LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –
Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –
Dott. VIDIRI Guido – rel. Consigliere –
Dott. ODDO Massimo – Consigliere –
Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.C. (*****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato DE NINNO MARCELLA, rappresentato e difeso dall’avvocato DE CESARIS ANDREA, per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 432/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 18/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 15/12/2009 dal Consigliere Dott. VIDIRI Guido;
udito l’Avvocato Amedeo ELEFANTE dell’Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso in via principale per l’improcedibilita’; in via subordinata per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 21 luglio 2005, L.C. impugnava la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Grosseto che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario con riguardo alla domanda proposta dallo stesso L. nei confronti del Ministero della Difesa, con la quale aveva chiesto la condanna dell’Amministrazione convenuta al risarcimento del danno, nella misura di Euro 500.000,00. A tal fine il ricorrente, dipendente dell’aeronautica militare presso il deposito di ***** nel periodo dal 1962 al 1992, esponeva che aveva lavorato presso l’officina meccanica e qui era stato esposto con continuita’ a rumori di foltissima entita’, senza essere dotato di mezzi individuali protettivi, sopportando inoltre il gravoso compito di sollevare notevoli pesi, senza che fossero state rispettate le necessarie norme di sicurezza. Nell’anno 1994 gli era stata riscontrata una diffusa spondiloartrosi nonche’ una ipoacusia bilaterale, tanto che gli era stata riconosciuta la causa di servizio. Cio’ premesso il ricorrente sosteneva che il datore di lavoro era stato inadempiente agli obblighi posti a suo carico dall’art. 2087 c.c. e che il danno alla salute da lui riportato era ascrivibile alle suddette inadempienze.
Da qui la condanna nei confronti dell’Amministrazione convenuta ai sensi degli artt. 2087 e 2043 c.c. previo accertamento che le patologie da cui era affetto dipendevano dal servizio prestato presso l’officina meccanica del Ministero presso la quale aveva per molti anni lavorato. Dopo la costituzione del Ministero, che eccepiva il difetto di giurisdizione e la prescrizione del diritto azionato e nel merito l’infondatezza della domanda, e dopo che era stato espletata consulenza medico – legale, il Tribunale di Grosseto dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
A seguito di gravame della parte soccombente, la Corte d’appello di Firenze con sentenza del 18 marzo 2008 rigettava il gravame e condannava il L. al pagamento delle spese del giudizio. A tale riguardo la Corte osservava – per quanto rileva in questa sede di legittimita’ – che come emergeva dai fatti di causa la condotta illegittima dell’Amministrazione si era esaurita nell’agosto 1992, data del pensionamento del L., per cui doveva riconoscersi la giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, per avere il suddetto L. fatto valere la responsabilita’ contrattuale del Ministero per violazione del disposto dell’art 2087 c.c.. Le condotte materiali del Ministero concretizzavano, infatti, violazioni degli obblighi di sicurezza cui e’ tenuto il datore di lavoro.
Avverso tale sentenza L.C. propone ricorso per Cassazione, affidata ad un motivo unico. Resiste con controricorso il Ministero della Difesa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso L.C. denunzia errata interpretazione delle norme sulla giurisdizione ed in particolare del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 39 – richiamato dalla L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, comma 2 (sull’attribuzione dei Tribunali amministrativi regionali) – che limita l’attribuzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai ricorsi relativi a rapporti di pubblico impiego proposti dagli impiegati dello Stato o degli altri enti pubblici, mentre l’art. 409 c.p.c., n. 1, assegna al Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative ai rapporti di lavoro subordinato privato (ed eccezionalmente quelle di diritto pubblico previsti dall’art. 409 c.p.c., nn. 4 e 5), il tutto in relazione all’art. 2043 c.c..
Precisa al riguardo il ricorrente che doveva essere affermato il principio secondo cui tutte le volte che la domanda del danneggiato non risulta espressamente fondata sull’inosservanza da parte del datore di lavoro di una precisa obbligazione contrattuale – e quindi non vi sia una sua precisa scelta in termini di inadempimento contrattuale – l’azione proposta deve reputarsi volta a far valere una responsabilita’ extracontrattuale con la conseguente giurisdizione del giudice ordinario.
