LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. DI DOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso proposto da:
Il Quadrifoglio S.p.a. in liquidazione, in persona del liquidatore e legale rapp.te pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma via Ardea 1/b presso lo studio dell’avv. Batocchi Tabet Francesco e rappresentata e difesa giusta procura speciale a margine del ricorso dall’avv. Miccinesi Marco del foro di Firenze e dall’avv. Arnaldo Amatucci del foro di Arezzo;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliala in Roma, via dei Portoghesi 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza 41.26,06, depositata in data 24.10.06 della Commissione tributaria regionale della Toscana;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 11.12.09 dal Consigliere Dott. CARLEO Giovanni;
udita la difesa svolta dall’avv. Vincenzo Colino, su delega, per conto di parte ricorrente che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese processuali;
sentita la difesa svolta dall’Avvocatura Generale dello Stato per conto dell’Agenzia delle Entrate, che ha concluso per il rigetto del ricorso con vittoria di spese;
Udito il P.G. in persona del Dott. Abbritti Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso con le pronunce consequenziali.
FATTO E DIRITTO
Considerato che tra le altre ragioni di doglianza la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8 del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3 del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 41, comma 6 e del principio generale del favor rei, lamentando che l’Amministrazione avrebbe proceduto ad un’illegittima applicazione della disciplina sanzionatoria in relazione all’omessa regolarizzazione di acquisti senza fattura, trascurando che per effetto dell’introduzione dell’art. 6 citato, il cessionario che omette di regolarizzare gli acquisti senza fattura è passibile solo della sanzione pari al 100% del tributo ma non è più soggetto al versamento del tributo stesso. E ciò, in quanto nell’abrogato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 41 tale versamento rivestiva carattere di prestazione pecuniaria a titolo di sanzione impropria:
considerato, in ordine alla sollevata censura, che se da un lato sembra essere nettamente prevalente in giurisprudenza l’orientamento secondo cui il versamento di imposta deve ritenersi inflitto a titolo di sanzione, e non d’imposizione fiscale ordinaria, sia perchè la previsione normativa è inserita nel Titolo Terzo del D.P.R. n. 633 del 1972, intitolato “Sanzioni” sia perchè il cessionario di beni ed il committente di servizi non sono soggetti passivi dell’IVA, essendo tali, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, il cedente del bene ed il prestatore dei servizio (così, tra le altre Cass. n. 12678/05, Cass. n. 5268/05), dall’altro, non mancano decisioni di segno, parzialmente difforme, secondo cui la previsione del pagamento dell’imposta, da parte del cessionario o del committente, costituisce invece una delle condizioni, al verificarsi della quale non è configurabile illecito di quest’ultimo per cui non gli è applicabile alcuna sanzione, rappresentando in effetti uno degli “oneri” (insieme alla vera e propria regolarizzazione dell’operazione), cui la legge vincola cessionario o committente per la realizzazione di un proprio interesse, che, oltre a quello di evitare ogni responsabilità da illecito, è propriamente quello di esercitare legittimamente il diritto alla detrazione dell’imposta pagata sull’acquisto “regolarizzato” (così, Cass. n. 5868/01 in motivazione);
considerato che, in senso contrario all’indirizzo prevalente, militano i seguenti ulteriori argomenti: 1) la collocazione sistematica nel Titolo Terzo del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 41 intitolato “Sanzioni appare, di per sè sola, poco significativa al fine di attribuire al pagamento dell’imposta il carattere di sanzione impropria. E ciò, alla luce del rilievo che la norma in questione, nel testo applicabile ratione temporis, contiene anche la previsione di specifiche pene pecuniarie, al di là del pagamento dell’imposta;
2) la detraibilità dell’imposta pagata sull’acquisto dopo l’intervenuta regolarizzazione (come è desumibile da quanto disposto dall’art. 41, penultimo comma, lett. b, secondo cui un esemplare del documento attestante il pagamento o la regolarizzazione è restituito dall’ufficio all’interessato, il quale deve annotarlo nel registro degli acquisti), non è compatibile con il carattere sanzionatorio attribuito al pagamento stesso; 3) la 6 direttiva n. 77/388/CEE, all’art. 21, par. 1, lett. a), riconosce agli Stati membri la facoltà di estendere la categoria dei debitori di imposta, prevedendo che una persona diversa dal soggetto passivo sia tenuta in solido al pagamento dell’imposta;
considerato che, al fine di risolvere il contrasto, appare pertanto opportuno rimettere la questione al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili di questa Corte.
P.Q.M.
LA CORTE Rimette la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 11 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010