LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –
Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI (avviso postale Centro Direzionale G1 – 80143 Napoli), giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
– intimato –
avverso la sentenza R.G.A.D. 50859/05 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 13.3.06, depositato il 06/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/05/2009 dal Consigliere Relatore Dott. FITTIPALDI Onofrio.
FATTO E DIRITTO
Visto il decreto depositato il 7 settembre 2006, con il quale la Corte di Appello di Roma ha solo parzialmente accolto il ricorso proposto, ai sensi della L. n. 89 del 2001, da G.D. in ordine alla dedottamente irragionevole durata del procedimento dallo stesso introdotto, innanzi al giudice del lavoro, con atto del 11 dicembre 1998, e definito con sentenza del 11/03/05;
rilevato come la Corte territoriale, piu’ in particolare, dopo aver individuato in 2 anni e 6 mesi il periodo di ragionevole durata del giudizio, ha ritenuto di quantificare in 3 anni e 10 mesi la conseguente eccedenza di durata del giudizio ed in considerazione della limitata portata economica della controversia, ha liquidato – sulla base del parametro di Euro 500,00 per anno – in Euro 1.900,00 il danno morale, ed in Euro 825,00 complessivi le spese poste a carico del soccombente;
rilevato, altresi’, come, avverso il suddetto decreto proponga ricorso per Cassazione, con atto notificato il 24/09/07, il G. sulla base di 17 motivi, con i quali lamenta, anche sotto il profilo del vizio motivazionale, come, la Corte territoriale si sia illegittimamente discostata dagli standard fissati dalla Corte CEDU nell’individuare il periodo di ragionevole durata dei giudizi, tanto piu’ tenuta in conto la natura laburistica della controversia, ed in ogni caso non abbia riconosciuto, al diritto alla ragionevole durata del processo, quel rango di “diritto fondamentale”, la cui violazione genera – ex se – il diritto al ristoro da liquidare secondo i parametri della Corte CEDU (compreso il “bonus” di Euro 2.000,00) e sulla base dell’intera durata del giudizio presupposto, e, piu’ in particolare, partendo dall’altrettanto erroneo riferimento al discutibile criterio della “posta in gioco”, abbia, in ogni caso, fissato in soli 3 anni e 10 mesi il periodo di irragionevole durata del giudizio ed illegittimamente contenuto nell’insufficiente importo di Euro 1.900,00 l’indennizzo de “danno non patrimoniale”, ed altrettanto illegittimamente abbia liquidato le spese di lite in misura irrispettosa della tariffa professionale contenziosa;
rilevato come non vi sia controricorso del Ministero;
vista la relazione del giudice designato ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
ritenuta la sua piena condivisibilita’, in quanto il ricorso, se si rivela manifestamente infondato e/o inammissibile (anche per incongrua formulazione dei relativi quesiti di diritto) quanto ai profili attinenti alla denuncia di violazione dei parametri di computo della ragionevolezza della durata del processo, al diritto al c.d. “bonus” (andando ribadito come, l’obbligo del giudice italiano di adeguarsi ai parametri della Corte CEDU non si estenda anche al criterio dell’intera durata del giudizio e del riconoscimento del c.d. “bonus”), si rivela invece manifestamente fondato quanto alle doglianze attinenti all’illegittimo discostamento dai parametri della Corte CEDU nella liquidazione del danno morale (importo liquidato:
Euro 500,00 per anno);
ritenuto che in tali limiti ed in tal senso il ricorso vada accolto e l’impugnato decreto vada cassato, con assorbimento dei profili di doglianza relativi alla liquidazione delle spese, ma che, non rendendosi necessari altri accertamenti in fatto, la causa possa essere decisa nel merito liquidando il danno non patrimoniale in Euro 3833,00 e le spese come da dispositivo, previa compensazione parziale delle spese di questa fase attesa il solo parziale accoglimento del ricorso.
P.Q.M.
Visto l’art. 380 bis c.p.c..
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa l’impugnato decreto e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere, alla parte ricorrente, la somma di Euro 3.833,00 per indennizzo, oltre interessi legali dalla domanda, nonche’ le spese del giudizio che determina, per il giudizio di merito, in Euro 100,00 per esborsi, Euro 385,00 per diritti ed in Euro 450,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge, e che compensa per la meta’ per il giudizio di legittimita’, gravando l’Amministrazione della residua meta’, e che determina per l’intero in Euro 1200,00, di cui Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge; spese tutte che distrae in favore dell’avv. A. L. Marra, antistatario.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi della Sezione Prima Civile della Corte di cassazione, il 22 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2010