LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –
Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 5120/2007 proposto da:
F.A., elettivamente domiciliato in Roma presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’Avvocato FICARRA Luigi con studio in 35132 PADOVA Via Leoncavallo 8, con delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.M., C.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio dell’avvocato COSSU Bruno, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOVO MARIO LINO con delega in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1959/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, Sezione Quarta Civile, emessa il 14/12/2005; depositata il 06/02/2006; R.G.N. 2092/2003;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 05/10/2009 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato SAVINA BOMBOI delega Avvocato BRUNO COSSU;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’iter processuale può essere così ricostruito sulla base dell’impugnata sentenza.
1.1. Con citazione notificata in data 4-7-2000 R.M. e C.L. convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Padova F.A., conduttore dell’immobile di loro proprietà sito in *****, adibito a bar ristorante-pizzeria, per sentir dichiarare risolto il contratto di locazione per inadempimento del conduttore o, comunque, per intervenuta scadenza contrattuale. Lamentavano che il F. si fosse autoridotto il canone di locazione a partire dal *****, adducendo un preteso inadempimento di essi locatori; precisavano che il conduttore aveva richiesto l’esecuzione di una serie di lavori (sostituzione della caldaia e costruzione di servizi igienici normali e per portatori di handicap) che invece avrebbero dovuto essere a suo carico ed aveva chiuso l’attività con conseguente degrado dell’immobile.
Resisteva il F., che affermava la legittimità dell’autoriduzione, di cui già si discuteva tra le parti in altro processo pendente innanzi al medesimo Tribunale; di conseguenza, chiedeva la sospensione del presente giudizio e, in subordine, il rigetto delle avverse domande.
Disposto il mutamento dal rito ordinario a quello locatizio, la causa, documentalmente istruita, era decisa con sentenza del 30/7/2003, con la quale il Tribunale dichiarava risolto il contratto di locazione per inadempimento del conduttore, fissava per il rilascio la data del 30-7-2003 e condannava il medesimo conduttore al pagamento delle differenze canoni non corrisposte per la complessiva somma di L. 18.048,62 oltre interessi legali dalle singole scadenza al saldo.
1.2. La decisione, gravata da appello dal F., era confermata dalla Corte di appello di Venezia con sentenza in data 14/12/2005.
1.3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il predetto F., svolgendo quattro motivi.
Hanno resistito il R. e la C., depositando controricorso, con il quale hanno dedotto, tra l’altro, la preclusione del giudicato sulla questione dell’illegittimità dell’autoriduzione, giusta sentenza n. 1120 del 2001 Tribunale Padova.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso contiene un duplice ordine di doglianze, formulate entrambe sotto il profilo della violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare si denuncia: sub n. 1.1. violazione o, comunque, falsa applicazione degli artt. 1460, 1453 e 1455 c.c.; sub n. 1.2. violazione dell’art. 1584 c.c., oltre che dei già cit. artt. 1460, 1453 e 1455 c.c., anche in riferimento all’interpretazione data da questa Corte con la sentenza n. 3341 del 7-3-2001.
Il motivo riguarda il punto della decisione che ha affermato l’illegittimità dell’autoriduzione del canone, richiamando l’orientamento giurisprudenziale, secondo cui la sospensione totale e parziale del pagamento del canone è legittima solo quando venga a mancare completamente la controprestazione del locatore.
Il ricorrente oppone che siffatto orientamento giurisprudenziale è stato affermato con riferimento alla diversa ipotesi di autoriduzione per difformità dal canone legale, per cui non può ritenersi pertinente alla fattispecie in oggetto, in cui sì controverte della risoluzione per inadempimento; rileva, inoltre, che si tratta di principio “rivisto” da questa Corte di legittimità con la sentenza n. 3341 del 2001, con la quale è stata riconosciuta l’applicabilità dell’exceptio non rite adempleti contractus al rapporto di locazione, affermando la legittimità di una riduzione del canone proporzionata all’entità del mancato godimento dipendente da fatto del locatore in applicazione analogica dell’art. 1584 c.c.; per altro verso osserva che lo stesso principio, quand’anche ritenuto applicabile al caso in esame, non sarebbe, comunque, sufficiente a giustificare la risoluzione del rapporto di locazione, occorrendo pur sempre valutare la proporzionalità dei rispettivi inadempimenti.
