Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.746 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. CATALANI 26, presso lo studio dell’avvocato D’ANNIBALE ENRICO, rappresentato e difeso dall’avvocato BARONE EDOARDO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DI VIA *****;

– intimato –

e sul ricorso n. 4839/2007 proposto da:

CONDOMINIO DI VIA *****, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. PALUMBO 26, presso la Società E.P. SPA, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETA UGO, con studio in NAPOLI VIA DEI MILLE 16 (avviso postale), giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NAPOLI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 510/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI, depositata il 29/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 14/12/2009 dal Consigliere Dott. MARIGLIANO Eugenio;

udito per il resistente l’Avvocato GAETA GIULIO, (con delega), che si riporta al controricorso;

udito il P.M. in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, rigetto dell’incidentale.

Il condominio di via ***** impugnava innanzi alla C.T.P. di quella città l’avviso di accertamento TA.R.S.U., emesso dal Comune con il quale veniva richiesto il pagamento del tributo per gli anni dal 1999 al 2003 in relazione ad un locale adibito a garage condominiale, lamentandone la mancanza di motivazione, l’omessa esclusione D.P.R. n. 507 del 1993, ex art. 62, comma 2 dal pagamento TA.R.S.U. perchè area insuscettibile di produrre rifiuti , decadenza dalla pretesa tributaria intervenuta riguardo all’anno 1999 ed inapplicabilità delle sanzioni ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8.

Resisteva il Comune. La C.T.P., in parziale accoglimento del ricorso, dichiarava non dovuti il tributo per l’anno 1999 e le sanzioni irrogate, confermando nel resto.

Detta decisione era impugnata dal Condominio che ribadiva le censure non accolte; si costituiva il Comune , contestando i motivi dedotti ed affermando che l’avviso era correttamente motivato, che le sanzioni non rientravano nella previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8; proponeva, inoltre, anche appello incidentale, deducendo che non era decaduto dal potere impositivo per l’anno 1999, dato che l’avviso di accertamento era stato consegnato per la notifica entro il 31.12.2003.

La C.T.R. della Campania rigettava l’appello del Condominio per quanto atteneva alla ritenuta carenza di motivazione dell’atto, affermava, però, che l’area de qua adibita a garage non poteva essere sottoposta ad imposizione in quanto la presenza dell’uomo era sporadica e l’area non era suscettibile di produrre rifiuti.

Dichiarate assorbite le doglianze del Comune, compensava tra le parti le spese del giudizio.

Avverso detta decisione il Comune di Napoli propone ricorso per Cassazione sulla base di due motivi. Il Condominio resiste con controricorso e ricorso incidentale con due censure.

Con il primo motivo il Comune deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 per avere la C.T.R. ritenuto che l’area in questione fosse esclusa dalla tassazione, mentre , poichè la norma di legge stabilisce una presunzione di produttività dei rifiuti per ogni abitazione o locale od aree scoperte a qualsiasi uso adibite , con la sola esclusione delle aree scoperte pertinenziali od accessorie ad abitazioni o per quegli immobili in obbiettive condizioni di inutilizzabilità, ne consegue che l’esclusione non è automatica , ma deve essere provata dal detentore dell’area o nella denuncia originaria od in quella di variazione in base ad elementi obbiettivi o con idonea documentazione, nella specie, non sussistenti.

Con la seconda censura si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione non solo in riferimento a quanto dedotto con il primo motivo , ma anche sull’inapplicabilità delle sanzioni.

Ribadisce infine che per le notifiche degli atti ai fini dell’eccezione di decadenza per l’anno 1999 rileva la data di spedizione, eseguita entro il 31.12.2003 e, quindi, tempestiva, e non quella della ricezione.

Con il controricorso il Condominio eccepisce, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per mancanza dell’autorizzazione al Sindaco da parte della Giunta comunale ex art. 72 c.p.c., comma 2.

Contesta, inoltre, quanto ex adverso sostenuto evidenziando la genericità del primo motivo che non confuta le due argomentazioni fondanti la sentenza della C.T.R., ma fa riferimento astratto alla normativa ed alla giurisprudenza.

