Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.677 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. VIDIRI Guido – rel. Consigliere –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.S. (*****), A.C.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GUGLIELMO CALEDERINI 60, presso lo studio dell’avvocato LA PERA Fabrizio, rappresentati e difesi dall’avvocato AMATO FRANCESCO, per procura in atti;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CATANIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 472/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 05/08/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 15/12/2009 dal Consigliere Dott. VIDIRI Guido;

udito l’Avvocato Francesco AMATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per l’inammissibilità del primo e secondo motivo, rigetto del terzo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 1 febbraio 2001 al Tribunale di Catania M. S. riferiva che era stato assunto con la qualifica di vigile urbano – ex ***** qualifica – dal Comune di Catania e che aveva partecipato al concorso interno per il profilo di ispettore di vigilanza – ex ***** qualifica – con inquadramento riconosciutogli con decorrenza dal 1 gennaio 1998. Il 25 giugno 1999 era stato bandito altro concorso per ispettore superiore, ex ***** qualifica, ed il bando aveva previsto per l’acquisizione di detta qualifica l’anzianità di tre anni nella posizione funzionale precedente. Il Comune di Catania lo aveva inquadrato nella Categoria ***** e gli aveva fatto firmare, pena il licenziamento, apposito contratto il *****, mentre aveva diritto all’inquadramento in categoria *****, rientrante nelle mansioni proprie degli addetti al corpo di vigilanza. Un tale contratto era però illegittimo per sperequazione, rispetto al livello raggiunto avendo svolto mansioni di coordinamento degli agenti di polizia municipale, come da ordini di servizio che allegava, e che erano idonei a giustificare l’inquadramento nella categoria in *****. Tutto ciò premesso, chiedeva l’annullamento del contratto individuale di lavoro ed il riconoscimento nella categoria *****, profilo economico *****, o in subordine *****, con la condanna alle differenze retributive ed al risarcimento del danno anche per mobbing. Instauratosi il contraddittorio, il Comune eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e nel merito contestava la fondatezza dell’avversa domanda.

Dopo la riunione ad analoga controversia proposta da A.C. M., il Tribunale con sentenza del 4 marzo 2002, dichiarava il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria per le pretese antecedenti il 30 giugno 1998, e rigettava le restanti domande successive a tale epoca, con la compensazione delle spese.

Avverso tale sentenza l’ A. ed il M. proponevano gravame e, dopo la ricostituzione del contraddittorio, la Corte d’appello di Catania con sentenza 5 agosto 2006 rigettava l’appello e compensava le spese. Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale osservava – per quanto rileva in questa sede di legittimità – che con riferimento alla pronunzia di difetto della giurisdizione del giudice ordinario prima del 30 giugno 1998, correttamente aveva deciso il primo giudice che, senza violare il disposto dell’art. 112 c.p.c., aveva evidenziato come la richiesta di annullamento della delibera del Comune del 26 gennaio 1999 e del successivo ordine di servizio del 24 giugno 1999 facessero riferimento alla posizione dei vigili nei tre anni precedenti, sicchè l’esame della loro posizione lavorativa non poteva che appartenere al giudice amministrativo ratione temporis. In merito alla fondatezza della richieste degli attuali ricorrenti successive alla data del 30 giugno 1998, la Corte territoriale osservava poi come la domanda di annullamento del contratto con il Comune di Catania, da essi sottoscritto, non era stata formulata nell’atto introduttivo della lite in modo specifico, e per di più nell’udienza del 7 febbraio 2002 si era rinunciato da parte dei difensori degli appellanti – con il formulare l’istanza di decisione della controversia – ad ogni eventuale richiesta di mezzi probatori. Nè poteva – evidenziava infine il giudice d’appello – avere alcuna influenza nè poteva inficiare la correttezza della decisione di primo grado l’assunto dei ricorrenti che avevano affermato che colleghi versanti nella loro identica posizione si erano visti riconosciuto il trattamento da essi rivendicato.

Avverso tale sentenza M.S. ed A.C. M. pongono ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi. Non si è costituito il Comune di Catania.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti deducono ultrapetizione e violazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento alla parte della impugnata sentenza con la quale si era proceduto alla declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, eccepita da controparte. In altri termini i ricorrenti sostengono che la Corte territoriale era incorsa nel vizio di ultrapetizione perchè essi si erano limitati nell’atto di gravame a chiedere ed ottenere l’inquadramento nella categoria *****, a decorrere dal 22 luglio 1999, richiamando l’applicazione dei contratti collettivi ed il principio di parità di trattamento con gli altri colleghi e non chiedendo l’annullamento di atti amministrativi, che tra l’altro potevano essere presi in esame dal giudice d’appello incidenter tantum e disapplicati se reputati lesivi di diritti soggettivi. Rimarcano ancora che la giurisdizione del giudice ordinario andava riconosciuta anche perchè si era in presenza di una controversia attinente a prove selettive per soli interni che comportavano il passaggio da una qualifica ad un’altra nell’ambito della stessa area.

Con il secondo motivo i ricorrenti addebitano alla sentenza impugnata il vizio di omessa pronunzia in quanto tra le domande proposte nell’atto di appello vi era quella del riconoscimento del mobbing patito con la richiesta del danno da essi patito, sulla quale non vi era stata alcuna pronunzia.

