Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.699 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6717/2005 proposto da:

RICCITELLI SRL ***** in persona del suo legale rappresentante p.t. Sig. R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI RETI 38, presso lo studio dell’avvocato BASTIANELLI Giuliano, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAZZOVAGLIA MARCELLO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORTI SRL, RICCITELLI ALBERTO & ROBERTO TRASPORTI ECCEZIONALI DITTA SDF;

– intimati –

sul ricorso 10726/2005 proposto da:

CONSORTI SRL ***** in persona del suo A.U. legale rappresentante Dr. P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato GUERRA PIETRO, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

RICCITELLI SRL ***** in persona del suo legale rappresentante p.t. Sig. R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI RETI 38, presso lo studio dell’avvocato BASTIANELLI GIULIANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAZZOVAGLIA MARCELLO giusta delega a margine del ricorso principale;

– controricorrente –

e contro

RICCITELLI ALBERTO & ROBERTO TRASPORTI ECCEZIONALI DITTA SDF, J.

E. DECEDUTO E PER ESSO Z.L., Z.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 480/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA, Sezione Seconda Civile, emessa il 21/5/2003, depositata il 29/01/2004, R.G.N. 2645/2001 e 2683/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 23/11/2009 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato GIULIANO BASTIANELLI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO PAZZAGLIA per delega dell’Avvocato PIETRO GUERRA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 21 maggio 2003-29 gennaio 2004, la Corte di appello di Roma, rigettava l’appello principale della s.r.l. Riccitelli e l’appello incidentale della s.r.l. Consorti, proposti avverso la decisione del locale Tribunale che, accogliendo la domanda della società attrice, aveva dichiarato l’inefficacia nei confronti della stessa della compravendita di un terreno urbano in *****, condotto in locazione dalla Riccitelli s.r.l., ed il diritto della stessa al riscatto ai sensi della L. n. 392 del 1978, dichiarandola subentrata nel contratto alla Consorti s.r.l., subordinando il subentro al pagamento in favore della Consorti del prezzo risultante dall’atto di vendita, delle spese e costi fiscali, nonchè degli interessi legali.

La Riccitelli aveva proposto appello avverso tale decisione, censurandone la parte in cui aveva riconosciuto non solo il prezzo pagato per l’acquisto dal venditore I. – ma anche le spese e gli interessi sulle somme sborsate.

A sua volta, la Consorti aveva proposto appello incidentale, chiedendo che, in integrale riforma della sentenza impugnata, la Corte dichiarasse la insussistenza del diritto di prelazione e riscatto in favore del R., la sussistenza dell’obbligo della Riccitelli s.r.l. (e della società di fatto R. A. e R.) di pagare la penale convenzionale per la ritardata consegna dell’immobile, la risoluzione del contratto di locazione intercorrente tra il suo dante causa, I.E., e la Riccitelli s.r.l. per inadempimento della conduttrice, l’obbligo del venditore I. di manlevare la Consorti da ogni pregiudizio che potesse derivare dal rigetto delle domande della stessa o dall’accoglimento di quelle avversarie.

I giudici di appello confermavano integralmente la sentenza di primo grado.

Avverso questa decisione la Riccitelli ha proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi.

Resiste la Consorti con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, articolato su tre motivi, cui resiste la Riccitelli con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve innanzi tutto disporsi la riunione dei ricorsi, proposti contro la medesima decisione.

Appare opportuno, per evidenti ragioni di ordine logico, esaminare per primo il ricorso incidentale della Consorti, con il quale si nega il diritto della Riccitelli alla prelazione ed al riscatto del fondo.

Con il primo motivo, la ricorrente incidentale deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto L. n. 392 del 1978, (artt. 27, 35, 39 e 41), omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

I giudici di appello avevano violato le disposizioni di legge richiamate, in materia di rapporti di locazione e di onere della prova.

Poichè la convenuta Consorti aveva eccepito l’esclusione del contratto in esame dalla disciplina di cui alla L. n. 392 del 1978, in quanto avente ad oggetto un area nuda, sarebbe stato preciso onere della Riccitelli fornire la prova positiva della applicabilità di questa normativa, che prevede il diritto di riscatto, solo nel caso in cui l’attività svolta dal conduttore preveda un contatto diretto con il pubblico degli utenti e consumatori: ipotesi, questa, non realizzatasi nel caso di specie.