1.3. Il motivo è, per una parte, inammissibile e, per altra parte, infondato; è, invero, inammissibile, nella misura in cui sollecita l’affermazione di legittimità dell’autoriduzione, nonostante la preclusione ex art. 2909 c.c., che sul punto consegue dalla sentenza del Tribunale di Padova n. 1120 del 11-7-2001 emessa in altro giudizio inter partes, con il quale è stata, per l’appunto, rigettata la domanda del F. di accertamento della legittimità di detta autoriduzione; è, invece, infondato per la parte con cui si denuncia l’omessa necessaria valutazione comparativa da parte dei giudici di appello dei reciproci inadempimenti.
Merita puntualizzare ai fini della verifica dell’esatta portata del giudicato eccepito da parte resistente che la citata sentenza del Tribunale di Padova (allegata al fascicolo di appello di parte ricorrente) ha deciso su due distinte domande del F. (mentre ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale di pagamento delle differenze dei canoni proposta da parte locatrice, per mancata richiesta di differimento dell’udienza ex art. 418 c.p.c.) e precisamente: sulla domanda di accertamento della legittimità dell’autoriduzione del canone (domanda che, come si è detto, è stata rigettata) e sulla domanda di accertamento dell’obbligo dei locatori R.- C. di installare, a proprie spese, i servizi igienici normali e per portatori di handicap, nonchè la caldaia e l’impianto di riscaldamento descritto dal c.t.u.
(domanda, che, invece, è stata accolta).
Ciò posto, rileva il Collegio che – pur avendo la citata sentenza del Tribunale di Padova affermato che l’autoriduzione costituiva “fatto arbitrario ed illegittimo, che provoca il venire meno dell’equilibrio sinallagmatico” (pag. 5 della cit. sentenza) – il riscontro comparativo dell’oggetto e dei limiti del giudicato in rapporto al thema decidendum implicato dalla nuova controversia tra le medesime parti consente di circoscrivere l’ambito del giudicato all’accertamento dell’illegittimità del ricorso all’autotutela da parte del conduttore e al contemporaneo accertamento dell’obbligazione di fare a carico dei locatori; resta, invece, estranea al precedente giudicato la determinazione dell’incidenza causale dei reciproci inadempimenti nell’equilibrio del rapporto, funzionale alla domanda di risoluzione oggetto del presente giudizio.
Fatta questa precisazione, occorre evidenziare che – contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente – la Corte territoriale non si è affatto sottratta alle relative valutazioni (come si vedrà meglio di seguito) e ha anzi espressamente affermato l’esigenza di verificare nel concreto, alla luce del principio della buona fede, la proporzionalità dei rispettivi inadempimenti dedotti da ciascuna parte in relazione all’intero equilibrio contrattuale, dichiaratamente mostrando di condividere proprio l’indirizzo giurisprudenziale, richiamato da parte ricorrente, in quanto ritenuto espressivo di una lettura dell’art. 1460 c.c., con riguardo al rapporto locatizio, in linea con i presupposti applicativi della norma.
2. Il secondo e il terzo motivo si articolano in una molteplicità di censure, formulate sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale e si incentrano sul punto della decisione che ha qualificato “non grave” l’inadempimento dei locatori, ritenendo invece determinante nella risoluzione del rapporto, in relazione al parametro oggettivo dell’importanza dell’inadempimento e a quello soggettivo della buona fede, l’autoriduzione del canone operata da parte conduttrice dal ***** al ***** per l’importo accertato in primo grado.
