Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.685 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 67, presso lo studio dell’avvocato BARBIERI ALFREDO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSTI RENZO con delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ARIANNA SRL, in persona dell’Amministratore in carica pro tempore Sig.ra B.C. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

PAULUCCI DE’ CALBOLI 1, presso lo studio dell’avvocato ABBATE CARLO, che la rappresenta e difende con delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

ROMAN’S 2000 SRL, CITTA’ BY SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1917/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA, Quarta Sezione Civile, emessa il 21/04/2004; depositata il 28/07/2004; R.G.N.8867/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 09/11/2009 dal Consigliere Dott. VIVALDI Roberta;

udito l’Avvocato RENZO TOSTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.M., proprietario dell’immobile sito in *****, locava detto immobile, ad uso commerciale, alla Edo 94 srl con contratto del *****, della durata di sei anni.

Nel contratto succedeva, L. n. 392 del 1978, ex art. 36 la Arianna srl, quale acquirente dell’azienda.

Con scrittura privata del ***** intestata “cessione di atto di affitto di azienda”, l’Arianna srl, definendosi “proprietaria e titolare dell’azienda commerciale sita in *****, svolgente attivita’ di vendita al dettaglio di abbigliamento femminile”, richiamato il contratto del *****, concedeva in affitto l’azienda alla Roman’s 2000 srl successivamente dichiarata fallita – per la durata di un anno, decorrente dal 9.10.1998, con previsione di rinnovo annuale salvo disdetta da comunicare un mese prima della scadenza.

La cessione era comunicata in data ***** ai sensi e per gli effetti di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 36 al P. specificandosi, nella comunicazione, che insieme all’attivita’ commerciale era stato ceduto il contratto.

In data ***** il P. stipulava, con la stessa Arianna srl, un nuovo contratto di locazione, sempre ad uso commerciale e sempre relativo all’immobile in questione, con decorrenza 1.1.2000.

Successivamente, il Fallimento della Roman’s srl concludeva – con comunicazione al locatore – contratto di affitto di azienda con la Citta’ By srl, di alcuni punti vendita fra i quali figurava anche l’immobile in questione.

Il locatore contestava la circostanza e richiedeva alla Arianna srl di fornire documentazione che comprovasse la detenzione dell’immobile da parte del fallimento.

Inoltre rilevava che, a seguito di ricerche effettuate, era poi venuto a conoscenza che l’Arianna srl aveva affittato alla Roman’s 2000 srl cinque punti vendita fra i quali quello oggetto di locazione; che non si era verificata alcuna cessione del contratto di locazione a seguito della mancata cessione dell’azienda ed essendo vietata la cessione dall’art. 5 del contratto stesso; che, inoltre, non era stata conclusa alcuna locazione di azienda, posto che la conduttrice continuava a svolgere la propria attivita’ nel locale;

che l’immobile costituiva un punto vendita, privo di qualsiasi autonomia organizzativa; con la conseguenza che non poteva essere ceduto ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 36; che avendo il Fallimento affittato l’azienda alla Citta’ By srl era stato violato il divieto di sublocazione e che, comunque, se ritenuta sussistere una valida cessione L. n. 392 del 1978, ex art. 36 citato, era stato violato il patto di prelazione previsto contrattualmente in favore del locatore, con conseguente diritto al risarcimento dei danni; che la societa’ conduttrice non aveva provveduto a stipulare la polizza contrattualmente prevista, il cui inadempimento giustificava la risoluzione del contratto.

Su queste premesse conveniva l’Arianna srl davanti al tribunale di Roma chiedendo che fosse dichiarata la risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 1456 c.c. in applicazione delle clausole risolutive espresse indicate e, comunque, ai sensi dell’art. 1453 c.c..

Con atto di intervento volontario si costituiva S.M. T., quale erede dell’originario ricorrente, insistendo nelle domande formulate in ricorso.

Si costituiva anche l’Arianna srl che contestava la fondatezza delle domande proposte.

Il tribunale, con sentenza del 20.5.2003, dichiarava risolto il contratto tra le parti per inadempimento della conduttrice Arianna srl che condannava al rilascio dell’immobile.

La Corte d’Appello, viceversa, in accoglimento dell’appello principale proposto dalla Arianna srl, con sentenza del 28.7.2004, rigettava la domanda della S. quale erede del P., rigettando anche l’appello incidentale dalla stessa proposto.