La controparte, infatti, si era limitata a produrre una rilevante quantità di documenti relativi alle proprie vicende societarie ed amministrative, ma non aveva dimostrato in alcun modo di aver svolto attività commerciale. Tra l’altro, la Riccitelli non era mai stata neppure in possesso delle autorizzazioni necessarie per il corretto svolgimento dell’attività di trasporti svolta: donde un ulteriore profilo di illegittimità della richiesta avanzata in via giudiziaria.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione, ricorda ancora la Consorti, ha sempre escluso il diritto di riscatto in relazione a locali destinati ad uso magazzino o deposito, precisando che, perchè tale diritto possa sorgere, occorre che l’immobile sia adibito a rapporti comportanti contatti con la collettività dei fruitori finali di un servizio.

La conduttrice Riccitelli, sottolinea la ricorrente incidentale, aveva mutato la destinazione dei terreni, in origine adibiti contrattualmente a deposito e ricovero di automezzi, ad area commerciale, comportante, rapporti diretta con il pubblico: tale modifica aveva determinato la perdita dei benefici della prelazione e del riscatto in capo alla conduttrice, in quanto frutto di inadempimento di una delle obbligazioni principali della stessa.

La sentenza impugnata, pertanto, ad avviso della ricorrente, dovrebbe essere cassata, non avendo i giudici di appello preso in esame correttamente tali questioni.

Il motivo è privo di fondamento.

La Corte considera che la questione posta dalla causa deve trovare soluzione nel principio che si desume dall’art. 80 della legge, cioè che in caso di difformità tra uso convenuto ed uso effettivo, il regime giuridico del contratto deve adeguarsi all’uso che il conduttore ne ha fatto in concreto (Cass. 12 giugno 1990 n. 5689; 1 aprile 1996 n. 2962, 2 settembre 1998, n. 8716, tra le altre).

A norma dell’art. 2697 cod. civ., comma 1, il conduttore di un immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo che intenda far valere in giudizio il diritto di prelazione (o, in subordine, quello di riscatto) in caso di alienazione del bene, ai sensi della L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39, deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento e, quindi, anche che l’immobile è adibito ad un’attività che comporta contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori.

Tale prova, ha rilevato la Corte territoriale, era stata fornita dalla Riccitelli, attraverso la documentazione raccolta.

Era stata in tal modo smentita la prospettazione della Consorti, volta a configurare il contratto intercorrente tra I. e la Riccitelli come locazione di area nuda, adibita all’esclusivo ricovero di veicoli di proprietà della conduttrice.

Infatti, era chiaramente emerso, da tutte le risultanze probatorie, che la conduttrice aveva trasformata l’area, i origine adibita a ricovero di automezzi da trasporto, costruendo una serie di manufatti, consistenti in ampi capannoni, strutture per officina, prefabbricati ad uso uffici ed abitazione del custode.

Il locatore non si era opposto a tali innovazioni e, per diversi anni, la ditta Alberto e Roberto Riccitelli prima e la Riccitelli s.r.l., dopo, avevano svolto, nella sede operativa situata nell’immobile, una regolare attività commerciale, avente ad oggetto l’autotrasporto di merci e carichi eccezionali, nonchè la vendita di rimorchi Betoja: attività queste che comportavano un contatto diretto con gli utenti ed i consumatori, ulteriore requisito prescritto dalla legge per poter usufruire del diritto di prelazione e di riscatto.

Sulla base di tali circostanze, la Corte territoriale ha concluso, conformemente ai principi sopra indicati, che nel caso di specie doveva tenersi conto della disciplina prevista per l’uso effettivo, e cioè al regime delle locazioni di immobile urbano ad uso non abitativo, nella specie adibito ad attività commerciale.

Del tutto indimostrato è poi che la Riccitelli non avesse, come pure prospettato dalla controparte, tutte le autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento della attività di autotrasporti. Tale circostanza, infatti, è stata esplicitamente esclusa dalla territoriale, la quale ha rigettato tutte le censure formulate dalla Consorti alla decisione di primo grado – riconoscendo che la Riccitelli avesse svolto per oltre nove anni una “regolare” attività commerciale avente ad oggetto l’autotrasporto di merci e carichi eccezionali nonchè la vendita di rimorchi Bertoja.

In relazione a tale “iter” motivazionale, sarebbe stato onere della Consorti richiamare integralmente il contenuto della documentazione dalla quale sarebbe risultata – in contrasto con quanto accertato dalla Corte di merito – la mancanza delle autorizzazioni necessarie per lo svolgimento della attività prevista (pag. 9 ricorso incidentale Consorti; cfr. anche Cass. 7501 del 2007, 10187 del 2005, 11908 del 2002, 12966 del 2000, 8847 del 1995, 5265 del 1993; V. più in generale, per le differenze esistenti tra il diritto all’avviamento commerciale e il diritto di prelazione, la decisione della. Corte Cost. n. 128 del 1983).

