LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –
Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei Ministro in carica, ed Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via dei Portoghesi 12;
– ricorrenti-
contro
L.L., elettivamente domiciliato in Roma via dei Gracchi 95 presso lo studio dell’avv. Monconi Fabrizio, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso congiuntamente e disgiuntamele all’avv. Luigi Martino di Milano;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 19.45.05, depositata in data 14.2.05, della Commissione tributaria regionale della Lombardia;
nonchè
sul ricorso proposto da:
EFFE GI ELLE s.a.s. di Fulvio Ferreri e C. in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in Roma via dei Gracchi 95 presso lo studio dell’avv. Fabrizio Monconi, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso congiuntamente e disgiuntamente all’avv. Luigi Martino di Milano;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, ed Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via dei Portoghesi 12;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 17.20.05, depositata in data 25.2.05. della Commissione tributaria regionale della Lombardia;
nonchè
sul ricorso proposto da:
L.G., elettivamente domiciliato in Roma via dei Prati degli Strozzi 26 presso lo studio dell’avv. Fabrizio Monconi, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso congiuntamente e disgiuntamente all’avv. Luigi Martino Volta di Milano;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
– controricorrente –
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi 12 presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– intimato-
avverso la sentenza n. 115.14,05, depositata in data 29.9.05, della Commissione tributaria regionale della Lombardia;
nonchè
sul ricorso proposto da:
L.F., elettivamente domiciliato in Roma via dei Prati degli Strozzi 26 presso lo studio dell’avv. Fabrizio Monconi, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso congiuntamente e disgiuntamente all’avv. Luigi Martino Volta di Milano;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
– controricorrente –
e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi 12 presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– intimato –
avverso la sentenza n. 116.14.05, depositata in data 29.9.05, della Commissione tributaria regionale della Lombardia;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10.12.09 dal Consigliere Dott. Giovanni Carleo;
sentita la di lesa svolta dall’Avvocatura Generale dello Stato per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, che ha concluso per l’accoglimento del proprio ricorso, il rigetto di quelli proposti dai contribuenti, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese processuali;
Udita la difesa svolta dall’avv. Luigi Martino Volta per conto dei contribuenti che ha concluso per l’accoglimento dei propri ricorsi ed il rigetto del ricorso proposto dalle Amministrazioni con vittoria di spese.
Udito il P.G. in persona del Dr. Wladimiro De Nunzio che ha concluso per la cassazione delle sentenze di primo e secondo grado con le pronunce consequenziali.
SVOLGIMENTO DEI FATTI Come risulta dal ricorso n. 10965/2006, a seguito della verifica della G. di F. di Milano conclusasi con p.v.c. del 30.11.1999, l’Ufficio ***** II.DD. di Milano notificava alla EFFE GI ELLE s.a.s.
di Fulvio Ferreri e C. avviso di accertamento Ilor per l’anno di imposta 1993 con cui elevava a L. 974.043.000 il maggiore importo Ilor dovuto oltre sanzioni di pari importo e sanzioni per violazione della contabilità. L’avviso si fondava sul rilievo che la società aveva indicato nel quadro A del mod. 750/94 componenti negativi di reddito inerenti a fatture relative ad operazioni inesistenti. La contribuente presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano, la quale lo accoglieva. Proponeva appello l’Ufficio. La Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva i gravame. Avverso la detta sentenza la società contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate resistono con controricorso. La contribuente ha depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..
Intanto, come risulta dai ricorsi nn. 5535/06, 31733/06, 31739/06. a seguito della rettifica del reddito dichiarato dalla EFFE GI ELLE s.a.s. l’Ufficio II.DD. di Vimercate notificava a L.L. avviso di accertamento con cui elevava da L. 16.058.000 a lire 1.221.768.000 il reddito di partecipazione nella società dichiarato per il medesimo anno (il 1993). Analogamente, l’Ufficio II.DD. di Milano notificava a L.G. avviso di accertamento con cui elevava da L. 42.666.000 a L. 1.221.768.000 il suo reddito dichiarato di partecipazione nella società per il medesimo 1993 e a L.F. avviso di accertamento con cui elevava il suo reddito di partecipazione da L. 16.573.000 a L. 1.222.283.000. Nei rispettivi avvisi venivano indicati il maggior reddito societario accertato, la quota di partecipazione agli utili del contribuente, la quota parte di maggior reddito che gli veniva imputato. Ciascuno dei contribuenti, contestando tra l’altro che non gli era stato notificato il pvc redatto dalla G. di F. a carico della società, presentava un distinto ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano, la quale li accoglieva.. Avverso le tre sentenze proponeva distinti atti di appello l’Amministrazione ribadendo le tesi esposte in primo grado. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, in esito ai tre distinti procedimenti, rigettava il gravame dell’Amministrazione nei confronti di L. L. mentre accoglieva l’appello proposto nei confronti di L.G. e L.F..
