LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 156/2005 proposto da:
B.A., ***** domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato GRAZIANI SANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato ROGNONI Ernesto;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO ***** (in persona dell’Amministratore Dott. B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 146, presso lo studio dell’avvocato GUICCIARDI FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato BARBANO Mario;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 629/2004 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 02/09/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 11/12/2009 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;
udito l’Avvocato GRAZIANI Sandra, con delega depositata in udienza dell’Avvocato ROGNONI Ernesto, difensore della ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
B.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale le era stato intimato di pagare L. 8.838.288 al condominio di ***** in relazione a spese di amministrazione straordinaria concernenti il rifacimento del terrazzo soprastante l’unità immobiliare di essa opponente approvato con Delib. condominiale 11 aprile 1994. La B. eccepiva la nullità di detta delibera e dei criteri di ripartizione delle spese condominiali e/o delle tabelle millesimali utilizzate. L’opponente sosteneva che con la citata delibera era stata chiamata a concorrere nel riparto delle spese di rifacimento del terrazzo soprastante la sua unità immobiliare e che la quota di spesa attribuitale era stata determinata in violazione dei criteri stabiliti dalla legge posto che l’unità immobiliare in questione era coperta solo per una piccola parte dal terrazzo e, per il resto, si estendeva sotto altro corpo di fabbrica.
Il condominio, costituitosi, chiedeva il rigetto dell’opposizione.
Veniva quindi disposta c.t.u. al fine di verificare lo stato dei luoghi.
Con sentenza 27/11/2000 l’adito tribunale di Genova rigettava le domande della B. affermando che il criterio adottato dal condominio per effettuare il riparto della spesa relativa al rifacimento del tetto, pur apparendo in contrasto con il principio di cui all’art. 1123 c.c., era conforme al regolamento condominiale ed alle allegate tabelle millesimali per cui la B. – che aveva presentato la propria domanda oltre la scadenza dei termini di cui all’art. 1137 c.c. – avrebbe dovuto impugnare la delibera in questione esperendo contemporaneamente la procedura per la revisione delle tabelle millesimali.
Con sentenza 2/9/2004 la corte di appello di Genova rigettava il gravame osservando: che assorbente e decisivo era il rilievo, contenuto nell’impugnata pronuncia, secondo il quale l’attrice avrebbe dovuto impugnare la delibera condominiale in questione a norma dell’art. 1137 c.c.; che, con riguardo alle delibere dell’assemblea di condominio, occorreva distinguere le delibere concernenti la fissazione dei criteri di ripartizione delle spese ex art. 1123 c.c., o la modifica dei criteri in precedenza stabiliti – delibere richiedenti a pena di nullità il consenso unanime dei condomini – da quelle relative alla concreta ripartizione delle spese medesime effettuata dall’assemblea nell’esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art. 1135 c.c., nn. 2 e 3; che dette ultime delibere, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, dovevano essere considerate annullabili con impugnazione da proporre nel termine di decadenza di cui all’art. 1137 c.c.; che nella specie si era trattato di approvazione della concreta ripartizione avvenuta con delibera non impugnata tempestivamente e, quindi, obbligatoria per tutti i condomini; che di conseguenza la condomina dissenziente B., in mancanza di formale impugnazione ex art. 1137 c.c., non poteva sottrarsi al pagamento da lei dovuto in base alla ripartizione approvata; che l’amministratore del condominio poteva promuovere il procedimento monitorio e l’opposizione da parte della B. poteva riguardare la sussistenza del debito o la documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione, o il verbale della delibera assembleare, ma non poteva estendersi alla nullità o alla annullabilità della delibera avente ad oggetto l’approvazione delle spese condominiali da far valere in via separata con l’impugnazione di cui all’art. 1137 c.c..
La cassazione della sentenza della corte di appello di Genova è stata chiesta da B.A. con ricorso affidato a quattro motivi. Il condominio ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la B. denuncia vizi di motivazione sostenendo che la corte di appello, con laconica e contraddittoria motivazione, ha affermato che con la Delib.