Quest’ultima ha proposto ricorso per Cassazione affidato a cinque motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la societa’ Arianna srl.

Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza o del procedimento – art. 360 c.p.c., n. 4 c.p.c. – in relazione all’art. 112 c.p.c..

Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio – art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo non e’ fondato.

La Corte di merito non e’ incorsa – diversamente da quel che ritiene la ricorrente – nel denunciato vizio di ultrapetizione.

La sentenza impugnata da atto che l’appellante, con l’unico motivo della proposta impugnazione, aveva censurato “l’interpretazione dei fatti fornita dal tribunale e la motivazione con la quale quest’ultimo ha ritenuto l’efficacia del contratto di locazione del ***** intercorso tra il P. e la Arianna srl e l’inadempimento della stessa Arianna srl per la violazione del divieto di cessione del contratto di locazione o di sublocazione dell’immobile di cui all’art. 5 di detto contratto”.

Su questa base, poi, nell’accertamento dei fatti che le spetta, quale giudice di merito, la Corte d’Appello ha ritenuto che il motivo fosse fondato, dandone congrua e puntuale motivazione.

Dall’esame dell’atto di appello, consentito in questa sede per la denuncia della violazione di una norma del processo, si ricava la correttezza della decisione adottata dalla Corte di merito che ha esaminato puntualmente e complessivamente l’unico motivo di censura sotto tutti i profili evidenziati, ma non ha violato la norma dell’art. 112 c.p.c., compiendo, invece, un accertamento dei fatti che l’ha condotta ad una diversa conclusione rispetto a quella cui era pervenuto il primo giudice.

La “rivisitazione” delle risultanze probatorie in senso diverso rispetto alla sentenza impugnata in questa sede, a fronte di una motivazione corretta e puntuale, priva di errori logici e/o giuridici, non e’ consentita in sede di legittimita’.

Con il secondo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto – art. 360 c.p.c., n. 3 – in relazione alla L. n. 392 del 1978, art. 36 e agli artt. 1362, 1363, 2555, 2556, 2558, 2562 e 1615 c.c..

Con il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto – art. 360 c.p.c., n. 3 – in relazione agli artt. 1362, 2555 e 2697 c.c. e L. n. 392 del 1978, art. 36.

Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio (art. 360 c.p.c., n. 5).

I due motivi, per l’intima connessione delle censure con gli stessi proposte, possono essere esaminati congiuntamente.

Essi non sono fondati.

La Corte di merito ha ritenuto che all’Arianna srl non fosse imputabile alcun inadempimento relativamente alla sostenuta violazione del divieto di cessione del contratto di locazione o di sublocazione dell’immobile di cui all’art. 5 del contratto di locazione del *****, per avere gia’ con scrittura privata antecedente a tale contratto (in data *****) ceduto in affitto l’azienda, e con essa il contratto di locazione, alla Roman’s 2000 srl, dandone tempestiva comunicazione (in data ***** con la precisazione che insieme all’attivita’ commerciale era stato ceduto il contratto di locazione) ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 36 – al locatore.

Avverso la comunicazione il locatore nulla aveva opposto.

Le circostanze di fatto riportate sono documentate e pacifiche in atti.

Da tali premesse di fatto la Corte di merito ha, quindi, tratto il convincimento che, vigente il contratto di affitto di azienda tra Arianna srl e Roman’s 2000 srl, al momento della conclusione del nuovo contratto di locazione tra l’Arianna srl ed il P., non fosse necessaria alcuna nuova comunicazione ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 36, ne’ la necessita’ di un nuovo contratto di affitto di azienda.

E cio’ ha desunto dalla circostanza che al momento della conclusione del contratto del ***** la Roman’s 2000 srl gia’ gestiva l’azienda ed occupava l’immobile, avendone data regolare comunicazione il *****, senza che il locatore avesse fatto opposizione.

La conseguenza cui e’ pervenuta la Corte di merito e’ stata che nessuna vietata sublocazione dell’immobile – con la violazione dell’art. 5 del contratto di locazione del ***** – aveva posto in essere l’Arianna srl.

I dati di fatto riportati corroborano le conclusioni cui e’ pervenuta la Corte di merito.