A fronte di tale statuizione il ricorrente denuncia: (sub n. 2.1.) erroneità e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, e, cioè, sul punto della gravità dell’inadempimento dei locatori e sue conseguenze, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; in particolare il ricorrente deduce che la documentazione versata in atti (in specie: relazione di c.t.u. redatta in altro giudizio tra le parti, da cui risultava la mancanza dei servizi igienici e della centrale termica, nonchè l’insufficienza di “quel poco di calore” proveniente nel locale dall’adiacente immobile di proprietà del F.;
nota dell’ULSS n. 15 del 21-7-2000, con parere sfavorevole all’esercizio dell’attività bar-pizzeria; diffida del comune di ***** in data ***** alla realizzazione dei servizi igienico-sanitari) evidenzierebbe, come fatto “notorio e logico” la grave compromissione dell’utilizzo dell’immobile;
(sub n. 2.2.) violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed omessa motivazione in ordine all’esistenza di un precedente giudicato sulla medesima controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, e, comunque, illogicità della sentenza impugnata anche laddove perviene a conclusioni contrarie a quelle oggetto della sentenza definitiva n. 355/199 Pretura Padova (allegata all’atto di appello) e, cioè, la sentenza che aveva rigettato la domanda di risoluzione proposta dagli odierni resistenti nei confronti della precedente locataria e dante causa del F., la s.a.s. CARPIE’, che si era autoridotta il canone;
sub n. 2.3) erroneità e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, relativo alle spese sostenute dal conduttore per sopperire all’inadempimento dei locatori e di cui al doc. 13 della produzione di appello dell’odierno ricorrente e violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; a questo riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia commesso errori di valutazione della documentazione di spesa, per avere opinato che le fatture riguardassero un locale diverso da quello per cui è causa e in parte anche lavori di natura diversa da quelli richiesti ai locatori; in ogni caso – sempre a parere del ricorrente – vi sarebbe anche violazione di legge in relazione all’art. 116 c.p.c., dal momento che l’esecuzione da parte del F. dei lavori richiesti ai locatori doveva ritenersi fatto incontroverso; per altro verso la motivazione sarebbe illogica per avere ritenuto rilevante la circostanza che i suddetti esborsi, peraltro di importo superiore alla misura della somma trattenuta sul canone, erano successivi al periodo di autoriduzione del canone, senza considerare che l’inadempimento dei locatori era, comunque, antecedente.
(sub 3.1.) falsa applicazione dei principi di diritto di cui agli artt. 1453, 1455 e 1460 c.c., nonchè degli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento a un punto decisivo della controversia inerente la valutazione dei rispettivi inadempimenti e illogicità-erroneità della motivazione in ordine a tale punto ex art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè omessa motivazione in relazione ai profili soggettivi di causalità e successione cronologica degli inadempimenti, oltre che correttezza e buona fede dei comportamenti delle parti ex art. 360 c.p.c., n. 5: il motivo è sostanzialmente ripetitivo delle precedenti censure, che risultano richiamate per ribadire l’illogicità e/o la carenza della motivazione nella valutazione dei rispettivi inadempimenti, nonchè la violazione dei principi di buona fede e correttezza che devono presiedere la relativa indagine.
3. Le suesposte censure che si esaminano congiuntamente per la stretta connessione delle tematiche, non meritano accoglimento.
In via di principio si rammenta che, nei contratti a prestazioni corrispettive, il giudice, ove venga proposta dalla parte l’eccezione inadimplenti non est adimplendum, deve procedere ad una valutazione comparativa degli opposti adempimenti avuto riguardo anche allo loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse, per cui qualora rilevi che l’inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l’eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altra parte a norma dell’art. 1455 c.c., deve ritenersi che il rifiuto di quest’ultima di adempiere la propria obbligazione non sia in buona fede e, quindi, non sia giustificato ai sensi dell’art. 1460 c.c., comma 2.
Anche l’exceptio non rite adimpleti contractus, a cui è egualmente applicabile l’art. 1460 c.c., postula la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, ma in relazione alla oggettiva proporzione degli inadempimenti stessi, riguardata con riferimento all’intero equilibrio del contratto ed alla buona fede (Cass. 20 giugno 1996, n. 5694) . Tale valutazione rientra nei compiti del giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria (Cass. civ., Sez. lavoro, 16/05/2006, n. 11430). Ciò in quanto in materia contrattuale la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (ex multis Cass. civ., Sez. 3^, 18/11/2008, n. 27423; Cass. 28.6.2006 n. 14974).
