Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.702 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 166683/2005 proposto da:

B.D. *****, elettivamente domiciliato in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SANTAGATI Antonio con studio in 93012 GELA, VICO IMPERIA 4 giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MILANO ASSICURAZIONI SPA, G.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 502/2004 del TRIBUNALE di GELA, emessa il 15/10/2004, depositata il 26/10/2004, R.G.N. 237/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 23/11/2009 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 23 novembre 2001 – 22 gennaio 2002 il Giudice di Pace di Gela accoglieva in misura (L. 9.500.000) ritenuta inadeguata la domanda di risarcimento danni da sinistro stradale proposta da B.D. nei confronti di G.R. e della Milano Assicurazioni S.p.A., compensando per metà le spese di lite.

Con sentenza in data 15 – 26 ottobre 2004 Tribunale di Gela liquidava in favore dell’appellante, a titolo di danno morale, negato dal primo giudice, la somma ulteriore di Euro 1.637,00 oltre accessori e spese dei due gradi.

Il Tribunale osservava per quanto interessa: la sentenza impugnata aveva correttamente liquidato il danno biologico, avendo tenuto conto anche del danno estetico; all’appellante spettava il danno morale, negato dal Giudice di Pace, equitativamente liquidato nella misura di 1/3 di quello biologico; la liquidazione delle spese dei due gradi doveva essere effettuata tenendo conto del valore della causa, dell’attività difensiva espletata e della nota in atti.

Avverso la suddetta sentenza il B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il G. e la Milano Assicurazioni non hanno espletato difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., art. 185 c.p., art. 32 Cost., nonchè vizio di motivazione in ordine alla mancata personalizzazione del danno biologico e del danno morale.

Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2059 e 1226 c.c., nonchè vizio di motivazione con riferimento alla liquidazione del danno morale.

Le due censure si rivelano connesse per effetto delle argomentazioni addotte a sostegno e, quindi, si prestano a trattazione congiunta.

Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che essa è pervenuta alle liquidazioni censurate tenendo conto delle peculiarità del caso di specie e spiegando, quanto al danno biologico, che dalla consulenza tecnica – peraltro non contestata – era risultato che gli esiti invalidanti riguardavano esclusivamente la cicatrice e, quanto al danno morale, che occorreva avere riguardo al tipo di lesione riportato.

Pertanto non sussiste l’asserito vizio di motivazione in quanto il.

Tribunale ha offerto congrua e razionale spiegazione delle proprie scelte e, d’altra parte, le argomentazioni addotte a sostegno della doglianza non dimostrano nè inadeguatezza, nè irrazionalità della motivazione.

Quanto alla denunciata violazione di norme di diritto, è sufficiente ribadire (Cass. Sez. 3^, n. 13391 del 2007) che il pregiudizio di tipo estetico viene abitualmente risarcito all’interno del danno biologico, inclusivo di ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella diminuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito, ivi compresi il danno estetico e alla vita di relazione, a meno che esso abbia provocato ripercussioni negative non soltanto su un’attività lavorativa già svolta ma anche su un’attività futura, precludendola o rendendola di più difficile conseguimento, in relazione all’età, al sesso del danneggiato e ad ogni altra utile circostanza particolare, nel quale caso può essere riconosciuto per esso un danno patrimoniale purchè venga fornita una prova rigorosa di una concreta riduzione del reddito conseguente alle menomazioni subite.

Nella specie non sussiste quest’ultima situazione e comunque essa non risulta provata e d’altra parte, come affermato dalla sentenza impugnata, il danno biologico riconosciuto al ricorrente si sostanzia pressochè esclusivamente nel danno estetico.

La liquidazione del danno morale (Cass. Sez. 3^, n. 29191 del 2008) deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravità del fatto e risarcire la persona delle sofferenze subite; peraltro nulla vieta che sia liquidato in proporzione al danno biologico.

Dal complesso della motivazione della sentenza impugnata risulta la sostanziale modestia delle lesioni subite dal B..

Le argomentazioni spese da costui per ottenere una liquidazione più elevata tanto del danno biologico quanto del danno morale implicano esame degli atti e valutazioni di merito non consentite nel giudizio di legittimità.

Pertanto le due censure riunite vanno rigettate.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24, D.M. 22 giugno 1982, art. 4 e vizio di motivazione con riferimento alla liquidazione delle spese di entrambi i gradi.

Recentemente questa Corte (Cass. n. 16149 del 2009) ha stabilito che, in tema di liquidazione delle spese processuali, la parte che censuri la sentenza di primo grado con riguardo alla liquidazione delle spese di giudizio, lamentando la violazione dei minimi previsti dalla tariffa professionale, ha l’onere di fornire al giudice d’appello gli elementi essenziali per la rideterminazione del compenso dovuto al professionista, indicando, in maniera specifica, gli importi e le singole voci riportate nella nota spese prodotta in primo grado, dovendosi escludere che tali indicazioni possano essere desunte da note o memorie illustrative successive, la cui funzione è solo quella di chiarire le censure tempestivamente formulate.

Il ricorrente non ha dimostrato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di avere ottemperato a tale onere processuale e, inoltre, pur avendo dichiarato di avere depositato la nota spese, non ha fornito le necessarie indicazioni con riferimento al momento in cui ha effettuato il relativo deposito.

Il Tribunale ha provveduto alla contestata liquidazione delle spese di entrambi i gradi tenendo conto del valore della causa, dell’attività difensiva espletata (quindi quella effettiva risultante dagli atti e dai verbali e documenti di causa) e delle note in atti.

Il ricorrente non prende posizione sull’elemento determinate rappresentato dal valore della causa. D’altra parte le note trascritte nel ricorso prevedono un totale di Euro 2.860,63 per il primo grado e di Euro 2.023.35 per il secondo, non in armonia con l’entità del danno liquidato.

Pertanto neppure questa censura merita accoglimento.

In definitiva il ricorso va rigettato. Nulla per le spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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