Condominiale 11 aprile 1994 – relativa alla ripartizione delle spese di rifacimento del terrazzo – non venne scelto il criterio di ripartizione della spesa ma venne solo deciso di dividere in concreto tali oneri con criterio già stabilito in precedenza con conseguente necessità di impugnare la detta delibera nei termini ed ai sensi dell’art. 1137 c.c.. Tale presupposto è però del tutto insussistente ed erroneo con conseguente vizio della motivazione dell’impugnata sentenza. In particolare non è vero che il criterio di ripartizione della spesa in questione sarebbe stato disciplinato dal regolamento condominiale e dalle tabelle millesimali. L’art. 3 di tale regolamento si limita infatti a disciplinare il criterio di ripartizione delle spese per la riparazione e manutenzione delle parti comuni per cui non è applicabile nel caso in esame ove si tratta non di parti comuni ma di un terrazzo di proprietà di alcuni condomini e che costituisce la copertura delle sottostanti unità immobiliari. Pertanto il detto criterio non è stato applicato, nè poteva esserlo riguardando altra ipotesi. In realtà con la delibera in questione il condominio ha applicato un criterio specifico per la ripartizione della spesa in questione facendo riferimento all’art. 1126 c.c. (1/3 ai proprietari esclusivi e 2/3 agli altri condomini) interpretato peraltro in modo erroneo. La delibera, quindi, non è annullabile nei termini di cui all’art. 1137 c.c., ma è nulla con possibilità di chiedere l’annullamento in ogni momento.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 1137 c.c., deducendo che la Delib. 11 aprile 1994, è nulla e non annullabile in quanto approvata a maggioranza e non all’unanimità come necessario essendo stati violati i criteri ed i principi di ripartizione delle spese condominiali. La detta delibera è quindi impugnabile – sia pur incidenter tantum – anche oltre i termini di cui all’art. 1137 c.c..
Con il terzo motivo la B. denuncia violazione degli artt. 1123 e 1126 c.c., e vizi di motivazione deducendo che l’impugnata sentenza è imperniata su un grave vizio di motivazione avendo affermato che il condominio aveva fatto applicazione di un criterio preesistente disciplinato dal regolamento condominiale e dalle tabelle millesimali. Tale presupposto è inesistente: il condominio ha infatti inteso applicare il criterio indicato dall’art. 1126 c.c., mancando nel regolamento condominiale un criterio per la ripartizione delle spese di rifacimento del terrazzo. Il citato art. 1126 c.c., è stato erroneamente applicato non potendosi far gravate i 2/3 della spesa a carico dei condomini, in proporzione della proprietà di ciascuno, facendo applicazione della tabella millesimale di ripartizione delle spese generali di condominio. In mancanza di apposita tabella il condominio non poteva ripartire le spese riguardanti cose comune, destinate a servire i condomini in misura diversa, secondo i millesimi risultanti dalla tabella di proprietà.
La stessa c.t.u. effettuata in primo grado ha stabilito che ad essa B. andavano attribuiti 40,60 millesimi (in relazione alla superficie dell’immobile di sua proprietà coperta dal terrazzo ed alla conseguente utilità a suo vantaggio) e non i 191,97 millesimi erroneamente imputati dal condominio usando una tabella millesimale prevista a diverso fine per ripartire spese generali secondo la proprietà effettiva di ciascun condomino.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la corte di appello non ha tenuto conto che con la proposta opposizione essa B. aveva chiesto in ogni caso la previa declaratoria di nullità e/o la disapplicazione dei criteri di ripartizione delle spese condominiali e/o delle tabelle millesimali utilizzate dal condominio.
Detta domanda non è stata esaminata dalla corte di appello.
La Corte rileva l’infondatezza e, in parte, l’inammissibilità delle dette numerose censure che possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando tutte, sia pur sotto profili ed aspetti viversi, le stesse questioni o problematiche collegate riguardanti essenzialmente la nullità o l’annullamento della delibera condominiale posta a base del decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dal condominio ed impugnato dalla B. e, di conseguenza, l’applicabilità o meno nella specie del termine di decadenza previsto dall’art. 1137 c.c., u.c., per l’impugnazione delle deliberazioni (annullabili e non nulle) adottate dall’assemblea condominiale.