3.1. Orbene la Corte di appello di Venezia non si è affatto discostata dai principi sopra indicati, posto che – come emerge dalla sintetica, ma comunque, adeguata motivazione posta a sostegno della decisione impugnata – i giudici di appello hanno proceduto alla disamina di tutte le evenienze del caso specifico, da un lato rilevando la carenza di prova in ordine alla riconducibilità delle spese sopportate dai conduttori alle inadempienze addebitate ai locatori e, dall’altro, individuando come elemento determinante, nell’ottica di una valutazione comparativa dei comportamenti delle parti, la circostanza che il conduttore fosse rimasto nel godimento dell’immobile, nonostante i lamentati vizi e, soprattutto, non avesse provato una contrazione dell’attività commerciale esercitata nei locali affittati. In particolare la mancata dimostrazione di quest’ultimo elemento è stato assunto come indice significativo che la mancata realizzazione dei lavori relativi alla caldaia e ai servizi igienici non aveva comportato alcuna diminuzione nel normale utilizzo dell’immobile locato da parte del F., derivandone il convincimento della scarsa importanza dell’inadempimento dei locatori, per non avere questo, comunque, impedito l’utilizzazione del bene così da giustificare,nell’ambito del giudizio di proporzionalità e di buona fede, la riduzione del corrispettivo nei termini effettuati dall’odierno ricorrente.
3.2. Le valutazioni operate sono di stretto merito e non possono formare oggetto di contestazione in sede di legittimità, essendo notoriamente preclusi alla Corte di cassazione l’esame degli elementi fattuali e l’apprezzamento fattone dal giudice del merito al fine di pervenire al proprio convincimento. La relativa motivazione non presenta evidenti aporie di ragionamento che, sole, possono indurre a ritenere sussistente il vizio di assenza, contraddittorietà o illogicità di motivazione; nè le deduzioni di parte ricorrente rivelano alcun contrasto disarticolante tra le emergenze processuali e il ragionamento seguito.
In particolare proprio il ricorso all’argomento del “notorio” e “logico” contiene un’implicita ammissione dell’inidoneità della documentazione richiamata sub 2.1. a supplire alla rilevata mancanza di prova in ordine ad una contrazione dell’attività esercitata del locale e, quindi, a sovvertire l’ordine logico prescelto dalla decisione impugnata; mentre risulta priva di fondamento la denuncia di violazione dell’art. 2909 c.c., non essendo prospettabile – se non altro per la diversità oggettiva della domanda, relativa all’inadempienza del precedente conduttore – la preclusione del giudicato con riferimento alla sentenza emessa nell’altra causa di risoluzione promossa dai locatori nei confronti della dante causa dell’odierno ricorrente e dovendo, anzi, ritenersi vincolante inter partes, quanto all’accertamento dell’illegittimità dell’autoriduzione dei canoni di cui qui si discute, la diversa pronuncia di cui alla cit. sentenza n. 1120 del 11-7-2001.
Per altro verso la denuncia (sub 2.3.) di presunti errori di valutazione concernenti la documentazione di spesa – ritenuta dalla Corte territoriale prima ancora che non rilevante, non pertinente – incorre nel rilievo di inammissibilità per il sostanziale travisamento denunciato sotto forma di vizio di motivazione, in quanto postula un’inesatta percezione, da parte del giudice, di circostanze presupposte come base del suo ragionamento, in contrasto con quanto asseritamente risultante dagli atti del processo, costituente vizio denunciabile con il mezzo della revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4.
Neppure è dato ravvisare alcuna incongruenza logica o giuridica della motivazione nella parte in cui ha evidenziato come la indicata documentazione di spesa (fatture *****) si riferisse ad un momento successivo a quello in cui era stata effettuata la riduzione del canone (*****), trattandosi di argomentazione funzionale al rilievo della mancata giustificazione dell’autoriduzione negli esborsi in questione, peraltro secondaria alla luce del giudicato inter partes formatosi sul punto.