Avverso la sentenza riguardante L.L. hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate. Il L. resiste con controricorso ed ha depositato memoria difensiva. Avverso la sentenza riguardante L.G., il contribuente soccombente ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi L’Agenzia delle Entrate. resiste con controricorso, il contribuente ha quindi depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c.. Avverso la sentenza riguardante L. F., quest’ultimo ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. L’Agenzia delle Entrate, resiste con controricorso. Il contribuente ha quindi depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, va ravvisata l’opportunità di una trattazione unitaria dei giudizi in esame per evidenti ragioni di connessione sia soggettiva, sia pure parziale, sia oggettiva, vertendosi in tema di rapporto tra accertamento del reddito di partecipazione di un socio ed accertamento del reddito di una società di persone. Ne deriva conseguentemente la riunione dei giudizi contrassegnati dai nn. 10965/2006, 31733/2006, 31739/2006 di R.G. a quello di più antica data, vale a dire il giudizio recante il n. 10965/2006 di R.G. Sempre in via preliminare va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel giudizio n. 10965/06, del ricorso proposto nei confronti dello stesso Ministero, in una al suo controricorso, nel giudizio n. 10965/06, dei ricorsi proposti nei confronti del Ministero nei giudizi n. 31733/06 e n. 31739/06, posto che lo stesso deve essere ritenuto privo della necessaria legittimazione sia ad impugnare la sentenza di secondo grado sia a resistere ed a controricorrere in quanto i giudizi di appello, ai quali non aveva partecipato, sono stati introdotto dopo il primo gennaio del 2001 nei confronti della sola Agenzia delle Entrate. A riguardo, è appena il caso di osservare che la data indicata coincide con quella in cui è divenuta operativa l’istituzione dell’Agenzia delle entrate, con conseguente successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione “ad causam” e “ad processum” nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetti esclusivamente all’Agenzia (Sez. Un. n. 3118/06).
Giova aggiungere, con riferimento ai procedimenti introdotti precedentemente alla detta data come nel caso di specie, che questa Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo cui, pronunciata la sentenza di primo grado nei confronti del dante causa, il giudizio di appello da quest’ultimo consapevolmente disertato e celebrato senza che alcuna delle parti reclamasse l’integrazione del contraddittorio, con successiva sentenza nei confronti del solo successore – così come è avvenuto nella vicenda processuale in esame – consente di ritenere integrati i presupposti per l’estromissione dell’alienante pur in assenza di un provvedimento formale (cfr. Cass. 10955/07).
Alla luce di tali considerazioni, risulta pertanto evidente come nella vicenda processuale in esame il Ministero, il quale non aveva partecipato ai procedimenti di appello, rispettivamente introdotti con atti depositati in data 13.2.03, 27.6.02, 5.2.03 e 5.2.02, era privo della necessaria legittimazione attiva e passiva.. Sussistono giusti motivi per compensare fra il Ministero ed i contribuenti le spese dei giudizi di legittimità riuniti in quanto l’orientamento giurisprudenziale riportato si è consolidato solo dopo l’introduzione delle liti.
Tutto ciò premesso, con riferimento al ricorso n. 5535/06 presentato dall’Agenzia, giova evidenziare che la sua prima doglianza si l’onda sulla premessa che la C.T.R. avrebbe violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7, 18, 21, 24 e 57, e art. 112 c.p.c. per essersi pronunciata sulla “domanda/eccezione (ratio opponendi) del contribuente relativa alla mancata allegazione alla rettifica del reddito di partecipazione dell’avviso di rettifica del reddito societario” malgrado non vi fosse traccia di siffatta deduzione nel ricorso introduttivo.
Inoltre – ed in tale rilievo si sostanzia la seconda censura articolata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 40 e 42, L. n. 241 del 1990, art. 3 la Commissione avrebbe errato altresì nell’affermare che l’avviso di accertamento del reddito societario andasse preventivamente notificato al socio o allegato all’avviso di accertamento relativo al reddito di partecipazione data l’anteriorità dell’accertamento all’entrata in vigore della L. n. 212 del 2000.
Con riferimento al ricorso n. 10965/06 presentato dalla Effegielle, va rilevato che con la sue prime quattro doglianze la ricorrente lamenta rispettivamente la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 per omessa motivazione della sentenza in ordine alla carente motivazione dell’avviso di accertamento; la carenza di motivazione sull’asserita falsità delle fatture di Cam s.a.s; la carenza di motivazione sull’asserita falsità delle autofatture; la carenza di motivazione sugli asseriti notevoli utili che la società avrebbe conseguito dall’utilizzazione delle fatture Cam s.a.s. e delle autofatture.