Correttamente quest’ultima ha ritenuto che la qualita’ di affittuaria dell’immobile – a seguito della cessione dell’affitto di azienda e del contratto di locazione del ***** fra Roman’s srl e Arianna srl regolarmente comunicata al locatore – alla data del ***** fosse rivestita dalla Roman’s 2000 srl la quale, non solo aveva continuato anche successivamente nella gestione dell’azienda, ma aveva addirittura proseguito, dopo il fallimento, l’esercizio dell’azienda affittandola alla Citta’ By srl.

Sulla base di tali dati di fatto – a parte i dubbi espressi sulla configurabilita’ giuridica del contratto di locazione del ***** – la Corte di merito ha correttamente escluso che l’Arianna srl avesse alcun obbligo di comunicare la gia’ intervenuta cessione escludendo, quindi, che fosse stato violato il divieto espresso nell’art. 5 di tale contratto e che fosse intervenuta fra le parti una sublocazione dell’immobile, contravvenendo al disposto della L. n. 392 del 1978, art. 36 citato.

Ora, deve in primo luogo evidenziarsi, in via generale, che l’eventuale, mancata comunicazione della cessione del contratto, nel caso di immobile destinato ad uso diverso da quello abitativo, rende solo inopponibile l’avvenuta cessione al locatore, il quale, peraltro, non puo’ considerare di per se’ inadempiente il conduttore, ma solo notificargli la sua opposizione, specificando altresi’ i gravi motivi che la giustificano, all’accertamento della sussistenza dei quali resta subordinata la risoluzione del contratto di locazione (Cass. 13.4.2000 n. 4802).

Ma, nella specie, la necessita’ di un tale accertamento restava superata dalla circostanza – correttamente rilevata dalla Corte di merito – della insussistenza di una nuova, necessaria comunicazione L. n. 392 del 1978, ex art. 36, successiva a quella regolarmente comunicata senza opposizioni in occasione del contratto di cessione di affitto di azienda e contratto di locazione fra Arianna srl e Romana’s srl, da parte della Arianna srl al P., non rivestendo piu’ questa, alla data della conclusione del contratto del *****, la qualita’ di affittuaria dell’immobile di proprieta’ del P., per averla acquistata, a seguito di cessione dell’azienda unitamente alla cessione del contratto di locazione, la Roman’s 2000 srl la quale, non solo aveva continuato nella gestione in bonis, ma aveva continuato a rivestire tale posizione anche successivamente al suo intervenuto fallimento, affittando l’azienda alla Citta’ By srl.

Nessuna violazione della L. n. 392 del 1978, art. 36 citato e delle ulteriori norme indicate nei motivi in esame, ne’ alcun vizio di motivazione – diversamente da quel che ritiene la ricorrente – e’, quindi, imputabile alla Corte di merito, che ha correttamente interpretato le risultanze di causa, fornendo una adeguata motivazione del convincimento raggiunto, come tale incensurabile in questa sede.

Le censure non possono essere condivise neppure sotto il profilo della sussistenza, nella specie, non di una cessione del contratto di locazione unitamente alla cessione dell’affitto azienda, ma soltanto di una sublocazione dell’immobile, in presenza di un affitto di azienda, come tale non consentita dalla L. n. 392 del 1978, art. 36.

Secondo la ricorrente cio’ significherebbe – come si legge anche in memoria – che “in ipotesi di cessione di azienda il cedente puo’ cedere anche il contratto mentre in ipotesi di affitto della medesima lo stesso cedente puo’ procedere solo a sublocare l’immobile”.

I rilievi non possono essere condivisi.

Come questa Corte ha gia’ avuto modo di ritenere in tempi non recenti con Cass. 25.6.1990 n. 6402 – i cui principii sono stati successivamente ribaditi da Cass. 29.7.1997 n. 7091 e Cass. 2.2.2000 n. 1133 – nella formulazione della L. n. 392 del 1978, art. 36, l’affitto e la cessione dell’azienda non sono indicati in posizione di necessaria corrispondenza rispettivamente con le ipotesi della sublocazione o della cessione del contratto di locazione; anzi, nel testo della disposizione richiamata la corrispondenza puramente formale e’ nel senso inverso: e cio’ perche’ all’espressione il conduttore puo’ sublocare l’immobile o cedera’ il contratto di locazione corrisponde quella purche’ venga insieme ceduta o locata l’azienda.

