LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 4820/2009 proposto da:
M.C. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIBURTINA 654, presso lo studio dell’avvocato STENDARDO Giovanni, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrenti –
e contro
F.R.;
– intimato –
avverso l’ordinanza n. 21944/2008 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, emessa il 4/6/2008, depositata il 01/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/10/2009 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;
udito il P.M., in persona del sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che si riporta alla relazione del Relatore.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE Premesso che il Consigliere nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato ai sensi degli artt. 380 bis e 391 bis c.p.c., la seguente relazione:
“esaminati gli atti del ricorso per revocazione proposto da M. C. nei confronti di F.R. avverso l’ordinanza di questa Corte n. 21944/2008 e premesso che:
1.1. L’ordinanza che si chiede di revocare ha accolto, in quanto ritenuto manifestamente fondato ex art. 315 c.p.c., n. 5 (come sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006) il primo motivo di ricorso del F., assorbito il secondo, e ha cassato con rinvio la sentenza emessa inter partes in data 12-5-2006 dal Tribunale di Salerno, ritenendo nulla la notificazione della citazione in appello, siccome effettuata da ufficiale giudiziario territorialmente incompetente e non sanata dalla costituzione del(L’allora appellato) F.;
1.2. il ricorrente lamenta L’errore revocatorio, asserendo che la notificazione dell’atto di appello era stata effettuata, non già dall’ufficiale giudiziario, bensì dal legale in virtù di autorizzazione ex L. n. 53 del 1994;
1.3. manca agli atti il fascicolo di parte allegato dal F. all’epoca del precedente ricorso; dal canto suo il ricorrente ha allegato copia dell’atto di appello notificato a mezzo posta dal difensore del M., in virtù di autorizzazione ex L. n. 53 del 1994;
tanto premesso, osserva:
2.1. trattandosi di ordinanza pubblicata nel vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 è applicabile l’art. 366 bis c.p.c., come introdotto dal decreto stesso; detta norma è, infatti, da ritenere oggetto di rinvio da parte del primo comma dello stesso art. 391 bis c.p.c., nel punto dove dispone che la revocazione è chiesta “con ricorso ai sensi dell’art. 365 c.p.c., e segg.”; la formulazione del motivo deve, pertanto, risolversi nell’indicazione specifica, chiara ed immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c. (sez. lavoro, ordinanza n. 5076 del 26/02/2008 Rv. 601892; sez. 3^, ordinanza n. 4640 del 28/02/2007, rv. 596344); in sostanza – anche a non volere ritenere necessaria la formulazione di un e vero e proprio “quesito di diritto” – occorre che nel ricorso vi sia un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che individui puntualmente il fatto che si assuma oggetto dell’errore e le ragioni della decisività dell’errore stesso;
2.2. l’errore di fatto revocatorio previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4 – idoneo a costituire motivo di revocazione delle sentenze di cassazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. – deve consistere nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti, invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata; deve essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l’erronea supposizione e la decisione resa; non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; deve infine presentare i caratteri della evidenza ed obiettività (n. 4640 del 2007 sopra cit.);
2.3. orbene, nel caso di specie, non solo manca nel ricorso l’indicato momento di “sintesi” idoneo a focalizzare gli estremi dell’errore denunciato, ma sussiste più di un elemento di dubbio sulla sussistenza degli estremi dell’errore revocatorio; invero il ricorrente si è limitato a produrre una copia dell’atto di appello inviata a mezzo del servizio postale a norma della cit. L. n. 53 del 1994, senza però chiarire se l’atto era allegato al precedente giudizio di cassazione (e a quale fascicolo) e anzi assumendo che la Cassazione abbia dato “per vero e accertato” quanto sostenuto dal F., peraltro all’epoca non contestato dal M., che non risulta essersi costituito”;
tanto premesso, il Collegio condivide le argomentazioni e conclusioni della relazione, che pertanto fa propri.
In definitiva l’istanza di revocazione va dichiarata inammissibile.
Nulla per le spese, non essendovi stata attività difensiva da parte intimata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile l’istanza di revocazione. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010