Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.614 del 15/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.L.G., con domicilio eletto in Roma, p.le delle Belle Arti n, 1, presso l’Avv. De Paola Gabriele che lo rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Roma depositato il 12 gennaio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Zanichelli Vittorio;

Viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.L.G. ricorre per Cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale e’ stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al TAR Toscana dal 28 dicembre 1991 al 9 marzo 1995 e quindi avanti al Consiglio di Stato in grado di appello dal 16 maggio 1996 al 4 febbraio 2003 e in sede di revocazione dal giorno 8 marzo 2004 al 15 novembre 2004.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

La causa e’ stata assegnata alla Camera di consiglio essendo stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere preliminarmente rilevata l’inammissibilita’ del ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze che non e’ stato parte nel giudizio a quo ne’ e’ successore della Presidenza del Consiglio dei Ministri, posto che la sua legittimazione passiva nei procedimenti di equo indennizzo attiene unicamente a quelli iniziati dopo l’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006 (art. 1, comma 1225).

Il primo e (parzialmente) il terzo motivo con i quali si censura l’impugnata decisione per non avere tenuto conto, calcolando i tempi complessivi della durata del processo presupposto, anche del giudizio di revocazione e che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono manifestamente fondati dal momento che il giudice del merito ha immotivatamente escluso dal calcolo la durata del processo di revocazione che deve invece essere considerato un’ulteriore fase del procedimento in cui e stata emessa la sentenza revocanda, vertendosi nella fattispecie in un’ipotesi di revocazione propria resa necessaria da errore ascrivibile all’ufficio giudiziario.

Il secondo e (per quanto attiene alla stessa censura, il terzo) motivo di ricorso con i quali ci si duole della quantificazione dell’equo indennizzo in Euro 1.000,00 in ragione d’anno sono manifestamente infondati in quanto tale misura corrisponde allo standard indicato dalla Corte europea e la sola natura della controversia (crediti da rapporto di lavoro) non e’ idonea a comportare necessariamente uno scostamento in difetto di indicazioni circa la particolare incidenza della pretesa sulla situazione economica del ricorrente.

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti di cui sopra e cassato in parte qua il decreto impugnato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa puo’ essere decisa nel merito e quindi liquidato per l’ulteriore periodo di mesi otto l’indennizzo nella misura annuale gia’ stabilita dalla Corte, la Presidenza del Consiglio dei Ministro deve essere condannata al pagamento della somma di Euro 3.670,00, oltre interessi di legge dalla data della domanda.

Le spese del primo grado seguono la soccombenza.

Il parziale accoglimento della domanda induce alla compensazione in ragione della meta’ delle spese di questa fase che per il residuo debbono essere poste a carico dell’Amministrazione.

PQM

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze; accoglie quello nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri nei limiti di cui in motivazione, cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, la condanna al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 3.670,00, oltre interessi di legge dalla data della domanda, nonche’ al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 923,00, di cui Euro 378,00 per diritti, Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; compensa per un mezzo le spese del giudizio di legittimita’, che per l’intero liquida in complessivi Euro 555,00, di cui Euro 455,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, e condanna l’Amministrazione alla rifusione del residuo.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010

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