Alla stregua di tale principio nel caso di specie poiche’ l’attore non aveva qualificato l’azione spiegata come contrattuale – ne’ aveva addotto a fondamento della sua domanda di risarcimento del danno l’inosservanza di un obbligo contrattuale da parte della pubblica amministrazione – doveva concludersi che si era in presenza di una ordinaria causa di risarcimento dei danni a norma dell’art. 2043 c.c.. Il ricorso e’ infondato e pertanto va rigettato.
Questa Corte di Cassazione ha piu’ volte affermato che la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrita’ psico – fisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell’Amministrazione, e’ strettamente subordinata all’accertamento della natura giuridica dell’azione di responsabilita’ in concreto proposta, in quanto, se e’ fatta valere la responsabilita’ contrattuale dell’ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre se e’ stata dedotta la responsabilita’ extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Al fine di tale accertamento, non possono invocarsi come indizi decisivi della natura contrattuale dell’azione ne’ la semplice prospettazione della inosservanza dell’art. 2087 c.c., ne’ la lamentata violazione di piu’ specifiche disposizioni strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro, allorche’ il richiamo all’uno o alle altre sia compiuto in funzione esclusivamente strumentale alla dimostrazione dell’elemento psicologico del reato di lesioni colpose e/o della configurabilita’ dell’illecito. Siffatta irrilevanza dipende da tratti propri dell’elemento materiale dell’illecito, ossia da una condotta dell’amministrazione la cui idoneita’ lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalita’ dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell’evento dannoso; mentre, ove la condotta dell’amministrazione si presenti con caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto di impiego, la natura contrattuale della responsabilita’ non puo’ essere revocata in dubbio, poiche’ l’ingiustizia del danno non e’ altrimenti configurabile che come conseguenza delle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto medesimo si articola e si svolge (cfr. ex plurimis da ultimo Cass., Sez. Un., 8 luglio 2008 n. 18623; Cass., Sez. Un., 4 marzo 2008 n. 5785).
Alla stregua dell’ora enunciato dictum giurisprudenziale la sentenza impugnata, per essere rispettosa dei principi giuridici applicabili alla fattispecie in esame e supportata da una motivazione congrua e priva di salti logici, si sottrae ad ogni censura in questa sede di legittimita’.
Ed invero la sentenza impugnata sulla base dei dati fattuali, accertati nel corso di causa, ha evidenziato come nell’officina di ***** dell’aeronautica militare, ed all’interno della quale aveva lavorato il L., si fossero concretizzate condotte datoriali, consistenti nel consentire l’uso di strumenti di lavoro non accompagnati dall’apprestamento a tutela dei dipendenti di idonei mezzi protettivi e nel permettere lo svolgimento di compiti richiedenti da parte dei dipendenti il sollevamento di notevoli pesi, senza idonee misure organizzative e senza la dotazione di mezzi di sollevamento. Le ora descritte condotte configurano un inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c., perche’ l’imprenditore e’ tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che – secondo la peculiarita’ del lavoro, l’esperienza e la tecnica – sono volte esclusivamente a “tutelare l’integrita’ fisica” dei lavoratori nel luogo di lavoro.
Ne’ consegue che con coerenza logica il giudice d’appello ha fatto scaturire – dai suddetti principi giurisprudenziali e dalla denunziata responsabilita’ contrattuale del Ministero – la declaratoria del proprio difetto di giurisdizione per essersi i fatti di cui alla presente controversia esauriti in epoca antecedente al 30 giugno 1998 e per comportare, quindi, ratione temporis D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ex art. 39, comma 7 la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Ricorrono giusti motivi – tenuto conto della natura della controversia e delle questioni trattate, che rendono difficoltosa la prova dei fatti posti a fondamento della domanda – per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso, dichiarando la giurisdizione del giudice amministrativo. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
Cosi’ deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010