Donde la inammissibilità della attuale censura.

Si deve dunque concludere che la motivazione appare (anche sul punto, come del resto nella parte residua) esauriente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione.

Con il secondo motivo, la ricorrente incidentale denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 392 del 1978, art. 80 ed art. 112 c.p.c.), omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

I giudici di appello avevano rigettato la domanda di risoluzione del contratto, – proposta da Consorti per l’inadempimento della Riccitelli, ritenendo che era interamente decorso, nel caso di specie, il termine di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 80.

La L. n. 392 del 1978, art. 80, stabilisce che in caso di modifica dell’originaria destinazione dell’immobile, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza (unico termine previsto dalla legge, a seguito della sentenza n. 185 del 1988 della Corte Costituzionale). Tale termine non poteva dirsi decorso nel caso di specie.

Anche questa doglianza è priva di fondamento.

Con accertamento insindacabile in questa sede, in quanto logicamente motivato, la Corte territoriale ha osservato che la mancanza di iniziative giuridiche in proposito da parte del proprietario dell’immobile, I. – importando un tacito consenso legalmente presunto importava la prevalenza dell’uso effettivo su quello convenzionale, riconoscendo alla conduttrice il diritto di prelazione e di riscatto.

Poichè nella specie, il mutamento era avvenuto prima del 1985 ed il rapporto era continuato senza contestazioni per nove anni, fino al 1994, e le innovazioni apportate erano macroscopiche e ben visibili, al contratto doveva applicarsi il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo dell’immobile.

Al riguardo, dopo aver ricordato che l’uso contrattualmente stabilito era quello di deposito di automezzi da trasporto, la Corte territoriale ha rilevato che, ai fini del riconoscimento del diritto di prelazione ex art. 38 cit., rileva la destinazione effettiva dell’immobile locato, ove lo stesso venga in un secondo tempo adibito ad un’attività che, diversamente da quella pattuita originariamente, comporti contatti diretti con il pubblico, purchè il locatore non abbia tempestivamente chiesto la risoluzione del contratto.

La eccezione relativa era stata tempestivamente sollevata dalla società conduttrice nel giudizio di primo grado.

La decisione impugnata è in tutto conforme ai principi espressi più volte dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo i quali:

“Ai fini del riconoscimento del diritto di prelazione di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 38, rileva la destinazione effettiva dell’immobile locato, ove lo stesso venga successivamente utilizzato per lo svolgimento di attività comportanti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, e non quella diversa originariamente pattuita, ove il proprietario non abbia tempestivamente esperito a norma della L. n. 392 del 1978, art. 80 l’azione di risoluzione del contratto a seguito del mutamento di uso da parte del conduttore. (Cass. 8 aprile 1991 n. 3645). La previsione dell’art. 80, comma 2, si fonda sulla presunzione assoluta che, rinunciando a chiedere la risoluzione del contratto, il locatore esprima implicitamente il suo consenso al mutamento dell’uso.

In tale ipotesi, infatti, il silenzio del locatore viene interpretato come implicito consenso al mutamento d’uso, con effetti novativi del precedente rapporto ed applicazione ad esso del regime giuridico corrispondente all’uso effettivo, con decorrenza dalla scadenza del termine per proporre l’azione di risoluzione (Cass. 27 giugno 2002 n. 9356).

Non è dunque sufficiente dimostrare che nonostante il tenore delle clausole contrattuali nell’immobile è stata svolta un’attività comportante detto contatto, essendo anche necessario che il conduttore provi che sia decorso il termine di tre mesi dalla data in cui il locatore ha avuto conoscenza dell’uso pattuito, ai sensi dell’art. 80 della legge 27 luglio 1978 n. 392.

Nel caso di specie, i giudici di appello hanno ritenuto che la Riccitelli avesse fornito tale prova.

Anche questo motivo, pertanto, deve essere rigettato.

Con il terzo motivo, la ricorrente incidentale deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1475, 1476, 1483, 1485 e 1489 c.c.), omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

La Corte territoriale, pur riconoscendo la erroneità della motivazione addotta dal giudice di primo grado, ai fini del rigetto della domanda di manleva proposta da Consorti nei confronti del venditore I., aveva respinto la domanda sul rilievo che la Consorti non avrebbe precisato quale fosse il danno di cui intendeva chiedere il risarcimento, nè avrebbe indicato l’entità dello stesso.

Il motivo è inammissibile.

