Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.671 del 18/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso per regolamento di competenza proposto da:

UNIPOL BANCA S.P.A., con domicilio eletto in Roma, Via Tangorra n. 12, presso l’Avv. FORMARO Antonio (Studio Catricalà) che la rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

nei confronti di:

L.E. e N.G., con domicilio eletto in Roma, Via Tibullo n. 10, presso l’Avv. CENTRONE Michele che li rappresenta e difende come da procura a margine della memoria difensiva;

per l’impugnazione della sentenza n. 20420/08 del Tribunale di Bologna depositata in data 10 dicembre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 23 novembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio Zanichelli.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Unipol Banca s.p.a. propone regolamento di competenza avverso la sentenza in epigrafe con la quale il Tribunale di Bologna, nell’ambito di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso in favore della ricorrente e nei confronti dei fideiussori attuali intimati, ha declinato la propria competenza in favore di quella del Tribunale di Roma assumendo la coincidenza del luogo di esecuzione dell’obbligazione fideiussoria con quello dell’obbligazione garantita.

Gli intimati resistono con memoria difensiva.

Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere rilevata preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per inidoneità dei quesiti.

Premesso che è giurisprudenza acquisita quella secondo la quale il quesito di diritto imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve corredare anche il ricorso per regolamento di competenza (Cassazione Civile, sez. un., 11 febbraio 2008, n. 3171) e che sono principi ugualmente già affermati quelli secondo cui “E’ inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il ricorso per cassazione in cui l’espressione quesito giuridico sia seguita da una mera elencazione di norme, asseritamente violate, senza che – a conclusione o nei corpo del mezzo impugnatorio – risulti formulato il quesito in ordine ai quale si chiede alla Corte l’enunciazione dei correlativo principio di diritto” (Cassazione civile, sez. un., 18 luglio 2008, n. 19811) e “Il quesito deve concludere l’illustrazione del motivo e non si identifica nell’indicazione del motivo e delle norme, e appare evidente che la sua condusività è un dato che deve appartenere a suo stesso contenuto. E’ lo stesso quesito che deve avere efficacia conclusiva dell’indicazione e illustrazione del motivo e delle norme di diritto. Perciò non può risolversi in un interrogativo meramente astratto. Poichè esso conclude il motivo deve, sia pure riassuntivamente, rivelare e specificare nei suo contenuto le ragioni del suo collegamento a esso. E’ per tale ragione che non è quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., la mera interrogazione rivolta alla Corte sul se una norma sia stata violata” (Cassazione civile, sez. 3^, 29 agosto 2008, n. 21887), ai richiamati canoni non corrispondono i quesiti posti a corredo dei due motivi di ricorso dal momento che con gli stessi si chiede, rispettivamente, se vi sia stata violazione delle norme sulla competenza (“Accerti l’Ecc.ma Corte di Cassazione adita la violazione dell’art. 20 c.p.c. e art. 1182 c.c., comma 3, nell’individuazione del foro competente a pronunciare decreto ingiuntivo nei confronti dei fideiussori relativamente a rapporto di conto corrente estinto e dichiari, conseguentemente, la competenza territoriale del Tribunale di Bologna ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 20 c.p.c. e art. 1182 c.c., comma 3, e non già quella del Tribunale di Roma”) e sulla regolamentazione delle spese del giudizio (“Accerti l’Ecc.ma Corte di Cassazione adita la violazione dell’art. 92 c.p.c., per non aver considerato l’esistenza di giusti motivi per compensare parzialmente o per intero le spese processuali tra le parti”), senza che vi siano enunciati i principi, diversi da quelli applicati dal giudice a quo, che dovrebbero confortare le tesi della ricorrente e che non possono essere desunto dai motivi, pena la sostanziale elusione della norma.

Alla ritenuta inammissibilità del ricorso consegue la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2010

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