Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.736 del 19/01/2010

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

EFFE Gi ELLE s.a.s. di Fulvio Ferreri e C, in persona del legale rapp.te p.t. elettivamente domiciliata in Roma via dei Gracchi 95 presso lo studio dell’avv. Monconi Fabrizio, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso congiuntamente e disgiuntamente all’avv. Martino Luigi di Milano;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, ed Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via dei Portoghesi 12;

– intimati –

avverso la sentenza n. 44.22.05, depositata in data 29.4.05. della Commissione tributaria regionale della Lombardia;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 10.12.09 dal Consigliere Dott. CARLEO Giovanni;

Udita la difesa svolta dall’avv. Luigi Martino Volta per conto della ricorrente che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese processuali;

Udito il P.G. in persona del Dott. De Nunzio Wladimiro che ha concluso per il rigetto del ricorso con le pronunce consequenziali.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito della verifica della G. di F. di Milano conclusasi con p.v.c. del 4.4.2000, l’Ufficio IVA di Milano notificava alla EFFE Gi ELLE s.a.s. di Fulvio Ferreri e C. avviso di rettifica parziale della dichiarazione Iva per l’anno di imposta 1995 con cui elevava a L. 1.987.708.000 il maggiore importo IVA dovuto oltre sanzioni di pari importo. L’avviso si fondava su documenti rinvenuti in sede di verifica e sui controlli descritti nel p.v.c. citato dai quali emergeva l’indebita detrazione di imposta per effetto di fatture relative ad operazioni inesistenti. La contribuente presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano, la quale lo respingeva. Proponeva appello la stessa societa’ ribadendo le tesi esposte in primo grado. La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava il gravame. Avverso la detta sentenza la contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo ed ha infine depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso presentato nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e inammissibile, per difetto di legittimazione passiva, atteso che l’appello presentato dalla contribuente fu depositato il 10.2.2003 – data successiva a quella (1.1.2001) di entrata in funzione delle agenzie fiscali – contro la sola Agenzia delle entrate, succeduta a titolo particolare al Ministero nel diritto controverso; e che la sentenza qui impugnata fu pronunziata unicamente nei confronti di tale agenzia, con tacita esclusione del nominato Ministero. Ne deriva la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso proposto nei confronti di un soggetto, che non e’ piu’ parte nel successivo grado di giudizio.

Passando all’esame del ricorso proposto dalla contribuente nei confronti dell’Agenzia, va rilevato che con la sua unica doglianza, articolata sotto il profilo della violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e 21 e degli artt. 17 e 21 6^ Direttiva del Consiglio 17.5.1977 n.77/388/CEE – la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per il mancato riconoscimento della detraibilita’ dell’IVA esposta nelle fatture emesse dalla Global System S.a.s.. Invero, la CTR avrebbe sbagliato quando ha negato la detraibilita’ dell’IVA sulla sola base della presunta inesistenza soggettiva delle operazioni, nel senso che sarebbero stati altri soggetti a vendere tale merce alla EFFE Gi ELLE s.a.s. trascurando che quest’ultima era una societa’ operante ed era stata effettiva cessionaria della merce.

A riguardo, e’ utile premettere che, come risulta dalla lettura della sentenza di appello, nel p.v.c. della G. di F. era stato evidenziato che in sede penale il sig. F.F., rappresentante legale sia della EFFE Gi ELLE s.a.s. sia della Global System S.a.s. e della Comital S.a.s. aveva reso dichiarazioni con cui aveva ammesso che il gruppo societario, allo scopo di emettere fatture false per la copertura delle forniture di rottami effettuate da raccoglitori operanti in nero, si era avvalso delle due societa’ col legate alla EFFE Gi ELLE, appunto la Global e la Comital, le quali svolgevano solo funzione di cartiere in quanto prive di locali, di beni strumentali, di personale dipendente nonche’ di impianto contabile.

Tali dichiarazioni, su cui i giudici di primo grado avevano fondato il loro convincimento, costituivano senza dubbio elementi indiziari di non poco conto. Giova aggiungere che questa Corte con indirizzo ormai consolidato ha avuto modo di affermare il principio secondo cui “in tema di IVA, l’emissione della fattura da parte di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione non e’ riconducibile alla fattispecie, prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 41, comma 3, dell’emissione di fattura recante indicazioni incomplete o inesatte, ne’ a quella, prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 2, n. 1, di omissione dell’indicazione dei soggetti tra cui e’ effettuata l’operazione, ma va qualificata come fatturazione di un’operazione soggettivamente inesistente, per la quale dev’essere versata la relativa imposta, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21 cit., non essendo consentita la detrazione di fatture emesse da chi non e’ stato controparte nel rapporto riguardante l’operazione fatturata (cfr. da ultimo Cass. n. 5719/07, n. 1950/07).

Cio’ premesso, la stessa Corte ha statuito che l’effettivita’ dell’acquisto dei beni entrati nella disponibilita’ patrimoniale dell’impresa utilizzatrice delle fatture in una alla provenienza della merce da ditta diversa da quella figurante sulle fatture non sono indifferenti ai fini dell’IVA, dal momento che la qualita’ del venditore puo’ incidere sulla misura dell’aliquota e, per conseguenza, sull’entita’ dell’imposta che l’acquirente puo’ legittimamente detrarre. (Cass. n. 29467/08).