Per il resto le deduzioni del ricorrente in punto di anteriorità e/o gravità dell’inadempimento dei locatori – pur in apparenza denunciando la violazione di legge e il vizio motivazionale – si limitano a sollecitare una diversa valutazione, da parte di questa Corte regolatrice, degli elementi in atti e quindi, un giudizio di merito di terzo grado precluso in questa sede.
In definitiva anche il secondo e il terzo motivo vanno rigettati.
4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia erroneità e illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia inerente all’esistenza di un’obbligazione di esecuzione dei servizi igienici contestuale alla stipula di un contratto di locazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: obbligazione risultante ex tabulas, con violazione dell’art. 116 c.p.c.; conseguente illogicità e contraddittorietà della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, nella parte in cui esclude l’applicazione al caso di specie dell’art. 1460 c.c., in particolare nell’interpretazione fornita dalla Suprema Corte con la sentenza n. 14737 del 2005 e, quindi, violazione delle norme in tema di inadempimento di cui agli artt. 1453, 1455 e 1460 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3.
Parte ricorrente richiama la sentenza di questa Corte n. 14737 del 2005 (secondo cui l’esistenza di uno specifico regolamento contrattuale, con la previsione dell’obbligo del locatore di eliminare i vizi della cosa locata, sfugge alla regola di cui all’art. 1578 c.c., consentendo al conduttore, oltre ai rimedi generali contro l’inadempimento, la possibilità, a livello di autotutela, di sospendere il pagamento del corrispettivo proporzionalmente alla diminuzione del godimento arrecata dalla inesecuzione delle opere di eliminazione dei vizi) ed evidenzia l’incongruenza dell’argomentazione dei giudici di appello, laddove ha ritenuto che detta sentenza non era pertinente al caso di specie, perchè “riferita alla diversa ipotesi inerente all’obbligo che, assunto contestualmente alla nascita del vincolo e, quindi, valutato preventivamente, è stato posto in rapporto di corrispettività tra le diverse prestazioni, ove non rispettato produce inadempimento oltre le conseguenza di legge a ciò inerente”; osserva, in particolare, che l’obbligazione di realizzazione dei servizi igienici venne assunta dai locatori con scrittura privata in data *****, sottoscritta dai R.- C. contestualmente alla stipula del contratto di locazione con la precedente locataria e propria dante causa.
4.1. Il motivo non merita accoglimento, pur dovendosi rettificare la motivazione della decisione impugnata.
Invero – precisato che l’assunzione dell’obbligazione di realizzare i servizi igienici “in tempi il più possibile brevi” da parte dei locatori nei confronti dell’originario conduttore s.a.s. Carpiè, con scrittura redatta nella stessa data in cui venne stipulato il contratto di locazione è fatto pacifico inter partes, oltre che riscontrato dal dato documentale specificamente richiamato dal ricorrente – va dato atto che l’argomento svolto nell’impugnata sentenza risulta errato, avuto riguardo, sotto il profilo oggettivo, alla diretta inerenza dell’impegno di cui trattasi alla regolamentazione pattizia del rapporto di locazione e, sotto il profilo soggettivo, al subingresso del F. nelle posizioni attive e passive dell’originaria locataria per effetto della cessione di azienda.
Fatta questa rettifica, occorre però osservare che il richiamo al principio espresso nella cit. sentenza n. 14737 del 2005, per un verso, si rivela comunque non pertinente, atteso il precedente giudicato inter partes che ha negato la legittimità nel caso specifico del ricorso all’autotutela e, per altro verso, non infirma la ratio decidendi nel punto in cui ha escluso, nell’ambito di una valutazione comparativa dei reciproci inadempimenti, la “gravità” del fatto dei locatori.
In definitiva il ricorso va rigettato.
La peculiarità della fattispecie e la ravvisata esigenza di rettifica della motivazione nel punto da ultimo evidenziata inducono a compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente le spese tra le parti.
Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010