Inoltre, con gli ultimi due motivi di impugnazione, la ricorrente lamenta rispettivamente la violazione e falsa applicazione dell’onere della prova per avere il giudice di appello deciso la controversia considerando unicamente le presunzioni evidenziate dalla G. di F. nel processo verbale nonchè l’illegittimità del reddito accertato dall’Agenzia, in quanto i costi per acquisto merce ritenuti non deducibili erano rappresentati da fatture e bolle di consegna perfettamente registrate, così come i relativi pagamenti Con riferimento al ricorso n. 31733/06 si deve rilevare che la prima doglianza del contribuente si fonda sulla premessa che la C.T.R. avrebbe violato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, L. n. 241 del 1990, art. 3 e art. 24 Cost. per aver trascurato che l’avviso di accertamento notificato al socio si limitava a far riferimento all’avviso notificato alla società senza che lo stesso risultasse notificato o allegato all’avviso per cui era causa.
inoltre, – ed in tale rilievo si sostanzia la seconda censura articolata sotto il profilo della insufficiente motivazione su aspetto determinante in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 61 e 53 e art. 112 c.p.c. – la Commissione avrebbe errato altresì nell’affermare che “condizione necessaria e sufficiente per la validità del provvedimento è la mera conoscenza o conoscibilità, da parte dei destinatavi, dei documenti richiamati”, trascurando di dimostrare l’applicabilità di tale principio al caso in esame.
Con riferimento al ricorso n. 31739/06 giova infine evidenziare che le ragioni di doglianza svolte dal L.F. sono di contenuto completamente identico a quelle presentate nel ricorso precedente dal contribuente L.G..
Preliminare all’esame delle articolate doglianze appare però il rilievo che nel caso di specie si verte in tema di rapporto tra accertamento del reddito di partecipazione di un socio ed accertamento del reddito di una società di persone. E ciò, in quanto la società interessata dal primo avviso di accertamento, da cui è derivata la rettifica del reddito di partecipazione del controricorrente, è la EFFE GI ELLE di Ferreri e C. vale a dire una società in accomandita semplice.
La premessa torna utile poichè, come hanno insegnato recentemente le Sezioni Unite, “nel caso in cui venga proposto ricorso avverso un avviso di rettifica della dichiarazione dei redditi di una società di persone, o avverso un avviso di rettifica notificato ad un socio, in conseguenza della rettifica del reddito della società, ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra tutti i soci e la società, purchè il ricorso venga proposto per contestare il reddito della società o le modalità del suo accertamento” (così in motivazione Sez. Un. 14815/08) Infatti, sul piano sostanziale l’accertamento del reddito sociale di una società di persone e l’accertamento del reddito dei singoli soci sono in evidente rapporto di derivazione ed infatti, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, comma 1 (TUIR). (sostanzialmente simile al D.P.R. n. 597 del 1973, art. 5), dispone che “I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”.
Pertanto, l’accertamento del reddito sociale e l’accertamento del reddito dei singoli soci, sono in evidente rapporto di reciproca implicazione (non si può accertare il reddito dei singoli se non accertando il reddito sociale e quest’ultimo condiziona l’accertamento del primo): si è pertanto in presenza di un’imputazione automatica del reddito sociale ai soci (presunzione legale iuris et de iure) per cui la difesa di questi di fronte alla pretesa erariale (quando non venga contestata la qualità di socio o la quota di partecipazione) deve necessariamente trovare uno spazio processuale per interloquire sulla determinazione del reddito della società (dal quale dipende la ripresa nei loro confronti), altrimenti la presunzione si risolverebbe in una palese violazione del diritto di difesa e del principio della tassazione in base alla capacità contributiva (artt. 24 e 53 Cost.). Da ciò la configurabilità di una specifica ipotesi di un litisconsorzio necessario tra società e soci. Sulla base di tale premessa le Sezioni Unite hanno quindi statuito il principio di diritto, secondo cui “in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmcnte sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.
Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.(Sez. Un. 14815/08). Ne consegue che in applicazione del principio di diritto superiormente riportato, posto che nella specie gli interi rapporti processuali si sono sviluppati in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, devono essere cassate sia le sentenze impugnate che quelle di primo grado. A norma dell’art. 383 c.p.c., u.c., le cause riunite vanno quindi rinviate, anche per le spese, alla Commissione tributaria provinciale di Milano per la celebrazione del giudizio di primo grado nei confronti di tutti i litisconsorti necessari.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi contrassegnati dai nn. 5535/06, 10965/06, 31733/06, 31739/06; dichiara inammissibili il ricorso proposto dal Ministero nel giudizio n. 5535/06, il ricorso proposto contro il Ministero ed il controricorso presentato da quest’ultimo nel giudizio n. 10965/06, il ricorso proposto contro il Ministero nei giudizi nn. 31733/06 e 31739/06; compensa le spese tra quest’ultimo ed i contribuenti.
Pronunciando sui ricorsi riuniti, cassa le sentenze impugnate e quelle di primo grado e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria di primo grado di Milano ai sensi dell’art. 383 c.p.c., u.c..
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010