Con il terzo motivo – seguito, come i precedenti, da un apposito quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. – i ricorrenti rilevano nella sentenza impugnata violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro e lamentano nuovamente una diversità di trattamento rispetto ad altri dipendenti del Comune rivestenti la loro stessa posizione.

Sulla base di tutte le suddette censure. M.S. e A.M.C. chiedono, dunque, a queste Sezioni Unite della Corte di cassazione che, previa declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario, venga ad essi riconosciuta la categoria ***** – alla stregua del contratto collettivo di settore con la decorrenza dallo stesso determinata e, in ogni caso, con decorrenza uguale a quella degli altri dipendenti in posizione lavorativa identica – con annullamento della sentenza impugnata e con tutte le conseguenze di carattere economico.0 Il ricorso articolato, come detto, in tre motivi – da esaminarsi congiuntamente per importare la soluzione di questioni tra loro strettamente connesse – va rigettato perchè privo di fondamento.

Va in via pregiudiziale rilevato che deve essere riaffermata la giurisdizione del giudice ordinario nei termini indicati nella impugnata sentenza, alla stregua del criterio di ripartizione della giurisdizione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7.

Nel caso di specie, infatti, va riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario a partire dal 30 giugno 1998 dal momento che i ricorrenti hanno posto a fondamento della loro pretesa il contatto collettivo del 31 marzo 1999 e quello successivo del 14 settembre 2000, posti alla base delle pretese economiche avanzate anche nel presente giudizio a seguito di riconoscimento della superiore qualifica. Ne consegue che correttamente il giudice d’appello, nel riconoscere la giurisdizione del giudice ordinario, ha tenuto conto del disposto dell’art. 29 del contratto collettivo del 14 settembre 2000 (contenente disposizioni speciali per realizzare il passaggio alla categoria ***** del personale dell’ex qualifica funzionale *****) e della avvenuta attribuzione – in applicazione della citata disposizione – della indicata categoria ***** con provvedimento dirigenziale del 15 dicembre 2001.

Ed ugualmente va confermata la decisione impugnata per quanto attiene alla devoluzione della giurisdizione al giudice amministrativo per il periodo antecedente al 30 giugno 1998, perchè al di là della mancanza di uno specifico motivo di ricorso suscettibile di inficiare sul punto la motivazione della pronunzia del giudice d’appello, questi – come più volte si è detto – ha limitato la declaratoria della giurisdizione del giudice amministrativo alle questioni attinenti al rapporto lavorativo del M. e dell’ A. ed antecedenti alla data indicata come discrimine ratione temporis dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7.

Inoltre non si configura nel caso di specie il denunziato vizio di violazione dell’art. 112 c.p.c., atteso che la condotta processuale e, specificatamente, le richieste delle parti in causa, volte ad ottenere dal giudice una pronunzia sulla giurisdizione con riferimento all’intero rapporto lavorativo del M. e dell’ A., portano ad escludere la suddetta violazione, riscontrandosi nel caso di specie una completa corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato. Risultano ugualmente prive di fondamento le ulteriori censure che investono nel merito la decisione della Corte territoriale, nella parte cioè in cui ha rigettato le richieste economiche dei dipendenti in epigrafe. Ed invero il giudice d’appello, seppure con un iter argomentativo succinto, ha respinto le domande attrici sul presupposto che il primo giudice aveva ritenuto carente il materiale probatorio acquisito al processo perchè il M. che l’ A. non avevano provato i fatti posti a fondamento delle loro richieste e perchè le istanze probatorie non erano state ritualmente e tempestivamente formulate nell’atto introduttivo del giudizio. A fronte di siffatte ragioni evidenziate della decisione impugnata i ricorrenti si sono limitati ad affermare in questa sede di legittimità che si era proceduto ad una non corretta applicazione dei contratti collettivi ed hanno altresì lamentato una violazione del principio di parità di trattamento rispetto ad altri colleghi ma non hanno – non osservando in tal modo il principio dell’autosufficienza del ricorso per Cassazione – riportato nel ricorso stesso il contenuto dei suddetti contratti nè hanno fatto riferimento ad alcuna violazione dei canoni ermeneutici nella loro interpretazione, nè hanno precisato le singole posizioni di quei colleghi che si sono visti riconosciuti diritti che sono stati ad essi invece – illegittimamente secondo il loro assunto – negati.

Corollario di quanto sinora esposto è che ad identiche considerazioni e conclusioni deve approdarsi in materia dei danni richiesti dai ricorrenti anche a titolo di mobbing, per essere rimasti anche essi privi di qualsiasi prova (per il principio dell’autosufficienza del ricorso per Cassazione vedi da ultimo ex plurimis: Cass. 27 gennaio 2009 n. 1893 nonchè Cass. 1707 del 23 gennaio 2009 n. 1707, secondo cui in tema di ricorso per Cassazione, gli elementi dedotti con il ricorso, che non siano rilevabili d’ufficio, assumono rilievo in quanto siano stati rievocati in modo auto sufficiente ed acquisiti, quindi, nel dibattito processuale nella loro materiale consistenza, nella loro pregressa deduzione e nella loro processuale rilevanza, capace come tale di giungere ad una diversa soluzione).

Nessuna statuizione può essere emessa per la mancata costituzione del Comune di Catania.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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