Denuncia anche l’inammissibilità dell’impugnazione perchè i motivi dedotti sono privi della formulazione del quesito richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., comma 1.

Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71, comma 2 riproponendo la censura relativa alla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento e confutando l’affermazione della C.T.R. secondo la quale il contribuente sarebbe tenuto “ad osservare la normale ed ordinaria diligenza nell’assumere eventuali informazioni, integrative presso l’Ufficio finanziario”.

Con la seconda censura si denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per avere la C.T.R. compensato le spese in assenza di soccombenza reciproca.

In via pregiudiziale, i ricorsi , principale ed incidentale, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Occorre, in via preliminare, esaminare le eccezioni di natura processuale avanzate con il ricorso incidentale.

L’eccezione relativa all’inammissibilità del ricorso per Cassazione proposto dal Sindaco di Napoli perchè privo dell’autorizzazione della Giunta è infondata. In realtà, il T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e, in particolare, gli artt. 6, 50 e 107 del medesimo, cui gli statuti ed i regolamenti comunali debbono uniformarsi in subiecta materia, conferisce in generale al sindaco, e non ad altri soggetti, la rappresentanza in giudizio del comune: anche senza necessità di preventiva autorizzazione da parte della Giunta, se lo Statuto comunale oppure i regolamenti municipali – nei limiti in cui il primo vi faccia espresso rinvio – non affidino diversamente detta rappresentanza ovvero non prevedano l’autorizzazione (Cass. civ. SS.UU. n. 13710 del 2005); ipotesi nella specie non prevista, dato che lo Statuto del Comune di Napoli prevede espressamente all’art. 41 che “il Sindaco rappresenta l’ente e la città”, mentre, di converso, non prevede nelle attribuzioni della Giunta anche quella di autorizzare il sindaco a proporre giudizi per il Comune.

In virtù di tali norme, compete quindi esclusivamente al sindaco, quale capo dell’amministrazione comunale, il potere di conferire al difensore del Comune la procura alle liti (SS.UU., sentt. nn. 17550 del 2002, 186/ del 2001, Cass. civ. sentt. nn. 19082 del 2003 7138 e 13333 del 2006 e 10099 del 2007); potere che comprende quello di revocare la procura al precedente difensore del Comune e di conferirla ad altro.

Nel caso di specie, risulta, peraltro, dagli atti depositati che la Giunta comunale aveva autorizzato il sindaco, sia pure in data posteriore alla notifica del ricorso , con delibera del 4 maggio 2007.

Quanto al rilievo che nella copia del ricorso notificata a parte resistente manchi nella procura la firma del Sindaco e l’autenticazione della sottoscrizione della parte è privo di fondamento. Infatti nella copia depositata presso questa Corte la procura risulta regolarmente sottoscritta dal Sindaco in carica ed autenticata dal difensore.

Anche la seconda eccezione, relativa all’inammissibilità del ricorso perchè privo dei quesiti previsti dall’art. 366 bis c.p.c., va respinta.

Infatti la novella n. 40 del 2006, con la quale era stata introdotta la norma procedurale invocata dal Condominio resistente, è applicabile solo per le sentenze pubblicate dopo il 2.3.2006; con il presente ricorso viene, invece, impugnata la sentenza della C.T.R. della Campania depositata in data 29.11.2005, quindi in periodo antecedente all’entrata in vigore della norma de qua.

Il primo motivo del ricorso principale è fondato.

E’ opportuno premettere che presupposto della TA.R.S.U. è, come chiaramente esposto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 “l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali od accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito e attivato…”donde la regola generale della tassabilità di qualunque area che insista sul territorio comunale, salvo che questa non rientri tra le ipotesi eccezionali prevista dallo stesso decreto per l’applicazione delle quali la tassa non è dovuta e l’onere di dimostrare l’esistenza delle condizioni esimenti dall’imponibilità incombe sul contribuente.