I giudici di appello hanno rilevato che la Consorti, con l’appello incidentale, aveva lamentato che il Tribunale avesse respinto la domanda di manleva proposta contro lo I. perchè la comparsa di risposta della Consorti non era stata notificata al venditore.

Tale rilievo, ha sottolineato la Corte, era privo di fondamento, poichè lo I. era ritualmente costituito (sicchè non occorreva in questo caso la notifica dell’atto difensivo). La domanda tuttavìa non è stata accolta dai giudici di appello poichè “la Consorti non ha dedicato neppure un cenno al tipo di danno di cui intendeva chiedere il risarcimento e non ha comunque fornito alcun elemento, neppure indiziario, in ordine all’esistenza ed alla entità del pregiudizio”.

Solo ora, con il terzo motivo del ricorso incidentale, la Consorti accenna – inammissibilmente per la prima volta in questa sede – alla possibilità di un pregiudizio economico derivante dall’avere omesso – il venditore – di comunicare le modifiche della destinazione di uso, quale precedentemente effettuata dalla locataria e indica, quanto meno nell’onere derivante dalle spese di lite, il danno imputabile al comportamento reticente dello I..

Può ora procedersi all’esame del ricorso principale della s.r.l.

Riccitelli.

Con il primo motivo la ricorrente principale deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 39, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sotto il profilo che erroneamente la Corte territoriale avrebbe dichiarato che la Riccitelli era tenuto a pagare, oltre al prezzo di acquisto risultante dall’atto pubblico, anche gli interessi decorrenti dalla data del contratto.

Tale decisione – ad avviso della Riccitelli – sarebbe destituita di ogni fondamento giuridico, poichè la conduttrice aveva continuato a detenere l’immobile in forza del (diverso) rapporto di locazione, rapporto che era proseguito dopo la vendita stipulata in violazione della prelazione. La stessa, pertanto, non era tenuta a pagare gli interessi sul prezzo di acquisto, ma semplicemente i canoni di locazione.

Il motivo appare meritevole di accoglimento.

Questo giudice di legittimità ha, infatti, già stabilito che: “Il conduttore di immobile urbano adibito a uso non abitativo, che ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 39, ha esercitato il diritto di riscatto del bene, alienato a un terzo in violazione del suo diritto di prelazione, e che ha continuato anche dopo l’alienazione a detenere l’immobile in forza del contratto di locazione, deve nei termini di legge corrispondere al retrattato il solo prezzo e non anche interessi compensativi sullo stesso, in analogia con la disposizione contenuta nell’art. 1499 cod. civ., poichè la detenzione e il godimento della cosa hanno il loro titolo nel pagamento dei canoni, corrisposti in forza del rapporto di locazione” (Cass. 2001 n. 5913, 1996 n. 8713).

All’affermazione del suddetto principio, questa Corte è pervenuta osservando che:

– la L. n. 392 del 1978, art. 9, che ha fissato la decorrenza del termine di tre mesi per il pagamento del prezzo dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, vale ad escludere che il prezzo sia rivalutabile e che sul relativo importo possano decorrere, prima della scadenza, interessi legali;

– tale decorrenza, nel caso in cui non vi sia opposizione al riscatto, viene dalla stessa norma anticipata alla prima udienza del giudizio di riscatto, ovvero alla ricezione dell’atto notificato con cui l’acquirente o il successivo avente causa comunichi, prima di tale udienza, di non opporsi al riscatto;

– non è, invece, possibile applicare analogicamente la norma di cui all’art. 1499 c.c.; infatti, la possibilità di riconoscere gli interessi sul prezzo di riscatto presuppone l’accertamento che la detenzione dell’immobile, per il periodo sino alla sentenza che definisce il giudizio, sia rimasta al conduttore e che costui non abbia, comunque, corrisposto per lo stesso periodo alcun canone.

I principi esposti sono integralmente condivisi dal Collegio.

Deve pertanto concludersi che erroneamente la Corte di merito ha attribuito al ritrattato gli interessi di legge sulla somma dovuta dal detraente, per cui la impugnata sentenza deve, sul punto, cassata.

Fondato appare anche il secondo motivo di ricorso, con il quale la Riccitelli deduce, sotto altro profilo, violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 39, e contraddittorietà o comunque illogicità della sentenza, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Ad avviso della ricorrente principale, erroneamente i giudici di appello avrebbero posto a carico della Riccitelli tutte le spese sopportate dalla Consorti, comprese quelle inerenti agli oneri fiscali, con la precisazione che la Riccitelli avrebbe comunque la possibilità di agire in separata sede nei confronti della Consorti nel caso in cui questa potesse ottenere la ripetizione delle somme corrisposte a titolo di imposta di registro per il primo acquisto (sottintendendo in tal modo che, nel caso di specie, sarebbe configurabile un secondo trasferimento del bene e dunque un secondo pagamento di imposta per lo stesso titolo).

