Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.636 del 18/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5847/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 31/12/2004 R.G.N. 2123/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. NOBILE Vittorio;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1581 del 2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Nola rigettava la domanda proposta da D.M. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere l’accertamento della nullita’ del termine apposto al contratto di lavoro stipulato per il periodo 4/6/1999 – 3/9/1999 per “esigenze eccezionali” ex art. 8 CCNL 1994 come integrato dall’accordo 25/9/1997, con la conseguente declaratoria di un rapporto a tempo indeterminato a far data dal 4/6/1999 e con la condanna della societa’ al ripristino del rapporto e al risarcimento del danno pari alle retribuzioni non corrisposte.

Avverso la detta sentenza il D. proponeva appello chiedendo l’accoglimento della domanda.

La societa’ si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza depositata il 31/12/2004, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiarava la nullita’ del termine e per l’effetto dichiarava la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato dal 4/6/1999 e condannava la societa’ al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, di una somma pari alle retribuzioni maturate dalla data di notifica del ricorso di primo grado fino alla sentenza di appello, oltre rivalutazione e interessi.

Per la cassazione di tale sentenza la societa’ ha proposto ricorso con tre motivi.

Il D. e’ rimasto intimato.

Infine e’ stato depositata copia di verbale di conciliazione in sede sindacale concluso tra le parti in data *****.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Dal verbale di conciliazione prodotto in copia risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transitivo con il quale il D., oltre a conciliare la lite di cui alla sentenza citata nel verbale stesso, ha anche rinunciato “ad azionare ogni rivendicazione ricollegabile ad eventuali ulteriori rapporti intercorsi con la societa’, diversi da quello preso a riferimento dalla sentenza” stessa. Le parti, infine, si sono date atto “dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge” ed hanno dichiarato “che – in caso di fasi giudiziali ancora aperte – le stesse saranno definite in coerenza con il presente verbale”.

Osserva il Collegio che il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui e’ proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.U. 29 novembre 2006 n. 25278).

In particolare, come questa Corte ha piu’ volte affermato, “quando nel corso del giudizio di legittimita’ intervenga un fatto che determini la cessazione della materia del contendere, ovvero il venir meno, con la materia controversa, di qualsiasi posizione di contrasto tra le parti, ma non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o alla pretesa sostanziale, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, essendo venuto meno l’interesse alla definizione del giudizio, e, quindi, ad una pronuncia nel merito” (cfr. Cass. 27/10/2005 n. 20860, Cass. 9/11/2004 n. 21291, Cass. 5/8/2004 n. 15081, Cass. S.U. 26/7/2004 n. 14059, Cass. 23/4/2004 ti.

7817, Cass. 16/4/2004 n. 7239, Cass. 12/11/2003 n. 17075, Cass. 27/1/2003 n. 1205, Cass. 26/4/2002 n. 6083, Cass. S.U. 8/1/2003 n. 78, Cass. S.U. 18/5/2000 n. 368).

Infine non deve provvedersi sulle spese, non avendo l’intimato svolto alcuna attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2010

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