Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.703 del 19/01/2010

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17047/2005 proposto da:

S.M.I.A. S.N.C. di CAVALIERE GIOVANNI ANTONIO e C. ***** in persona del legale rappresentante p.t. Sig. C.G.

A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI BENITO PIERO, rappresentata e difesa dall’avvocato LAZAZZERA Alessio giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DI A.R. ***** in persona del Curatore avvocato T.L. nella qualità, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EUDO GIULIOLI 47/B/18, presso lo studio dell’avvocato MAZZITELLI GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’avvocato BARRA Antonio giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 402/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, Sezione Prima Civile, emessa il 2/2/2005, depositata il 14/02/2005, R.G.N. 3393/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 23/11/2009 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato PAOLO GONNELLI per delega dell’Avvocato ANTONIO BARRA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 15 – 16 luglio 1999 il Tribunale di Ariano Irpino, pronunciando sulla domanda proposta dalla Curatela del Fallimento di A.R., dichiarava la nullità del contratto di compravendita intercorso tra A.R. e la Smia S.n.c. relativo ad una pala meccanica, di cui disponeva la restituzione alla Curatela, mentre dichiarava inammissibili le domande riconvenzionali.

Con sentenza in data 2-14 febbraio 2005 la Corte d’Appello di Napoli rigettava sia l’appello principale della Smia, sia l’appello incidentale della Curatela.

La Corte territoriale osservava, per quanto interessa: la sentenza di primo grado non era viziata sotto il profilo della ultrapetizione poichè il Tribunale, interpretando la domanda, aveva reso la pronuncia richiesta (restituzione di due pale meccaniche) in base ad una ricostruzione autonoma dei fatti (nullità del contratto contenente la clausola di riservato dominio per mancanza di causa in quanto il trasferimento era già avvenuto in luogo della nullità dell’intero contratto per simulazione) con applicazione di norme diverse da quelle invocate; la circostanza che il patto fosse stato stipulato in epoca successiva al verificarsi dell’evento traslativo era inidonea a determinare di per sè la nullità dell’intero contratto di compravendita; le risultanze processuali inducevano a ritenere che il patto di riservato dominio non fosse contestuale alla stipula del vero contratto.

Avverso la suddetta sentenza la Smia ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

La Curatela del fallimento ha resistito con controricorso e presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, diviso in due censure, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1523, 1524, 2702 e 2704 c.c., con riferimento: a) all’affermata nullità del contratto; b) alla ritenuta non contestualità del patto di riservato dominio.

Con la prima contesta l’affermazione di nullità del contratto per mancanza di causa assumendo che il contratto di vendita della pala meccanica conteneva già il patto di riservato dominio, che, quindi, la vendita e la riserva di proprietà del bene erano state contestualmente stabilite dalla parti e che in adempimento di tale contratto l’effetto traslativo della vendita poteva farsi risalire al marzo 1933, mentre con la seconda assume che erroneamente la Corte Territoriale ha ritenuto che l’atto scritto, necessario per l’opponibilità della riserva di proprietà ai creditori del compratore, potesse consistere sia nella scrittura contenente le dichiarazioni negoziali originarie, sia in un documento successivo alla vendita inteso ad accertare ovvero a riconoscere la stipulazione della riserva.

Queste censure, pur formalmente prospettate sotto il profilo della violazione di norme di diritto, in realtà riguardano la motivazione della sentenza impugnata. La stessa ricorrente riconosce (pag. 7 del ricorso) che si tratta di circostanze fattuali. Dette circostanze sono in contrasto con l’accertamento della Corte territoriale la quale ha invece affermato (pag. 8) la non contestualità del patto di riservato dominio con la stipula del vero contratto.

D’altra parte, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la ricorrente non ha riferito testualmente le pertinenti parti dei documenti su cui basa la propria tesi per consentire alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti, di compiere le necessarie verifiche.

Con il secondo motivo la ricorrente adduce vizio di motivazione nelle risposte date dalla Corte territoriale al primo e quarto motivo d’appello.

Assume che essa ha dapprima dedotto la nullità dell’intero contratto esibito per totale mancanza di causa (rilevabile d’ufficio) e l’inefficacia dello stesso nei confronti della Curatela, attuale proprietaria alla quale il bene va restituito, ma poi ha affermato che il Tribunale ha dichiarato la nullità del contratto contenente il patto di riservato dominio in quanto era valido il contratto di trasferimento del bene al A.R. e che, quindi, deve essere reso al fallimento.

In realtà con la prima affermazione la Corte si è limitata a riferire quanto dichiarato dal Tribunale, secondo cui la clausola di riservato dominio non era stata apposta contestualmente alla stipula dell’atto e, quindi, non era opponibile ai creditori e che essa era intervenuta quando il venditore si era già spogliato del bene con effetto immediato di qui l’affermata nullità, mentre con la seconda ha spiegato che la nullità del contratto contenente il patto di riservato dominio aveva cristallizzato il trasferimento già avvenuto.

Esclusa la contraddittorietà denunciata, è appena il caso di aggiungere che la verifica della correttezza o meno delle statuizioni della Corte territoriale non può prescindere dalla disamina degli atti e documenti di causa, cioè da attività precluse in sede di legittimità.

Con il terzo motivo viene eccepita nullità della sentenza o del procedimento per vizio di ultra e/o extrapetizione.

In palese violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, la censura non contiene l’indicazione delle norme di diritto su cui è stata basata.

Inoltre la censura è espressa in termini generici in quanto priva di specifiche argomentazioni idonee a contrastare la motivazione della sentenza impugnata e non contiene le indicazioni fattuali necessarie per consentire alla Corte di verificare la correttezza o meno dell’interpretazione che il Tribunale ha offerto della domanda e, quindi, delle successive affermazioni della Corte territoriale.

Pertanto il ricorso va rigettato. Le spese seguono il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472