Con questa statuizione, del tutto contraddittoria, conclude la ricorrente si finiva per addossare alla società attrice la colpa dell’errore commesso dalla Consorti, alla quale doveva imputarsi – quanto meno – di non avere oculatamente vigilato sui propri interessi prima di procedere all’acquisto di cui è causa.

Del resto, la giurisprudenza di questa Corte, sottolinea ancora la ricorrente principale Riccitelli, prevede, nel caso di riscatto, il solo versamento del prezzo e non già il rimborso degli oneri fiscali sostenuti dall’acquirente.

Le censure formulate con questo mezzo sono parzialmente fondate.

I giudici di appello, confermando la decisione di primo grado, hanno stabilito che “non essendo state rilevate colpe della seconda (Consorti), è evidente che la subentrante (Riccitelli) debba tener indenne la prima acquirente (Consorti) di tutte le spese sopportate per l’acquisto, ivi comprese quelle occorse per oneri fiscali. Se poi sarà possibile ripetere dall’erario le somme pagate, la Riccitelli potrà agire in separata sede nei confronti della Consorti”.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, pienamente condivisa dal Collegio, il retraente deve versare all’acquirente il solo prezzo indicato nel contratto di acquisto originario (Cass. 27 maggio 2009 n. 12264), ma il riscatto non determina affatto – almeno ai fini fiscali un nuovo trasferimento del diritto sul bene.

La decisione impugnata si pone, dunque, in aperto contrasto con i principi formulati da questa Corte di legittimità, la quale ha sempre escluso l’obbligo di pagamento di una seconda imposta di registro sul trasferimento, in caso di riscatto L. n. 392 del 1978, ex art. 39 (ed ha coerentemente escluso anche la possibilità di ripetere dall’erario quanto corrisposto per il primo acquisto, allo stesso titolo) affermando che: “l’esercizio del diritto di riscatto previsto dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 39, non determina un nuovo trasferimento del diritto sul bene del terzo acquirente al titolare del diritto di riscatto, bensì la sostituzione con effetto “ex tunc” di detto titolare al terzo nella medesima posizione che quest’ultimo aveva nel negozio concluso; ne consegue che l’imposta di registro non è dovuta, trattandosi di mero subingresso del riscattante nel contratto di acquisto originario, e non di un nuovo e successivo negozio traslativo della proprietà” (Cass. 9 dicembre 2008 n. 28907, 31 luglio 2006 n. 17433, 12 gennaio 2006 n. 410).

Peraltro, la affermazione della Corte territoriale circa il diritto della Consorti ad ottenere il rimborso integrale degli oneri fiscali sostenuti, da parte della Riccitelli, non appare comunque corretta, poichè l’ordine incondizionato di pagamento rivolto alla Riccitelli – ad avviso del Collegio – avrebbe dovuto essere subordinato all’accertamento della mancata presentazione, da parte della Consorti, di una domanda di restituzione, rivolta agli uffici competenti, per la parte eccedente la misura fissa, dell’atto dichiarato inefficace, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ex art. 38 (sulla possibilità della restituzione di parte della imposta di un atto inefficace, per causa non imputabile alle parti, cfr. tuttavia Cass. 19953 del 2005 e Cass. n. 4971 del 2003, questa ultima che esclude il rimborso della eccedenza, nel caso in cui la inefficacia dell’atto derivi dalla risoluzione del contratto).

Qualsiasi diverso accordo intervenuto tra le parti, ovviamente, sarebbe improduttivo di effetti nei confronti della Amministrazione finanziaria.

Da ultimo, deve ricordarsi che la facoltà di richiedere la restituzione della imposta è subordinata al passaggio in giudicato della sentenza di riscatto e che l’imposta di registro è dovuta in misura proporzionale, non essendo applicabile la disposizione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, comma 1 (Cass. n. 12551 del 2001).

Sul punto è mancato qualsiasi accertamento da parte della Corte territoriale.

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, in relazione alle censure accolte, ed il giudice del rinvio dovrà procedere a nuovo esame tenendo conto del principi di diritto enunciato e compiendo gli accertamenti necessari.

Per questo motivo decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., essendovi necessità di ulteriori accertamenti di fatto.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso incidentale. Accoglie il ricorso principale. Cassa in relazione alle censure accolte e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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