LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –
Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 13202/2008 proposto da:
ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA GIUSEPPE VERDI N. 10, presso lo studio dell’Avvocato TURCO Chiara (c/o l’Ufficio della Funzione Affari Legali e Societari), che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
A.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ANTONIO MANCINI 4/B, presso lo studio dell’avvocato FASANO Giovannantonio che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1267/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/05/2007 R.G.N. 350/05;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 01/12/2009 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;
udito l’Avvocato CHIARA TURCO;
udito l’Avvocato FASANO GIOVANNANTONIO:
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato – IPZS – proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con la quale era stato condannato al pagamento, in favore di A.G., della somma pretesa a titolo di inclusione dei compensi percepiti per straordinario nella base di calcolo dell’indennità di anzianità e del TFR, nonchè della somma pretesa a titolo di inclusione del medesimo emolumento nella 13^ e nella 14^ mensilità sino al 31.10.1992.
La A. resisteva al gravame, chiedendone il rigetto.
Con sentenza del 9 maggio 2007, l’adita Corte di Appello di Roma rigettava l’impugnazione.
A sostegno della decisione, e per quanto interessa in questa sede, la Corte di merito affermava il diritto al ricalcolo dell’i.d.a. e del t.f.r. con inclusione nella relativa base del compenso percepito per il lavoro straordinario continuativamente prestato, in considerazione della disciplina degli artt. 2120 e 2121 c.c. e della L. n. 297 del 1982, e dell’assenza, in relazione al TFR, di una disciplina collettiva posta in deroga al principio di onnicomprensività della retribuzione.
La Corte di merito ribadiva, inoltre, quanto affermato dal primo Giudice circa l’incidenza di detti compensi anche sulla tredicesima e quattordicesima, sulla base dell’art. 21 del C.C.N.L. grafici del 1989, che fissava una nozione onnicomprensiva della retribuzione con effetto fino al 31.10.92. Questa sentenza è impugnata per cassazione dalla s.p.a. Istituto poligrafico e Zecca dello Stato con due motivi.
Si è costituita la parte intimata con controricorso. E’ stata depositata memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, e d’ufficio, deve rilevarsi che parte ricorrente ha omesso di depositare i contratti collettivi sui quali si fonda il ricorso, essendosi limitata a riportare in ricorso il testo di alcuni articoli, o di parti di articoli, e ad allegare al ricorso medesimo solo parti dei contratti e non gli stessi per intero. Questa modalità non è conforme alla previsione di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 (come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7), applicabile al ricorso in esame che concerne due sentenze pubblicate dopo il 2 marzo 2006.
L’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, infatti, così si esprime:
“Insieme con il ricorso debbono essere depositati sempre a pena di improcedibilità … 4) gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.
Come osservato in analoghe occasioni da questa Corte (v., tra le tante, Cass. 2 luglio 2009 n. 15495), la norma impone alla parte un onere di produzione che ha per oggetto il contratto nel suo testo integrale. La disposizione infatti si riferisce ai “contratti o accordi collettivi”, senza, fornire alcun elemento che possa consentire di effettuare una produzione parziale, limitata a singole clausole, singoli articoli, o parti di articoli del contratto. Essa, inoltre, va letta congiuntamente al disposto di cui al n. 6 dell’art. 366 c.p.c., secondo cui il ricorso deve contenere “la specifica indicazione … dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.
La scelta legislativa è coerente con i principi generali dell’ordinamento, che certo non consentono a chi invoca in giudizio un contratto, di produrre al giudice solo una parte del documento.
E’ coerente altresì con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 cod. civ., e segg., in particolare, con la regola denominata dal codice “interpretazione complessiva delle clausole”, secondo la quale “Le clausole del contratto si interpretano le une per meno delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto” (art. 1363 cod. civ.).
E’ evidente che l’applicazione di questa regola implica la necessità di avere dinanzi l’intero testo.
La scelta legislativa è poi coerente con i criteri di fondo dell’intervento legislativo in cui si inserisce (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e relativa legge delega) volto a potenziare la nomofilachia della Corte di Cassazione.
E’ ben vero che sono stati riprodotte in ricorso le disposizioni che regolano la materia per cui è causa, tuttavia proprio la mancanza del testo integrale non consente di escludere che in altre parti del contratto vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva dell’argomento che interessa.
Invero, nel ricorso vertente sulla interpretazione della contrattazione collettiva, la singola clausola viene necessariamente riportata, in quanto indispensabile per lo svolgimento stesso della censura, pur tuttavia il legislatore prescrive, in ogni caso, il deposito dell’accordo o del contratto collettivo, segno quindi che si impone al ricorrente di farne conoscere non solo la singola disposizione ma il testo complessivo.
Il ricorso va quindi dichiarato improcedibile.
Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, e vanno attribuite all’avv. Giovannantonio Fasano, distrattario.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso improcedibile e condanna la parte ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 35,00, oltre Euro 2.000,00, per onorari ed oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. con attribuzione all’avv. Giovannantonio Fasano.
Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2010