Al riguardo va osservato che la corte di appello – come sopra riportato nella parte narrativa che precede – ha ritenuto assorbente e decisivo il rilievo contenuto nella decisione di primo grado secondo cui la B. avrebbe dovuto impugnare la delibera in questione nel detto termine di decadenza.
Il giudice di appello ha confermato la decisione del tribunale con la quale era stato posto in evidenza che nella specie – al contrario di quanto sostenuto dalla B. – la delibera in esame non aveva modificato i criteri di ripartizione delle spese condominiali di cui all’art. 1223 c.c., nè aveva modificato i criteri in precedenza fissati dal condominio, ma si era limitata a ripartire le spese di rifacimento del lastrico solare in conformità e nel rispetto di quanto al riguardo previsto dal regolamento condominiale di natura contrattuale.
Su tale punto – coerentemente ritenuto dalla corte di appello assorbente e decisivo – la sentenza impugnata è del tutto corretta e si sottrae alle critiche che le sono state mosse con le censure sviluppate nei quattro motivi di ricorso.
Va in proposito segnalato che – come risulta dalla lettura della sentenza impugnata e da quanto dedotto sia nel ricorso che nel controricorso – il condominio, costituendosi nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, contestò immediatamente la tesi della opponente relativa all’asserita nullità della delibera di approvazione della ripartizione delle spese in questione deducendo che tale ripartizione era frutto della stretta applicazione dell’obbligatorio criterio previsto nel regolamento condominiale contrattuale.
La detta tesi difensiva del condominio opposto è stata ritenuta fondata dal giudice di primo grado con la precisazione che la delibera in questione altro non aveva fatto che tener conto del criterio di ripartizione delle spese previsto nel regolamento condominiale e nelle annesse tabelle millesimali, per cui la B. avrebbe dovuto impugnare la detta delibera nel termine di cui all’art. 1137 c.c., “contestualmente esperendo la particolare procedura per la revisione delle tabelle millesimali” (pagina 5 sentenza impugnata).
La B. – come riportato nella parte espositiva della sentenza di secondo grado – con i motivi articolati nell’atto di appello si limitò a riproporre la questione della nullità della delibera in esame per aver adottato un criterio di ripartizione delle spese in violazione degli artt. 1123 e 1126 c.c., senza cogliere il senso e la sostanziale ratio della sentenza impugnata e sostenendo genericamente che “vi sarebbe stato un erroneo ed incongruo richiamo all’art. 3 titolo 1 del Regolamento Condominiale” (pagina 6 sentenza impugnata), omettendo però di formulare specifiche censure in ordine alla applicabilità nella specie di detta norma regolamentare concernente la ripartizione delle spese condominali o in ordine all’interpretazione data dal tribunale a tale norma e ciò al fine di far venir meno l’argomento posto a base della decisione del tribunale.
Solo in questa sede di legittimità la ricorrente, con il primo motivo, ha dedotto che il regolamento condominiale non contiene alcuna norma circa il criterio di ripartizione della spesa di rifacimento del lastrico solare e che l’art. 3 del regolamento di condominio è stato erratamente interpretato dai giudici del merito.
Si tratta, come puntualmente eccepito dal resistente condominio, di una tesi difensiva inammissibile in quanto del tutto nuova perchè non risulta (nè è stato dedotto in ricorso) essere stata prospettata nel giudizio di primo grado e riproposta in quello di secondo grado.
Da quanto precede deriva che deve essere ritenuta ineccepibile l’affermazione dei giudici del merito – dagli stessi qualificata assorbente e decisiva – secondo cui la delibera condominiale in questione doveva essere impugnata dalla B. nel termine di decadenza indicato dall’art. 1137 c.c., non essendo affetta da nullità in quanto meramente attuativa di un criterio di ripartizione di spese condominiali disposto ed imposto (anche se in astratto erratamente) dal regolamento condominiale contrattuale e non contenente un nuovo o diverso criterio di ripartizione di dette spese come invece asserito dalla B. con tesi posta a base di tutti gli argomenti sviluppati a sostegno dell’opposizione a decreto ingiuntivo in questione e sostanzialmente ribaditi nei quattro motivi di ricorso sopra riportati.
Il ricorso va pertanto rigettato con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 200,00, oltre Euro 800,00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2010