’avvocato SERGIO FALCONE, rappresentata e difesa dall’avvocato RINA Vincenzo, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 51248/04 R.A.D. della CORTE D’APPELLO di ROMA dell’11/07/05, depositato il 03/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/04/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso visto l’art. 375 c.p.c., per l’accoglimento del primo motivo del ricorso e per il rigetto degli altri, con le conseguenze di legge.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La corte d’appello di Roma con decreto del 3 novembre 2005 ha condannato il Ministero della giustizia al pagamento di Euro 6.000,00 (oltre ad Euro 750,00 per spese processuali) a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo (avente ad oggetto un’opposizione a decreto ingiuntivo) introdotto da C. A. il 30 settembre 1988 non ancora definito al 28 luglio 2004 ritenendo ragionevole, in relazione alla natura del giudizio e alla necessità di un’istruttoria, una durata di quattro anni ed eccedente la ragionevolezza quella di ulteriori 12 anni e liquidando equitativamente in Euro 500,00 l’anno l’indennizzo per danni non patrimoniali. Per la cassazione di tale decreto la C. ha proposto ricorso per cassazione, al quale resiste il Ministero della Giustizia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta che la corte territoriale:
1) abbia determinato in quattro anni la durata ragionevole del giudizio;
2) abbia liquidato l’indennizzo per la sola durata eccedente quella ragionevole, omettendo di liquidare il bonus di Euro 2.000,00 e discostandosi in modo irragionevole dai parametri della Corte di Strasburgo;
3) abbia liquidato le spese processuali in modo errato.
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.
La durata ragionevole del giudizio è stata determinata in quattro anni sulla base di una motivazione che esclude ogni profilo di irragionevolezza.
Non merita accoglimento la censura di mancata liquidazione del bonus di Euro 2.000,00 indicato, per le controversie di natura previdenziale dalla sent. CEDU Zullo c. Italia del 10 novembre 2004, trattandosi di censura al mancato esercizio di poteri discrezionali.
E’ inoltre principio pacifico, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, che è la legge nazionale ad imporre di correlare il ristoro al solo periodo di durata irragionevole del processo e non all’intera durata dello stesso. Tale modalità di calcolo non tocca la complessiva attitudine della legge citata ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e, pertanto, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla repubblica italiana con la ratifica della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, par. 1, convenzione medesima.
Fondata è invece la censura relativa alla liquidazione dell’indennizzo in misura irragionevolmente inferiore ai parametri normalmente utilizzati dalla giurisprudenza della CEDU. Resta assorbita la censura relativa alla liquidazione delle spese processuali.
Accolto il ricorso, nei sensi di cui in motivazione può procedersi alla decisione nel merito del ricorso ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatto essendo richiesto.
L’indennizzo può essere liquidato quindi in complessivi Euro 13.000,00 in relazione al ritardo di anni dodici e mesi nove. La liquidazione delle spese del giudizio di merito può essere effettuata in Euro 1.082,00 mentre, quanto alle spese del giudizio di legittimità, possono essere compensate fino alla metà, attesa la parziale soccombenza.
P.Q.M.
La corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso; cassa il decreto impugnato e decidendo ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna il Ministero della giustizia al pagamento di Euro 13.000,00 in favore della ricorrente; liquida a titolo di spese del giudizio di primo grado la somma di Euro 1.082,00 (Euro 100,00 per esborsi, Euro 470,00 per diritti ed Euro 512,00 per onorari); condanna l’amministrazione convenuta al pagamento delle spese del giudizio legittimità, previa compensazione fino alla metà, con Euro 100,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per onorari.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi, Sezione Prima Civile, il 29 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010