Costituisce, quindi, previsione di carattere generale che la tassa è dovuta per il solo fatto di occupare o detenere locali od aree scoperte site nell’ambito del territorio del Comune ed a qualsiasi uso adibiti (ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali ed accessorie ad abitazioni) e che le deroghe alla tassazione indicate nel comma secondo del medesimo art. 62 e le riduzioni delle superfici e tariffarie stabilite dal successivo art. 66 non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione ed accertate con un procedimento amministrativo, la cui conclusione deve essere basata su elementi obbiettivi direttamente rilevabili o su idonea documentazione prodotta dal contribuente, cosa che nella specie non risulta essere stato mai fatto.

Nè, peraltro, è condivisibile la tesi di parte resistente che deduce la genericità del motivo avanzato , in quanto dato che unico presupposto per l’imposizione è la detenzione di un locale a qualsiasi uso adibito, non rilevandone , quindi , la destinazione, il Comune null’altro doveva dedurre che la conformità della propria pretesa alla previsione legislativa, incombendo , viceversa, sul contribuente l’eventuale prova contraria.

L’accoglimento del primo motivo rende superfluo l’esame del secondo che rimane assorbito.

Il ricorso incidentale è infondato.

Il primo motivo risulta del tutto privo di autosufficienza in quanto non riportando il contenuto della parte dell’atto relativa alla motivazione non pone in grado questa Corte di verificare quanto dedotto , tenuto altresì conto che le Commissioni tributarie di primo e secondo grado con accertamento di fatto, insindacabile in questa sede di legittimità, hanno ambedue ritenuto che l’avviso di accertamento TA.R.S.U. fosse sufficientemente motivato, contenendo tutti i dati necessari per provvedere ad una adeguata difesa. Nè, peraltro, la non pertinente affermazione della C.T.R che il contribuente sarebbe tenuto”ad osservare la normale ed ordinaria diligenza nell’assumere eventuali informazioni, integrative presso l’Ufficio finanziario” può inficiare la sostanziale legittimità della decisione in parte qua.

Anche la seconda censura è infondata.

A prescindere dal fatto che non risponde a verità l’affermazione che non vi fosse soccombenza reciproca, dato che ambedue le parti non hanno ottenuto un completo accoglimento delle rispettive domande, è opportuno rilevare che, in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa.

Pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (cfr., ex multis, cass. civ. sentt. nn. 16012 e 14095 del 2002 e 9262 e 3282 del 20096).

Va, altresì, specificato che il giudice di merito può compensare le spese di lite per giusti motivi senza obbligo di specificarli e la relativa statuizione, non è censurabile in Cassazione, poichè il riferimento a “giusti motivi” di compensazione, denota che il giudice ha tenuto conto della fattispecie concreta nel suo complesso, quale evincibile dalle statuizioni relative ai punti della controversia (cass. civ. sentt. nn. 10861 e 2066 del 2002). Nè con riferimento al provvedimento di compensazione delle spese solo per la ritenuta sussistenza di giustificati motivi, senza ulteriore spcificazione, risulta violato il principio di cui all’art. 111 Cost., secondo cui ogni provvedimento deve essere motivato, atteso che le ragioni che giustificano la compensazione va posta in relazione con la motivazione della sentenza e con tutte le vicende processuali, stante l’inscindibile connessione tra lo svolgimento della causa e la pronuncia sulle spese (v. sent. n. 16057 del 2002).

Nè, infine, l’impugnata sentenza è stata emessa sotto il regime della L. n. 40 del 2006 che impone una più congrua motivazione per la statuizione della compensazione delle spese.

Conclusivamente il ricorso principale va accolto, mentre l’incidentale va respinto e, cassata la sentenza impugnata che ha fatto applicazione di un’errata regola iuris, la causa va rinviata per un nuovo esame ad altra sezione della C.T.R. della Campania . La stessa C.T.R. provvedere al governo delle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE Riuniti i ricorsi,accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il secondo, rigetta quello incidentale e rinvia la causa , anche per le spese, ad altra sezione della C.T.R. della Campania.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 14 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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