LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17198/2005 proposto da:
M.M., ***** elettivamente domiciliata in Roma presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE rappresentata e difesa dall’Avvocato D’AVOLA Aldo con studio in 97100 RAGUSA Via G.
Di Vittorio, 1 con delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
D.M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POLONIA 7, presso lo studio dell’avvocato ALVINO EDVIGE, rappresentato e difeso dall’avvocato FAILLA Carmelo con delega a margine del controricorso;
CONDOMINIO *****, elettivamente domiciliato in Roma presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’Avv. IACHELLA GIOVANNI con studio in 97100 RAGUSA Viale del Fante, 10 con delega a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 403/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, Sezione Seconda Civile, emessa il 21/04/2004; depositata il 10/05/2004; R.G.N. 1488/2001;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/11/2009 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
M.M. ha convenuto davanti al Tribunale di Ragusa D.M.E., chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di una caduta occorsale il *****, mentre scendeva i tre gradini di accesso al negozio del D.M. in *****, a causa della rottura di un gradino.
Il convenuto ha resistito alla domanda, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, essendo i gradini di proprietà condominiale.
Esperita CTU, il Tribunale ha disposto di ufficio la chiamata in causa del Condominio *****, in persona dell’amministratore in carica.
Il Condominio, chiamato in giudizio con atto di citazione notificato il 27.11.1999, ha resistito alle domande, eccependo la prescrizione del diritto dell’attrice.
Con sentenza 11.5.2001 il Tribunale ha assolto il D.M. ed ha condannato il Condominio al risarcimento dei danni, quantificati in L. 42.142.800, oltre al pagamento delle spese processuali.
Proposto appello dal Condominio, a cui hanno resistito gli appellati, con sentenza 21 aprile – 10 maggio 2004 n. 403 la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato anche la domanda proposta contro il Condominio, per intervenuta prescrizione.
Con atto notificato il 13.6.2005 la M. propone quattro motivi di ricorso per cassazione.
Resistono con separati controricorsi il Condominio ***** e il D.M..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con i primi tre motivi la ricorrente censura la sentenza impugnata, per non avere essa attribuito all’atto di citazione notificato al D.M. effetti interruttivi della prescrizione anche nei confronti del Condominio.
Denuncia la violazione degli artt. 1123 e 1294 cod. civ., in relazione all’art. 12 disp. gen., per avere la Corte di appello negato che intercorra un rapporto di solidarietà passiva fra il singolo condomino ed il Condominio, disattendendo il principio più volte enunciato dalla Corte di Cassazione secondo cui tutti i condomini sono solidalmente responsabili per le obbligazioni gravanti a carico del Condominio, mentre la responsabilità pro quota investe solo i rapporti interni fra condomini (primo motivo); la violazione dell’art. 1131 cod. civ., comma 2, nella parte in cui la Corte di appello ha escluso che la citazione del singolo condomino produca effetti anche per il Condominio, con la motivazione che, nelle liti aventi ad oggetto le parti comuni, il Condominio deve essere convenuto in persona dell’amministratore e non in persona dei singoli condomini, mentre l’art. 1131 cod. civ., dispone che l’amministratore può, non deve, essere convenuto, avendo legittimazione passiva meramente sussidiaria (secondo motivo); la violazione dell’art. 1310 cod. civ., in relazione agli artt. 2943 e 2945 cod. civ., per avere la Corte di appello negato alla domanda proposta contro il singolo condomino, oltre che l’efficacia interruttiva della prescrizione nei confronti del Condominio, anche l’estensione a quest’ultimo dell’effetto sospensivo collegato alla pendenza del giudizio (terzo motivo).
2.- I tre motivi, che vanno congiuntamente esaminati, non sono fondati.
Come giustamente rilevano i resistenti nelle loro difese, la sentenza impugnata non ha escluso il vincolo di solidarietà nel debito fra condomini e Condominio, ma ha posto a base della sua decisione il fatto che la domanda proposta dalla ricorrente contro il D.M. era diretta a far valere la responsabilità esclusiva del convenuto, quale proprietario dei gradini sui quali si è verificato il sinistro; quindi un debito proprio del condomino, non un debito del Condominio.
Solo nel corso del giudizio – essendo emerso che i gradini erano di proprietà condominiale e non esclusiva, ed avendo il Tribunale ordinato la chiamata in causa del Condominio – la ricorrente ha proposto le sue domande anche contro quest’ultimo.
Ma, come ha correttamente rilevato la Corte di appello, la situazione è venuta a configurare una responsabilità alternativa, non solidale, fra condomino e condominio, in quanto l’accertamento dell’appartenenza del manufatto all’uno veniva ad escludere la responsabilità dell’altro. Donde l’inapplicabilità delle norme in tema di obbligazioni solidali ed in particolar di quella di cui all’art. 1310 cod. civ., comma 1.
Vero è che il singolo condomino può essere convenuto in relazione a domande dirette a far valere la responsabilità del Condominio – come rileva la ricorrente, censurando sul punto la contraria affermazione della Corte di appello – ma nella specie la domanda proposta contro il D.M. non aveva per oggetto una responsabilità del Condominio, bensì una responsabilità personale del convenuto, sull’erroneo presupposto che quest’ultimo fosse il proprietario della cosa che ha provocato il danno.
Se fosse avvenuto il contrario,, cioè se l’azione fosse stata originariamente proposta contro il Condominio, si sarebbe potuto porre il problema dell’effetto interruttivo dell’azione (e dell’effetto sospensivo del processo) anche nei confronti dei singoli condomini (quanto meno pro quota). Ma l’azione diretta a far valere la responsabilità esclusiva del singolo condomino non coinvolge in alcun modo la responsabilità del Condominio e non può avere efficacia interruttiva della prescrizione nei confronti dello stesso.
L’attrice ha proposto, cioè, un’azione diversa da quella da quella che avrebbe potuto configurare una responsabilità solidale del Condominio, agli effetti dell’applicazione dell’art. 1310 cod. civ..
3.- Il quarto motivo – con cui la ricorrente denuncia, in subordine, la violazione dell’art. 2937 cod. civ., per il fatto che il Condominio avrebbe implicitamente rinunciato a proporre l’eccezione di prescrizione, avendo omesso di riproporla nelle conclusioni precisate in primo grado – è inammissibile.
La Corte di appello non ha affatto preso in esame il problema e la ricorrente non indica nel ricorso, se, quando e tramite quali atti, essa abbia sollevato la questione in sede di merito.
In realtà essa non ha dedotto la rinuncia alla prescrizione nel giudizio di appello e, se è pur vero che si tratta di una difesa e non di una eccezione in senso tecnico, che il giudice può prendere in esame anche a prescindere dalle preclusioni e dai limiti che attengono alle vere e proprie eccezioni, la suddetta difesa deve essere quanto meno prospettata dalla parte interessata, con allegazione dei fatti e documenti acquisiti al giudizio, idonei a dimostrarne la fondatezza (cfr. Cass. civ. 14 maggio 2003 n. 7411;
Cass. civ. Sez. 3^, 1 marzo 2007 n. 4804).
In mancanza, l’omessa pronuncia sul punto da parte del giudice non è suscettibile di censura.
4.- Il ricorso deve essere rigettato.
5.- Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate complessivamente in Euro 1.200,00, di cui e 200,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010