Anche la ratio legis autorizza una diversa interpretazione, poiche’ l’intento del legislatore e’ stato proprio quello di agevolare il trasferimento delle aziende esercenti la loro attivita’ in immobili condotti in locazione dall’imprenditore e di tutelare l’avviamento commerciale; per cui e’ irrilevante che alla cessione dell’azienda corrisponda la sublocazione dell’immobile anziche’ la cessione del contratto di locazione, e cosi’ all’affitto di azienda.

Ne’ a tal fine, la L. n. 392 del 1978, art. 36 od altra disposizione di legge richiedono che la sublocazione dell’immobile o la cessione del contratto di locazione da una parte, e la cessione o l’affitto dell’azienda dall’altra siano stipulati contemporaneamente in un unico documento, essendo sufficiente che tra i due atti vi sia uno stretto collegamento funzionale e temporale.

E’, quindi, rimesso al giudice del merito il concreto accertamento – sulla base delle risultanze probatorie – della ricorrenza dell’una o dell’altra ipotesi.

Fatta questa doverosa precisazione deve ritenersi che le considerazioni fin qui esposte e le conclusioni cui si e’ pervenuti consentano di fissare un punto fermo.

Si e’ in presenza di un affitto di azienda comprendente un immobile goduto in forza di un contratto di locazione.

In questo caso, la ricorrenza di una cessione di tale contratto, unitamente all’affitto di azienda va presunta, fino a prova contraria, alla stregua dei principi fissati dall’art. 2558 c.c., comma 3 (v. anche Cass. 21.3.2008 n. 7686; Cass. 30.1.2009 n. 2491).

Infatti, nella disciplina di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 36, in caso di affitto di azienda relativo ad attivita’ svolta in un immobile condotto in locazione, pur non producendosi l’automatica successione nel contratto di locazione dell’immobile, quale effetto necessario del trasferimento dell’azienda, ma essendo la successione soltanto eventuale e richiedendo, comunque, la conclusione di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, quest’ultimo contratto puo’ presumersi fino a prova contraria, alla stregua dei principii fissati dall’art. 2558 c.c., comma 3.

Erra pertanto, la ricorrente quando sostiene che l’Arianna srl non ha dato prova di avere ceduto il contratto di locazione alla Roman’s srl, contestualmente o successivamente al contratto di affitto di azienda; e che “quel che andava accertato era se, unitamente all’affitto dell’azienda, le predette societa’ avessero provveduto anche a porre in essere un distinto negozio avente ad oggetto il contratto di locazione”, perche’ una tale prova non incombeva all’Arianna srl, ma, in difetto di elementi in senso contrario, la conclusione dell’affitto di azienda lasciava presumere anche la cessione del contratto di locazione.

E la Corte di merito ha ritenuta convalidata una tale presunzione sulla base degli elementi acquisiti dalle risultanze probatorie, documentali e fattuali, piu’ sopra descritte e richiamate a questo fine; in particolare, le successive vicende per le quali il Fallimento della Roman’s srl aveva concluso – con comunicazione al locatore contratto di affitto di azienda con la Citta’ By srl, di alcuni punti vendita fra i quali figurava anche l’immobile in questione; e cio’ per il fatto che, dapprima, la Roman’s srl in bonis era divenuta affittuaria della azienda e cessionaria del contratto di locazione dell’immobile nel quale l’azienda era esercitata.

Sostiene, poi, la ricorrente, in particolare con il terzo motivo, che – diversamente da cio’ che aveva ritenuto la Corte di merito la cui motivazione e’ censurata ai sensi dell’art. 1362 c.c. e segg. – dal testo del contratto di affitto di azienda fra l’Arianna srl e la Roman’s srl emergerebbe che tra le stesse sarebbe stato concluso un contratto di affitto di azienda comprensivo del subaffitto dell’immobile in cui l’azienda era gestita.

Piu’ puntualmente, sostiene l’erroneita’ delle conclusioni cui era pervenuta quest’ultima nel ritenere che l’Arianna srl aveva affittato alla Roman’s srl l’azienda gestita nell’immobile oggetto del contratto di locazione, cedendo il relativo contratto.

Cio’ perche’ il testo dello stesso contratto del ***** testualmente riportava: “Costituiscono elementi dell’azienda, come tali ricompresi nell’affitto: le porzioni dell’immobile adibito ad attivita’ aziendale” desumendone che, per cio’ solo, i locali sarebbero stati affittati alla Roman’s srl ponendo in essere un rapporto di sublocazione.