Pertanto, il diritto alla detrazione non sorge immancabilmente, per il solo fatto dell’avvenuta corresponsione di imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi, altresi’, che l’imposta sia effettivamente dovuta e, cioe’, corrispondente ad operazione effettivamente soggetta all’iva. Cio’ perche’ il particolare meccanismo che presiede al funzionamento dell’iva postula la ricorrenza dell’ulteriore requisito della detraibilila’, costituito dell’”inerenza all’impresa” dell’operazione fatturata; requisito, che, al pari degli altri, e’ onere del contribuente comprovare (cfr.

Cass. 13205/03, 11109/03, 15228/01).

In proposito, questa Corte ha statuito che, in ipotesi di inesistenza soggettiva – nella quale, pur essendo i beni entrati nella disponibilita’ patrimoniale dell’impresa cessionaria, risulti che l’emittente della fattura e soggetto diverso dal cedente – prestatore – l’obbligo di corrispondere l’importo corrispondente all’imposta sull’operazione soggettivamente inesistente deriva dal precetto normativo di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, mentre risulta evasa l’imposta dovuta, in base al fisiologico funzionamento del meccanismo IVA, per l’operazione effettivamente realizzata (in tal senso: v. Cass. 6378/06).

Sulla base di tali premesse, il costo dell’iva versata sulla fattura relativa ad operazione soggettivamente inesistente si appalesa quale costo non necessariamente inerente. Invero, il rapporto con lo svolgimento della specifica attivita’ dell’impresa (che da diritto alla detrazione) e, quindi, l’inerenza risulta connaturalmente sussistere in relazione all’iva, che sarebbe dovuta sull’operazione compiuta con l’effettivo cedente – prestatore, e che, tuttavia, resta evasa. L’iva corrisposta al soggetto interposto e’, invece, costo, che, in realta’, non puo’ considerarsi inerente allo svolgimento della attivita’ istituzionale dell’impresa, in quanto potenziale espressione di distrazione verso finalita’ ulteriori e diverse, tali da rompere in messo di inerenza. Gli indicati riscontri non possono, d’altro canto, esaurirsi nell’accertamento dell’avvenuta consegna della merce e di quello del pagamento della merce medesima e dell’iva riportata sulla fattura emessa dal terzo, trattandosi di circostanze non decisive, rispetto al tema della prova, in rapporto alle peculiarita’ del meccanismo dell’iva e dei relativi abusi; mentre, in base ai criteri generali in tema di onere della prova, essi vanno provati dal committente – cessionario che intende avvalersi della detrazione (Cass. n. 1950/07 in motivazione).

In definitiva, non rileva assolutamente, ai fini che interessano la vicenda in esame, sottolineare che i rottami metallici siano stati effettivamente acquistati e che dei costi siano stati quindi effettivamente sostenuti (cosi’, la ricorrente nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c.). Se e’ vero intatti che la riconosciuta inesistenza delle operazioni fatturate dal punto di vista soggettivo non esclude la deducibilita’, ai fini dell’imposta sul reddito, dei costi sostenuti per l’acquisto dei beni da soggetti diversi da quelli indicati in fattura – del resto, l’acquisto in nero non e’ un elemento del reato di emissione o utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti (cfr. L. n. 74 del 2000) – non puo’ trascurarsi in senso contrario che la riconoscibilita’ dei costi e’ comunque soggetta al relativo regime probatorio. Cio’ posto, premesso che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, precedentemente richiamata, la prova dell’esistenza, inerenza e competenza del costo incombe a contribuente, occorre altresi’ sottolineare che tale prova deve essere particolarmente rigorosa e non puo’ certo consistere nel ricorso a regole di esperienza. Ed invero, l’abrogazione, ad opera del D.P.R. 9 dicembre 1996, n. 695, art. 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, comma 6 pur avendo avuto l’effetto di ammettere il contribuente alla prova dei costi suddetti (in precedenza radicalmente preclusa), anche con mezzi diversi dai le scritture contabili, richiede che gli elementi probatori forniti dal contribuente siano certi e precisi, come prescritto dell’art. 75, comma 4 (cfr. Cass. 10964/07, 18000/06 4218/06, 10090/02).

Pertanto, la generica affermazione che l’impresa abbia comunque acquistato i beni fatturati da soggetti differenti da quelli indicati in fatture -la Global System e la Comital, prive di locali, beni strumentali, personale dipendente, struttura contabile, erano soltanto mere cartiere – non fornisce alcun elemento certo e minimamente rassicurante circa la correttezza della quantificazione del costo indicato, della sua inerenza e della sua riferibilita’ all’anno di imposta in contestazione.

Considerato che la sentenza impugnata appare in linea con il principio richiamato, ne consegue che il ricorso per Cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese in quanto le parli vittoriose, non essendosi costituite, non ne hanno sopportate.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero, rigetta il ricorso proposto contro l’Agenzia. Nulla spese.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472