Un tale assunto non e’ condivisibile.

Al riguardo la Corte di merito si e’ cosi’ espressa “…e’ anzitutto certo che tra la Arianna srl e la Roman’ s 2000 srl intercorse un affitto di azienda. Mentre tale qualita’ deve considerarsi riconosciuta dall’autorizzazione amministrativa n. 1207 rilasciata dal Comune di Roma il 28.06.95 nessuna prova di contro sussiste sul fatto che la stessa costituisse soltanto un “punto vendita” dizione che peraltro appare di difficile inquadramento giuridico “. Ed ha aggiunto: “Del resto gli elementi costituenti l’azienda sono esclusivamente indicati nel contratto del ***** e soddisfano in pieno l’esistenza dei requisiti di cui all’art. 2555 c.c. e quindi non appare in alcun modo decisiva la definizione di “punto vendita” di cui alla comunicazione del curatore del fallimento Roman’s 2000 srl al P.”.

Ora, a tal fine va ribadito che l’azienda, ai sensi dell’art. 2555 c.c., e’ quel complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa e, tra questi, rientrano anche i locali in cui l’esercizio si svolge.

E’, quindi, di tutta evidenza che l’immobile locato, nel caso in esame, costituisca uno degli elementi collegati per il conseguimento del fine produttivo.

D’altra parte, nell’affitto di azienda, l’immobile e’ considerato non nella sua individualita’ giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso dei beni (mobili ed immobili) legati tra loro da un vincolo di interdipendenza e complementarieta’ per il conseguimento di un determinato fine produttivo; e l’accertamento di tali criteri ed il risultato della relativa indagine, da parte del giudice di merito, e’ incensurabile in sede di legittimita’, se si presenti immune da vizi logici e giuridici (v. in questo senso anche Cass. 28.5.2009 n. 12543; Cass. 15.3.2007 n. 5989; Cass. 19.7.2005 n. 15210).

Ne deriva che – come correttamente sottolineato anche dalla Corte di merito – l’indicazione contenuta nel contratto del ***** deve intendersi nel senso che le porzioni dell’immobile adibito ad attivita’ aziendale, costituendo elementi dell’azienda, vanno ricomprese come tali nell’affitto di azienda e non oggetto di un autonomo rapporto di sublocazione.

Ne’ a diversa soluzione puo’ pervenirsi perche’ nel contratto di affitto di azienda in data ***** fra il Fallimento Roman’s 2000 srl e Citta’ By srl si afferma che il primo cede in affitto alla seconda “i seguenti punti vendita al dettaglio”.

In questa ottica la ricorrente sostiene che le parti “nel contratto hanno, quindi, ritenuto che i negozi nei quali veniva esercitata l’attivita’ aziendale costituivano semplici parti dell’azienda priva di una loro specifica autonomia organizzativa e, quindi, come tali non ricomprese nelle previsioni della L. n. 392 del 1978, art. 36), denunciando, quindi, la violazione delle regole di interpretazione del contratto da parte della Corte di merito.

Una tale tesi non e’ suffragata dalle risultanze probatorie, cosi’ come ritenuto nella sentenza impugnata che, sul punto, si e’ – come gia’ piu’ sopra accennato – espressa nel senso di ritenere provato che tra la Arianna srl e la Roman’s 2000 srl era intercorso un affitto di azienda, laddove nessuna prova era stata fornita sulla circostanza che la stessa azienda costituisse soltanto un “punto vendita”.

La motivazione adottata sul punto e’ condivisibile anche alla luce delle considerazioni che seguono.

La L. n. 392 del 1978, art. 36 che consente – come gia’ detto – al conduttore di sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore se insieme venga locata o ceduta l’azienda, si riferisce anche alle cessioni o locazioni di una sola parte dell’immobile, comunque collegate alla cessione o locazione dell’azienda o di un suo ramo e, percio’, capaci di attuare l’interesse alla conservazione dell’azienda.

Soltanto mancando il perseguimento di quest’ultima funzione, la norma non si applica e, quindi, nel caso di cessione di un punto di vendita di un’unica azienda, ove nell’immobile ceduto sia stata esercitata la vendita di articoli che il cedente continui ad effettuare in altro locale.

E la valutazione circa la sussistenza dell’autonomia organizzativa dell’attivita’ svolta in un locale rispetto a quella esercitata in altro locale e delle altre circostanze idonee a configurare la cessione di un ramo di azienda, anziche’ di un punto vendita di un’unica azienda, involge apprezzamenti di fatto rimessi al giudice del merito che, ove adeguatamente motivati, rimangono incensurabili in sede di legittimita’ (v. anche Cass. 6.3.2006 n. 4800).

Ora, nella specie, a fronte delle circostanze pacifiche che tra l’Arianna srl e la Roman’s 2000 srl era stato concluso un affitto di azienda, come risultante dall’autorizzazione amministrativa n. 1207 rilasciata dal Comune di Roma il 28.6.95, nessuna prova di segno contrario, al fine di confortare l’assunto che tra le parti non fosse intercorso un affitto di azienda, od eventualmente di un ramo di azienda, ma soltanto affitto di un punto vendita risulta essere stata, in sede di merito, fornita; ne’ tanto meno che la cedente abbia continuato ad esercitare la vendita degli stessi articoli in altro locale.

Ne’, in questo senso, alcun rilievo assume il riferimento alla visura camerale in data 16.5.2001, come sottolineato nel ricorso, sia perche’ trattasi di indicazione priva dei requisiti di autosufficienza per il suo esame, sia perche’ non e’ dato comprendere quale decisivita’ le attribuisca l’odierna ricorrente.

Conclusivamente, quindi il percorso logico – giuridico adottato per pervenire alle conclusioni raggiunte da parte del giudice di merito appare ineccepibile e le regole di ermeneutica contrattuale rispettate.

Anche sotto questo profilo, pertanto, le censure appaiono sfornite di pregio.

Con il quarto motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione alla L. n. 392 del 1978, art. 36, art. 12 disp. gen..

Omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Il motivo non e’ fondato.

La censura non coglie nel segno.

Infatti, alla luce delle conclusioni cui si e’ pervenuti in precedenza in ordine alla configurabilita’, nel caso in esame, di una cessione del contratto di locazione e non di una sublocazione e delle considerazioni svolte, di alcun rilievo e’ la censura, avanzata in sede di appello incidentale, ed in questa sede riproposta, con riferimento alla supposta sublocazione intervenuta fra il Fallimento della Roman’s 2000 srl e la Citta’ By srl.

Con il quinto motivo denuncia la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio ( art. 360 c.p.c., n. 5).

Il motivo e’ inammissibile.

La ricorrente denuncia un vizio motivazionale, relativo all’opponibilita’ all’Arianna srl del contratto di locazione del *****, ma non ne chiarisce e non illustra la sua decisivita’ ai fini della decisione adottata, sul punto, nella sentenza oggetto del presente ricorso.

A tal fine deve rilevarsi che la nozione di punto decisivo della controversia, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, sotto un primo aspetto si correla al fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso, ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice nella individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito; e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto.

Sotto un secondo aspetto, poi, la nozione di decisivita’ concerne, non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensi’ la stessa idoneita’ del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione. Attiene, quindi, al nesso di causalita’ fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito, e non gia’ la sola possibilita’ o probabilita’ di essa.

Infatti, se il vizio di motivazione per omessa considerazione di punto decisivo fosse configurabile soltanto per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la considerazione, ove esaminata, avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata dal giudice del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o contraddittorieta’ fosse configurabile solo perche’ su uno specifico fatto appaia esistente una motivazione logicamente insufficiente o contraddittoria, senza che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al suo residuo argomentare, il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 si risolverebbe nell’investire la Corte di Cassazione del controllo sic et sempliciter dell’iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalita’ rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della controversia diversa da quella adottata nella fase di merito (v. anche Cass. 22.9.2006 n. 20636; Cass. 7.12.2004 n. 22979).

Nel caso in esame la ricorrente omette qualsiasi argomentazione su tali punti della censura motivazionale avanzata, con il conseguente esito della inammissibilita’ del motivo.

Conclusivamente il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo in favore della resistente, vanno poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al -. pagamento delle spese in favore dell’Arianna srl, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge. Nulla spese nei confronti della Roman’s 2000 srl e della Citta’ By srl.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione Terza Civile della Corte di cassazione, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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